3′ di lettura
La premier è ancora in Cina, in procinto di partire per Shangai, ultima tappa del suo viaggio ma l’attenzione è già rivolta a quel che troverà al ritorno. In cima alla lista delle priorità c’è il rapporto con Bruxelles. Meloni – sollecitata dalle domande dei giornalisti – torna sulla lettera inviata a Ursula von der Leyen per la presa di posizione di Bruxelles sullo stato di diritto in Italia.Il momento è delicato. In ballo c’è la nomina del Commissario italiano su cui il confronto con von der Leyen è «in divenire». Ne parlerà – ha anticipato – con gli altri leader della maggioranza («abbiamo tempo fino al 30 agosto»). La parola vertice non la pronuncia. Lo farà Antonio Tajani poco dopo. «Non so se ci vedremo già venerdì o lunedì, vediamo», ha confermato il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, riferendo che Meloni «vuole parlare di tutto». A partire dalle «future nomine Rai». Tema sempre delicato e in questo momento ancor di più visto il faro puntato sull’informazione in Italia. La premier respinge le critiche sullo stato di diritto. Sostiene che non le risultano «ripercussioni negative per l’Italia» né ritiene che «i rapporti con la Commissione europea stiano peggiorando».
La Presidente del Consiglio fa riferimento sia al report di Bruxelles che alla lettera da lei inviata a von der Leyen nei giorni scorsi in cui accusava «i professionisti della disinformazione e della mistificazione» di dare un quadro dell’Italia di parte. La tesi della leader della destra è che le critiche che sono presenti nel documento di Bruxelles «non sono della Commissione» bensì di «alcuni portatori di interessi». Ce l’ha «con Il Domani, con Il Fatto e con Repubblica». «Capisco che la sinistra sia molto dispiaciuta di non poter più utilizzare il servizio pubblico come una sezione di partito», ha attaccato la premier che poi a proposito delle regole Rai sulle nomine ha ricordato che ha introdurle fu nel 2015 il governo Renzi «se ora quelli che le hanno scritte vogliono cambiarle perché pessime …io sono laica».
Loading…
Prima ancora della reazione delle opposizione e della Fnsi, che accusa la premier di fare liste di proscrizione, è Bruxelles a chiarire che il report sullo stato di diritto è il risultato «di una metodologia consolidata, basata sui fatti ed è anche il risultato di un processo inclusivo di consultazione con gli Stati membri e con vari stakeholder». Quanto alla lettera, la portavoce della Commissione si è limitata a confermare che «è stata ricevuta, ora la leggeremo e la valuteremo ma in questa fase non abbiamo ulteriori elementi».
La premier è intenzionata a chiudere la vicenda il prima possibile e anche in questo senso va letto l’annuncio del confronto nella maggioranza che potrebbe portare la prossima settimana al rinnovo del Cda di Viale Mazzini. Dall’opposizione intanto arrivano durissime critiche a Meloni. «Invece di interpretare a suo modo le contestazioni» della Commissioni «risponda», ha detto ieri il leader M5s Giuseppe Conte che ha anche accusato la premier di essere una «voltagabbana» con riferimento al cambio di relazioni con la Cina. Un’accusa a cui Meloni ha replicato ieri sottolineando che quello con il presidente Xi Jinping è stato «un confronto franco e trasparente», sia sul fronte della politica estera che sui rapporti commerciali. La presidente del Consiglio si è soffermata anzitutto sul Piano d’azione in tre anni siglato a Pechino. Per la leader della destra si tratta di «un approccio alternativo alla Via della Seta» sottoscritta nel 2019 proprio da Conte. Come «ho raccontato tante volte noi eravamo l’unica nazione tra le grandi nazioni dell’Europa occidentale a far parte della Via della Seta, ma non eravamo la nazione che aveva il migliore interscambio con la Cina, tutt’altro», ha evidenziato facendo riferimento implicito a Paesi come Germania e Francia.
Quanto ai contenuti e agli sviluppi delle singole intese, a partire dai possibili investimenti in Italia sulle auto elettriche Meloni ha spiegato che «non se ne è parlato» rinviando ai tavoli settoriali che si apriranno con I singoli ministri: «Noi ci siamo limitati a definire accordi di cornice, poi non sta a noi entrare nel merito delle singole intese che si possono sviluppare, dei singoli investimenti. Il tema della mobilità elettrica è all’interno del nostro memorandum di collaborazione industriale, che è una delle intese più importanti che abbiamo sottoscritto».