Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia. Lei rappresenta il settore agroalimentare italiano: perché sostiene che l’accordo di Bruxelles con il Mercosur è un problema?
«Perché con la totale assenza di reciprocità delle regole mette a rischio i produttori e soprattutto i consumatori europei. Alcuni esempi pratici. La normativa sudamericana permette l’utilizzo di antibiotici non solo per questioni veterinarie, ma anche per favorire l’accrescimento degli animali. Circa il 30% dei pesticidi che loro usano, sono stati vietati in Europa perché ritenuti pericolosi. Questo andrà a configurare una situazione di concorrenza sleale».
Può essere più preciso?
«Utilizzando certi prodotti, che ribadisco sono pericolosi per il consumatore, i produttori sudamericani abbassano il costo per chilo di carne prodotto. Mentre noi, che invece sottostiamo alle normative Ue, ci troveremmo a competere partendo da un costo di produzione molto superiore».
In sostanza, volete parità regolamentare.
«Non abbiamo mai negato l’importanza geopolitica di un accordo con quest’area del mondo, ma almeno si competa ad armi pari. Qualcuno dirà che in realtà questi Paesi potrebbero impegnarsi a mandare da noi solo prodotti che non contengono certe sostanze, ma i vantaggi sui costi di produzione rimarrebbero. Così come i pericoli per i consumatori».
Non ci saranno controlli?
«Già di per sé la normativa comunitaria europea è lacunosa, con le partite di merci in arrivo da paesi terzi che è controllata praticamente solo a livello documentale e solo in piccolissima parte con ispezione fisica. C’è poi da chiedersi come mai il 90% dei prodotti del sudamerica entri in Europa solo attraverso Rotterdam, anche quando la logistica non lo giustificherebbe. Il motivo è che nel porto olandese c’è una totale inadeguatezza dei controlli e quindi passa di tutto».
Che cosa intende quando sostiene che l’intesa mira solo a soddisfare le esigenze tedesche legate alla crisi dell’auto?
«Noi pensiamo che non si debba far pagare il conto agli agricoltori e alla filiera agroalimentare europea di un accordo che avvantaggia soprattutto determinati Paesi come la Germania e settori come l’automotive e i servizi. Se si vuole l’intesa, si garantisca almeno la reciprocità sui requisiti di sicurezza e di qualità, ma anche sull’adesione obbligatoria agli accordi di Parigi sul clima, non su base volontaria come il Brasile vuole».
Quante merci si riverseranno sui nostri mercati?
«Qualche esempio: l’accordo prevede l’abbattimento dei dazi su 99mila tonnellate di carni bovine in 6 anni. Sul pollame sono previste 180mila tonnellate a dazio zero. Per il riso 60mila tonnellate esenti da dazio».
Ma a fronte di questo sono previste compensazioni?
«Non ci sono forme di compensazione adeguata e oltre al danno è arrivata la beffa. Da una parte la compensazione dei settori colpiti potrà avvenire secondo gli annunci solo ex post, vale a dire a danno fatto e aziende chiuse, e mettendo sul piatto solo 1 miliardo. Poco più di metà degli 1,8 miliardi che la presidente della Commissione Ue ha dichiarato di voler mettere a disposizione degli agricoltori del Mercosur per sostenerli nella transizione verde. Il tutto a carico del bilancio comunitario. Una presa in giro, che si aggiunge a un’altra scelta per noi assurda»
Quale?
«Pensare con la scusa della compensazione di usare il miliardo prima citato per rottamare di fatto le aziende agricole spalancando la porta ai prodotti importati. Le cifre di sostegno devono essere ben più alte se si vuole tutelare la produzione agricola.
Non aver adeguato all’inflazione, per il periodo 2021-2027, le risorse della Politica agricola comune ha significato 85 miliardi in meno agli agricoltori. Se si facesse lo stesso per la Pac 2028-2034, le perdite arriverebbero a 166 miliardi. Si diano risposte su questi numeri e solo dopo si parli di chiusura dell’accordo Mercosur».