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Tornerà a ribadire l’inaccettabilità dell’attacco subito da Unifil dalle forze armate israeliane, l’assoluta necessità che la sicurezza dei soldati in missione sia garantita. E, sempre sul fronte caldo della polveriera mediorientale, la convinzione che solo attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701 si possa contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese. La premier Giorgia Meloni, attesa in mattinata al Senato e nel pomeriggio alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, ribadirà naturalmente anche il sostegno fermo dell’Italia all’Ucraina, al fianco di Kiev «fino a quando ce ne sarà bisogno» . E mentre i dem annunciano battaglia in Aula sugli hotspot in Albania – tra poche ore per la prima volta i centri di Schengjin e Gjiader apriranno le porte ai primi migranti in viaggio sulla nave Libra della Marina Militare – chi le è vicino si dice convinto che la presidente del Consiglio difenderà a spada tratta il lavoro portato avanti dal suo governo per arrestare l’emergenza migranti e il business «di trafficanti di vite umane, imprimendo un deciso cambio di passo anche a Bruxelles»
Ipotesi viaggio della premier in Medio Oriente
Ma è sui due fronti di guerra aperti, in particolare sulla crisi in Medio Oriente, che la presidente del Consiglio intende focalizzare la parte più incisiva del suo intervento. Mentre da Palazzo Chigi arriva una timida conferma del viaggio imminente della premier – due o tre tappe al momento riservatissime – alla volta del Medio Oriente, di ritorno da Bruxelles. Bocche cucite sulla mete, ma, riferiscono autorevoli fonti all’Adnkronos, le ipotesi allo studio sarebbero due: Giordania e Libano, anche se, vista la difficile situazione dell’area, il viaggio non è ancora ’chiuso’, dunque non è detto che la presidente del Consiglio riesca a raggiungere entrambe le destinazioni.
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La risoluzione di maggioranza
Dalla maggioranza si attende una risoluzione unitaria: tra gli altri impegni per il governo, la condanna dell’attacco iraniano a Israele ma anche lo sprone a lavorare per un immediato cessate il fuoco sul confine libanese (la cosiddetta Linea Blu), in ottemperanza alle risoluzioni Onu, e in prospettiva alla soluzione dei “due popoli due Stati”.
Opposizioni in ordine sparso: stop armi a Israele
Sale intanto la tensione con le opposizioni che chiedono, in ordine sparso, di interrompere la fornitura di armi a Israele e, come ha fatto ieri la segretaria del Pd Elly Schlein, di riconoscere lo Stato di Palestina. Una richiesta che i dem inseriranno anche nella loro risoluzione. I 5 Stelle chiederanno di portare al tavolo europeo l’ipotesi di sanzioni a Israele, lo stop alla vendita di armi a Tel Aviv, oltre all’idea dell’istituzione di una commissione, in seno all’Ue, per accertare eventuali violazioni del diritto internazionale e umano. «Aiutiamo la popolazione e fermiamo l’export di armi verso Israele», scrive Giuseppe Conte sui social. Sul fronte ucraino, i 5 Stelle chiederanno anche di impedire l’uso di armi occidentali in territorio russo.
Dopo la presa di posizione di Meloni nei confronti del premier israeliano Netanyahu, al quale la presidente del Consiglio ha ribadito che gli attacchi alle postazioni Unifil sul confine libanese sono inaccettabili, il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, sottolinea che «Unifil deve restare dove c’è bisogno e ci manca solo che il governo Netanyahu pretenda di decidere lui dove le organizzazioni internazionali siano ad operare. Apprezzo le parole di Giorgia Meloni a Netanyahu. Secondo me come ha chiesto Elly Schlein bisognerebbe riconoscere lo Stato di Palestina». Da Avs è Angelo Bonelli a reiterare la richiesta dello stop di invio di armi a Israele: «I ripetuti attacchi contro civili palestinesi, la Croce Rossa, ospedali e postazioni Unifil sono veri e propri crimini di guerra, in palese violazione del diritto internazionale, di fronte ai quali non possiamo restare inermi. La premier Meloni deve richiamare immediatamente il nostro ambasciatore in Israele e proporre al Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre l’applicazione di sanzioni contro Israele, fermare l’esportazione di armi e riconoscere lo Stato di Palestina». Dai dem arrivano però anche le parole di Piero Fassino, che sottolinea che chi propone lo stop alle armi «ha il dovere di chiederlo per entrambi i contendenti, altrimenti, disarmando una parte si consentirebbe all’altra di continuare a colpire. Proporre l’embargo delle armi a Israele impone che, contemporaneamente, si chieda a Hezbollah di consegnare i propri arsenali militari a Unifil o all’esercito libanese o a un soggetto terzo neutrale».