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L’elezione diretta del premier e i nodi non risolti: che cosa ci dice la riforma del governo

I tre casi previsti di soluzione delle crisi

Caso uno: «In caso di revoca della fiducia al Presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere». Qui tutto chiaro: si torna dritti alle urne, e quindi è improbabile che venga presentata tale mozione di sfiducia a meno di non volere la fine della legislatura. Caso due: «In caso di dimissioni volontarie del presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone». Il premier ha dunque la facoltà di chiedere e ottenere lo scioglimento anticipato se c’è una crisi politica extraparlamentare che gli faccia venire meno il supporto di un partito della maggioranza. Caso tre: «Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio». Nel caso in cui il premier eletto non voglia tornare alle urne ha dunque due opzioni: o tentare la strada del reincarico e magari provare a cambiare la maggioranza, sostituendo ad esempio il partito che gli ha tolto l’appoggio con un partito dell’opposizione, oppure può passare la mano ad altro esponente della maggioranza che a quel punto non potrà più essere sostituito («una sola volta nella legislatura»).

Il caso (non normato) della mancata fiducia su un provvedimento

Ma che cosa accade nel caso in cui l’eletto viene battuto nel voto di fiducia su un provvedimento? Il caso semplicemente non è stato normato. Per volontà della Lega, per la precisione, che evidentemente vuole riservarsi la possibilità di disarcionare l’eletto senza rischiare il ritorno alle urne. Secondo il presidente della commissione Balboni e secondo la ministra Casellati, suffragati da alcuni costituzionalisti vicini al governo, questo caso rientra in quello delle dimissioni volontarie e dunque l’eletto potrebbe essere rimandato di fronte alle Camere per verificare la sussistenza del rapporto fiduciario. Per i critici e per molti altri costituzionalisti, invece, nel caso di sconfitta sul voto di fiducia le dimissioni sono obbligate, non volontarie, e dunque l’eletto non potrebbe chiedere lo scioglimento delle Camere e potrebbe essere sostituito. L’interpretazione del testo è dunque incerta, e la non risoluzione di questo nodo espone al non banale rischio di un potenziale conflitto tra poteri dello Stato, ossia il premier eletto e il presidente della Repubblica.

Il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica….

Le altre modifiche riguardano l’articolo 59, con l’abolizione dei senatori a vita nominati dal presidente della Repubblica (saranno senatori a vita di diritto solo gli ex presidenti della Repubblica) e gli articoli 88 e 89: da una parte viene abolito il semestre bianco, ossia quel periodo di tempo che coincide con gli ultimi sei mesi del settennato del Capo dello Stato in cui non è possibile sciogliere le Camere; dall’altra vengono rafforzati i poteri del presidente della Repubblica togliendo la controfirma a tutta una serie di atti (la nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alla Camere). Inoltre, intervenendo sull’articolo 83, si rafforza il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica con la previsione che per la sua elezione la maggioranza assoluta invece dei due terzi dei voti del Parlamento riunito scatta dopo il sesto scrutinio invece che dopo il terzo.

… e i suoi poteri reali

Ma è vero, come sostiene il governo, che i poteri del presidente della Repubblica non vengono toccati dal Ddl Casellati? Formalmente è vero, ma nella sostanza politica il suo ruolo ne esce fortemente ridimensionato. Come si è visto analizzando i nuovi articoli 92 e 94, la risoluzione delle crisi politiche ha sbocchi predeterminati nella maggioranza dei casi. Il Capo dello Stato deve sciogliere le Camere se glie lo chiede il premier eletto, perdendo così il suo vero potere politico che è appunto lo scioglimento. E nel caso in cui il premier decida di passare la mano invece di tornare alle urne i paletti per la nomina del successore impediscono quelle soluzioni di governi tecnici o del presidente che gli inquilini del Colle hanno scelto negli ultimi anni. In sostanza, se questa riforma della Costituzione fosse stata in vigore, non sarebbe stato possibile dar vita al governo di larghe intese presieduto da Mario Monti nel 2011 né a quello presieduto da Mario Draghi nel 2021, in quanto né Monti né Draghi erano parlamentari eletti in collegamento al premier. Allo stesso modo il presidente Sergio Mattarella non avrebbe potuto nel 2018 nominare premier Giuseppe Conte alla guida del governo giallo-verde (M5s-Lega), in quanto non parlamentare.

Il problema della flessibilità del sistema in caso di crisi esterne

Certo, le ultime due legislature sono state particolarmente movimentate perché gli esiti elettorali sia nel 2013 sia nel 2018 non hanno prodotto un vincitore certo che fosse in grado di formare una maggioranza. Con un sistema elettorale maggioritario che produca un vincitore certo il ruolo del presidente della Repubblica sarebbe naturalmente ridotto: egli dovrebbe semplicemente prendere atto del risultato delle elezioni, come per altro accaduto nel 2022 con la netta vittoria del centrodestra a guida Meloni e prima ancora con le vittorie del centrodestra a guida Silvio Berlusconi e del centrosinistra a guida Romano Prodi. Il problema, per i critici, è che il Ddl Casellati disegna un sistema troppo rigido di uscita dalle crisi di governo, mentre occorrerebbe lasciare maggiore flessibilità per affrontare eventuali concomitanze esterne come potrebbero essere una pandemia, una grave crisi internazionale o una guerra.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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