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Le bocciature arrivano ancora una volta dalla Sicilia. Dopo i no dei giudici catanesi, che tante polemiche suscitarono nei mesi scorsi, sul cosiddetto decreto Cutro si pronunciano da poco più di un mese i giudici della sezione specializzata immigrazione e protezione internazionale del tribunale di Palermo, competenti a decidere sulle convalide dei trattenimenti alla frontiera disposti dalla questura di Agrigento in seguito all’apertura del centro di Porto Empedocle.
Convalidate solo 10 delle 74 decisioni di trattenimento alla frontiera
Da allora – l’inaugurazione della struttura risale a metà agosto – solo 10 delle 74 decisioni di trattenimento alla frontiera sono state convalidate. Mentre 64 sono state ritenute illegittime. Il decreto prevede che i richiedenti asilo che hanno fatto richiesta di protezione internazionale alla frontiera o in zone di transito, che provengono da Paesi che l’Italia ritiene sicuri, e che siano sprovvisti del documento di riconoscimento e privi della garanzia finanziaria prevista dalla legge, possano essere trattenuti negli hotspot, nei centri di soccorso e prima accoglienza e in caso di arrivi consistenti e ravvicinati anche nei centri di permanenza per rimpatri. I provvedimenti di trattenimento devono essere poi convalidati dalla magistratura.
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I motivi delle mancate convalide
Nel caso dei “fermi” disposti a Porto Empedocle (Agrigento), i giudici palermitani nella stragrande maggioranza dei casi hanno ritenuto le decisioni del questore illegittime tanto da “avallarne” soltanto 10 su 74. Alla base del no alla convalida per i magistrati sostanzialmente ci sarebbe l’assenza della «dovuta motivazione sulla necessità del trattenimento, sulla sua proporzionalità e sull’impossibilità di fare efficace ricorso alle altre misure alternative, di tipo non coercitivo».
«Trattenimento solo in circostanze eccezionali»
I giudici, inoltre, appellandosi alla legislazione e alla giurisprudenza europea sconfessano quello che nel decreto appare come un automatismo affermando che il «trattenimento vada disposto soltanto nelle circostanze eccezionali, in base ai principi di necessità e proporzionalità, come ultima risorsa, sulla base di una valutazione caso per caso. Sempre che non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive».