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Lo chiamano “mercatino” ma l’usato vale 26 miliardi


Second hand, pre-owned, pre-loved: tante espressioni per definire il buon vecchio mercato dell’usato. Che va a dir poco per la maggiore tra le nuove generazioni.

Se una volta occasioni e affari di seconda mano saltavano fuori rovistando tra le bancarelle a cielo aperto dei mercati delle pulci, da Porta Portese a Roma al Saint-Ouen a Parigi, adesso, invece, Millennials e Gen Z le selezionano sul display di smartphone e computer e le aggiungono nei carrelli virtuali di app e piattaforme online. Da Vinted a Vestiaire Collettive, da Subito.it a Wallapop, è boom di shopping digitale vintage. Nel 2023 il settore dell’usato ha toccato in Italia un giro di affari da 26 miliardi. Stime e proiezioni annunciano per la fine del 2024 una crescita a doppia cifra, tra il 10 e il 15 percento.

A colpi di clic, la cosiddetta New Gen – alias Millennials e Gen Z insieme, i nati, in buona sostanza, tra il 1980 e il 2010 – si rifà guardaroba e casa, ma anche smartphone e lavatrice, comodamente seduta davanti a telefono e computer. A mettere nero su bianco il trend-tormentone è il «Circular fashion survey on new generations 2024», appena rilasciato da PwC Italia e condotto su un campione composto da Gen Z e Millenials residenti in Italia, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna.

Stando all’indagine, nel 2024 il 54% dei giovani intervistati ha effettuato almeno la metà dei propri acquisti su portali e-commerce, dato in rapida crescita rispetto al 35% registrato nel 2023. Non solo. Quest’anno 7 giovani su 10 hanno comprato prodotti pre-owned, in aumento del 19% rispetto all’anno scorso, mirando in particolare capi di moda, con il 29% della New Gen che ha acquistato la metà dei propri capi pre-loved (+5% rispetto al 2023), e arredamento, che ha attirato il 26% del campione (+13%).

A mettere in ombra le nuove collezioni in vetrina, è il prezzo per ben il 72% del campione. D’altronde, se in negozio le cifre volano alle stelle, con l’usato si risparmia. E, così, ci si può concedere quel vizio di lusso a lungo desiderato. Perché, se le scarpe, la borsa e la cravatta griffata in boutique costano una follia, magari di seconda mano avranno cifre (più) accessibili. Ecco, proprio l’idea di farsi quel regalo firmato influenza l’8% degli oculati shopping addicted.

Consapevoli di non potersi permettere tutto, sono ben disposti a scendere a compromessi: non rinunciano a sfoggiare l’accessorio blasonato, non sia mai, ma accettano di buon grado che sia di seconda mano. Ancor più che sanno di poter contare, oltre che sul proprio occhio clinico e fiuto per lo shopping, su una serie di garanzie. Non tutte, ma le più gettonate piattaforme e app di compravendita di articoli usati hanno policy severe e sono molto attente ai riflettori delle recensioni costantemente puntati.

Il binomio – policy e brand reputation – si traduce in autenticità dei marchi verificata, presenza di descrizioni complete e trasparenti di ogni singolo prodotto, controllo delle condizioni della merce in vendita. Insomma, non si scappa, ma si guadagna e si risparmia a seconda del punto di vista. Perché l’attendibilità dei marketplace dell’usato è letteralmente ripagata: influenza, conquistando, le scelte di acquisto del 59% della New Gen.

Vinted ne è la riprova. La piattaforma svetta tra le preferenze della New Gen sia per gli acquisti (68% dei consumatori Gen Z; 51% dei Millennials) e sia per le vendite (61% Gen Z; 48% dei Millennials), complici proprio affidabilità e garanzie, cui si aggiungono ampio catalogo e semplicità di utilizzo.

Altro fattore chiave che spinge la New Gen a fare shopping second-hand è la sostenibilità, che strizza l’occhio al 14% degli intervistati. A quanto pare, il fatto di dare una seconda vita ad articoli ancora in buone condizioni, a volte anche con tanto di cartellino, piace di più rispetto a buttare e comprare ex novo. E piace anche al mercato.

«Tendenze come il second-hand e il crescente interesse delle nuove generazioni per la moda circolare consentono di allungare il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a mitigare concretamente l’impatto ambientale del tessile e dando un segnale molto positivo per il settore», riassume Omar Cadamuro, partner di PwC Italia consumer market.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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