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Auto, ora la Germania sta con l’Italia


Sempre più Paesi Ue si uniscono all’Italia nel chiedere l’immediata revisione delle norme contenute nel Green Deal che stanno portando al collasso il sistema automotive. Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in una lettera inviata alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sollecita chiarezza e dice no alle multe miliardarie relative alla nuova stretta sulle emissioni di CO2. «L’incertezza – scrive Scholz – sta danneggiando i produttori e la crescita della mobilità elettrica». Il cancelliere chiede anche una soluzione negoziale con la Cina sulle tariffe per le auto elettriche.

Cresce, dunque, la protesta nell’Ue contro il Green Deal. In questo, un ruolo determinante lo sta avendo l’Italia grazie al «non paper» sul settore auto presentato dal ministro Adolfo Urso. Sono 15 gli Stati che dicono: «È ora di cambiare». «Ci aspettiamo – afferma il ministro – che la nuova Commissione Ue raccolga queste istanze perché sono fondamentali per restituire competitività alle imprese e tutelare il lavoro degli europei. Italia in prima fila».

A muoversi, intanto, sono anche i sindacati italiani ed europei. Crollo dei volumi sui mercati, produzione a picco e transizione verso elettrico e digitale, rappresentano per Ferdinando Uliano, leader Fim Cisl, «una tempesta perfetta che colpisce in maniera significativa tutta l’Europa e il suo tessuto industriale più rilevante». Da qui la decisione di indire una grande manifestazione il 5 febbraio a Bruxelles, che vedrà la partecipazione dei lavoratori metalmeccanici di tutti Paesi. Seppur in ritardo, anche per gli operai automotive si è deciso di seguire l’esempio degli agricoltori con le proteste inscenate a inizio 2024 davanti alla sede della Commissione Ue. Resta da vedere se qualcosa del genere accadrà anche tra il 10 e il 19 gennaio prossimi in concomitanza con il «Brussels Motor Show».

L’evento internazionale, infatti, rappresenta una nuova importante occasione per tenere accesi i riflettori sulla necessità di cancellare le sanzioni miliardarie legate alle nuove norme sulle emissioni e legate all’aumento delle vendite – che restano invece deludenti – di vetture elettriche. In questo caso, però, a ribellarsi dovrebbero essere i capi azienda, gli stessi che solo da poco hanno capito il rischio di tracollo del sistema automotive.

Intanto, si rivela pesantissima l’eredità che l’ex ad di Stellantis, Carlos Tavares, uscito di scena lo scorso dicembre, ha lasciato ad azienda, indotto e lavoratori: al calo delle vendite in Italia (-10,19%) nel 2024, con tutti i marchi tricolore negativi, si aggiunge ora l’anno nero alla voce produzione. Tra auto e furgoni, dopo due anni di crescita, sono usciti dagli impianti italiani 475.090 veicoli (-36,8%). Tutti gli stabilimenti portano il segno meno e il dato più preoccupante riguarda la produzione di auto, tornata ai livelli del 1956, con sole 283.090 unità (-45,7% sul 2023) sfornate dalle fabbriche. Per i furgoni, che nascono ad Atessa, la perdita è pari al 16,6% con 192mila unità, oltre 38mila in meno rispetto all’anno prima. «La produzione italiana – ha spiegato Uliano, che ha presentato i dati – è stata in continuo peggioramento da inizio 2024, raggiungendo cali nelle auto dal 21% al 70%. Per non parlare dell’aumento dell’utilizzo di ammortizzatori sociali e delle chiusure anticipate a fine anno».

Stellantis, da parte sua, nel presentare in dicembre il «Piano Italia» al governo, sembra aver voluto prendere le distanze dalla linea Tavares verso il Paese, sostenendo che il gruppo avrà

«un comportamento e un’attenzione più responsabile». La situazione produttiva italiana è da allarme rosso: -69,8% Mirafiori, -79,1% Maserati Modena, -45% Cassino, -21,9% Pomigliano, -63,5% Melfi, -16,6% Atessa (furgoni).


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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