L’ultima mossa del ceo di Mediobanca, Alberto Nagel, per convincere gli investitori a non consegnare le azioni all’Ops del Monte dei Paschi? Promettere la distribuzione di 4,9 miliardi in tre anni, di cui 4,5 miliardi in dividendi in contanti e i restanti 400 milioni dal buyback. La carta della remunerazione è stata calata sul tavolo con l’allineamento del piano industriale al 2028 presentato dal banchiere agli analisti ieri mattina. Usando toni assai assai meno aggressivi rispetto a quelli usati poco dopo l’annuncio della scalata senese, ieri il banchiere non ha però rinunciato a ribadire che l’offerta del Monte “è a sconto, priva di razionale industriale e a rischio elevato, specie sull’esecuzione”. Ma nella conferenza telefonica Nagel ha preferito puntare sui numeri di un piano che – al netto della generosità strategica con i soci – non sembra aver eccitato il mercato: in una giornata che ha visto l’indice chiudere in crescita dell’1%, il titolo di Mediobanca ha chiuso sotto la parità (-0,03%) a 19,5 euro. In questo momento Piazzetta Cuccia sta giocando in difesa una partita che molti bookmaker nelle sale operative danno ormai per persa. Peraltro, il via libera pieno della Bce che non ha posto soglie minime di adesione all’offerta, si aggiunge alle indiscrezioni di una possibile uscita dal capitale di Banca Mediolanum e da altri movimenti di piccoli azionisti che hanno deciso di vendere i titoli dell’istituto milanese. Insomma, la partita si è molto complicata per i vertici di Piazzetta Cuccia che a giugno hanno già dovuto muovere in ritirata rinviando l’assemblea sull’offerta per Banca Generali al prossimo 25 settembre.
Ecco perché ieri Nagel ha cercato di compattare gli azionisti tentati dall’adesione all’offerta di Mps. “Nel prossimo triennio la crescita di Mediobanca sarà importante – ha avvertito il banchiere – con un aumento dei ricavi del 20% a oltre 4,4 miliardi, un utile netto che sfiorerà 2 miliardi” (+45% nel triennio grazie anche alla vendita per 500 milioni della nuova sede di 24 piani della controllata Monegasque de Banque nel Principato di Monaco) e una “remunerazione degli azionisti massima, al 100% dell’utile”. Verranno distribuiti sotto forma di dividendi 4,9 miliardi in tre anni, dei quali 4,5 miliardi in contanti, “per un rendimento cumulato nel triennio del 30%”, ha promesso il banchiere. Usando le stesse munizioni scelte dalle Generali ai tempi dell’offensiva lanciata dal tandem Caltagirone-Del Vecchio (a marzo del 2021, infatti, il Leone annunciò un super dividendo da 1,47 euro ad azione). L’effetto collaterale di questa strategia è però quello di finanziare la continua crescita nel capitale dei grandi soci italiani e anche di drenare risorse altrimenti destinate agli investimenti. L’ad ha poi rivendicato la “solida ed entusiasmante” crescita della banca su base stand alone assicurando che sarà potenziata con l’acquisizione di Banca Generali. Operazione che rischia, però, di finire su un binario morto se l’Ops del Monte andrà a segno prima di fine settembre. L’aggiornamento del piano è fatto stand-alone senza comprendere la fusione di Banca Generali con cui, ha precisato Nagel, i ricavi di Mediobanca nel 2028 potrebbero raggiungere i 5 miliardi, rispetto ai 4,4 miliardi stimati nello scenario stand-alone.
Le simulazioni, ha spiegato il banchiere, considerano l’integrazione sulla base dei risultati 2024 e sulle sinergie stimate da un’eventuale fusione con Piazzetta Cuccia. Poi Nagel ha chiosato: “Il rischio associato” al piano di Mediobanca “è contenuto, mentre il rischio associato a una transazione senza precedenti come quella proposta da Mps è elevato”.