La Commissione Ue sta preparando una lettera di rilievi indirizzata al governo italiano in merito all’esercizio del Golden power sull’Ops di Unicredit su Banco Bpm. La notizia è stata anticipata da Bloomberg, che ha parlato di una vera e propria reprimenda da parte di Bruxelles, spingendo al rialzo i titoli coinvolti: il Banco ha chiuso la seduta a +3,6% e Unicredit a +1,9.
Secondo quanto trapelato da fonti comunitarie, la lettera non è ancora stata inviata, ma potrebbe partire nelle prossime ore o nei prossimi giorni. Si tratterebbe di una richiesta formale di chiarimenti, non ancora di una procedura d’infrazione. Il governo italiano avrà tempo (un paio di settimane per la lettera, due mesi prorogabili in caso di procedura d’infrazione) per fornire una risposta dettagliata. Solo a valle di questa fase la Commissione prenderà una decisione sul da farsi, il che non implica automaticamente una bocciatura del governo. Nel frattempo, il periodo d’offerta, che scade il 23 luglio, sarà già passato.
Al centro della contestazione c’è il decreto del 18 aprile scorso con cui l’esecutivo italiano ha autorizzato l’acquisizione, ma con prescrizioni molto stringenti: l’uscita dell’istituto guidato da Andrea Orcel dalla Russia entro nove mesi, il mantenimento del rapporto depositi/impieghi per tre anni e il divieto per Anima, partecipata da Banco Bpm, di dismettere titoli di Stato italiani. Il governo, attraverso il Mef, ha giustificato queste condizioni appellandosi alla tutela della sicurezza nazionale, settore strategico secondo la normativa sul Golden power. Tuttavia, il regolamento Ue sulle concentrazioni stabilisce che solo in casi eccezionali gli Stati membri possono porre vincoli a operazioni soggette alla giurisdizione esclusiva della Commissione.
Ed è proprio questo l’argomento del contendere. Spetta alla Commissione Ue stabilire cosa rientri effettivamente tra gli interessi legittimi che giustificano un intervento nazionale. L’esecutivo europeo, e in particolare la Direzione Generale Concorrenza (la DgComp guidata da Teresa Ribera), ritiene che l’Italia abbia interferito in una materia di competenza comunitaria. Sul piano istituzionale, tuttavia, non può non sorprendere la tempistica della fuga di notizie. Le indiscrezioni di Bloomberg sono giunte alla vigilia della sentenza del Tar, chiamato a decidere sul ricorso di Unicredit contro il decreto. Un timing che potrebbe influenzare la serenità della decisione dei giudici amministrativi. Il governo, dal canto suo, non ha mai lasciato intendere di voler modificare il Dpcm. Il ministro Giorgetti è stato sempre netto: nessun passo indietro. E l’uscita dalla Russia resta un elemento non negoziabile. Ma lo scenario è aperto. Roma continuerà a interloquire con la Commissione, cercando di difendere le ragioni della propria sovranità regolatoria.
Non è il solo fronte che impegna Orcel. Nella tarda serata di ieri è stato reso noto che Unicredit ha convertito in azioni una parte della posizione su Commerzbank, salendo a circa il 20% dei diritti di voto e diventando anche di fatto il primo azionista della banca tedesca.
Piazza Gae Aulenti ha “ricevuto tutte le necessarie approvazioni – comprese quelle della Bce, dell’Autorità federale tedesca per la concorrenza e della Fed – e ha convertito in azioni circa il 10% della sua posizione”. Convertirà il restante 9%, conclude la nota, “a tempo debito, raggiungendo circa il 29% dei diritti di voto”.