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Nissan in caduta libera taglia 9mila posti


Si allarga la crisi che ha coinvolto il mondo automotive alle prese con politiche green penalizzanti e spiazzato dalla potenza di fuoco della concorrenza cinese. Anche i giapponesi, ora, rischiano grosso. È il caso di Nissan: addio a 9mila occupati e riduzione della capacità produttiva del 20 per cento. Un’operazione lacrime e sangue, che si aggiunge ad altre annunciate o in arrivo (Audi e Volkswagen in Europa, Stellantis negli Usa, ma anche Schaeffler e Michelin per la componentistica), che consentirà di risparmiare 1,8 miliardi di costi fissi oltre a 600 milioni alla voce costi variabili. A pesare su Nissan è l’andamento negativo del business in Cina, a causa della sempre più forte pressione dei costruttori locali, e negli Stati Uniti per i ritardi accumulati nei lanci di nuovi modelli ibridi ed elettrici plug-in.

La Casa giapponese, inoltre, allo scopo di razionalizzare i propri asset, ridurrà anche la propria quota nella connazionale Mitsubishi, passando dal 34% al 24%, mentre l’alleanza storica con Renault, significativamente «alleggerito» nel 2023, vede ora le due realtà cooperare solo su progetti mirati. Con Honda e Mitsubishi, Nissan ha invece avviato una partnership strategica sui veicoli elettrici.

«Davanti alla gravità della situazione – giustifica i provvedimenti in atto l’ad di Nissan, Makoto Uchida – dobbiamo adottare misure urgenti per invertire la rotta e creare un’azienda più reattiva e resiliente, in grado di adattarsi prontamente ai cambiamenti del mercato». Incertezze e clima economico cupo hanno così portato Nissan a rivedere al ribasso le stime per l’anno fiscale al 31 marzo 2025 con un utile operativo di tre volte inferiore alla guidance precedente.

Resta aperto anche l’interrogativo dazi alla luce del ritorno di alla Casa Bianca. Nissan produce, come altri gruppi del settore, in Messico «ed esportiamo un numero significativo di veicoli negli Usa, almeno 300mila quelli nel 2024». Proprio il rieletto Trump, nelle scorse settimane, aveva preso di mira Stellantis e le intenzioni di delocalizzare nel polo messicano posti di lavoro, avvertendo il gruppo guidato da Carlos Tavares di essere pronto ad applicare dazi del 100% allo scopo di tutelare le produzioni nazionali. A proposito di Stellantis, il successo elettorale di Trump è coinciso con l’annuncio di 1.100 licenziamenti nell’impianto Jeep di Toledo per il rallentamento delle vendite del pick-up Gladiator e il conseguente aumento delle scorte. «Provvedimenti difficili ma necessari – spiega Stellantis Usa – per garantire un forte inizio del 2025 e riacquistare il vantaggio competitivo». I tagli a Toledo, che si aggiungono agli altri, aggravano i rapporti di Stellantis con il sindacato Uaw e, passata l’euforia post voto, potrebbero dare un assist dai risvolti imprevedibili a Trump.

Peggiora la situazione anche di Audi

che chiuderà l’impianto belga appiedando 3mila persone. Una decisione, però, che non sembra bastare. Audi sta infatti cercando di tagliare anche al di fuori della produzione: altri 4.500 i lavoratori in bilico in Germania.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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