Mentre molte cancellerie europee affrontano squilibri fiscali e incertezze occupazionali, l’Italia si presenta nel 2025 con fondamenta più solide di quanto alcuni indicatori superficiali suggeriscano. Lo certifica l’Istat nel suo Rapporto annuale, che fotografa un Paese capace di rimettere in carreggiata i propri conti pubblici e di sostenere una dinamica occupazionale positiva, pur in un quadro demografico e globale complesso.
Finanza pubblica: Italia virtuosa rispetto ai big europei
Il dato che balza all’occhio è il netto miglioramento del saldo di finanza pubblica. L’indebitamento netto in rapporto al Pil è crollato al 3,4%, più che dimezzato rispetto al 7,2% dell’anno precedente. Ancora più significativo è il ritorno all’avanzo primario (+0,4%), che il nostro Paese registra per la prima volta dopo quattro anni. Un risultato che ci distingue da partner storici come Francia e Germania, dove il saldo primario è rimasto negativo.
Anche il debito pubblico – seppur ancora elevato – è cresciuto meno delle stime (135,3% contro il 135,8% atteso nel piano di bilancio, e il 138,6% stimato dalla Commissione UE), segno di una gestione prudente in un contesto di alta inflazione e tassi elevati.
Segnali di ripresa economica: industria e servizi rialzano la testa
Dopo una frenata nel 2024, l’attività economica ha mostrato segnali incoraggianti: nel primo trimestre del 2025 il Pil è cresciuto dello 0,3% e, per la prima volta dal 2022, la produzione industriale è tornata ad aumentare. Cresce anche la produzione nelle costruzioni (+5% su dicembre 2024) e i servizi proseguono nella ripresa. Pur in un contesto internazionale incerto, queste dinamiche confermano una resilienza del sistema produttivo.
Occupazione in crescita: +352mila in un anno, meglio del pre-Covid
Il dato sull’occupazione è uno dei più confortanti. Il 2024 si è chiuso con 23,9 milioni di occupati, +1,5% su base annua e +3,6% rispetto al 2019. Questi numeri segnalano un ritorno stabile alla piena operatività post-pandemica, con una forza lavoro che non solo ha recuperato i livelli pre-crisi, ma li ha anche superati.
Particolarmente importante è la crescita dell’occupazione tra gli over 50 (+3%) e tra i laureati (+3,7%), segno di una forza lavoro più matura e qualificata. Anche il Sud, spesso fanalino di coda, mostra segnali di vivacità: è l’area con la maggiore crescita occupazionale (+2,2%).
Verso un’occupazione più istruita e qualificata
Un altro dato incoraggiante riguarda la progressiva trasformazione qualitativa del mercato del lavoro: cresce l’occupazione in professioni qualificate (+45% dal 2000), con un lento ma significativo aumento anche nelle professioni ICT, strategiche per la transizione digitale.
Il tasso di occupazione tra i laureati tocca l’82,2%, mentre il divario di genere tra uomini e donne scende sensibilmente al crescere del titolo di studio: solo 7 punti tra laureati e laureate.
Recupero del potere d’acquisto in corso
Le retribuzioni contrattuali hanno ripreso a crescere più dell’inflazione nel 2024, contribuendo a un parziale recupero del potere d’acquisto perso durante il biennio di picco inflattivo. Nel primo trimestre del 2025 la dinamica resta positiva. L’Italia ha contenuto la perdita reale delle retribuzioni lorde al 4,4%, meglio della Francia (2,6%) ma ancora distante da Germania e Spagna. Tuttavia, la tendenza è finalmente in recupero.
Sfide ancora aperte, ma l’Italia si dimostra solida
Permangono sfide strutturali, come il calo demografico e l’elevato tasso di inattività femminile, ma il quadro delineato dall’Istat non è quello di un Paese in declino, bensì di un sistema che – tra mille difficoltà – mostra
capacità di adattamento e segnali di ripresa concreta. Con conti pubblici in ordine e una forza lavoro che torna a crescere, l’Italia è oggi più stabile di quanto molti, anche fuori dai confini, fossero pronti a riconoscere.