La spada di Damocle dei dazi trumpiani preoccupa e non poco l’Eurotower. Il rischio di una escalation delle tensioni commerciali è diventato molto concreto dopo l’esito delle elezioni statunitensi e l’Europa ci arriva con una congiuntura già debole. La Commissione europea settimana scorsa ha rivisto al ribasso le stime di crescita e la Germania, maggiore economia continentale, è attesa al secondo anno consecutivo di recessione. A far trasparire il crescente grado di preoccupazione di Francoforte è stato ieri il vice presidente della Bce, Luis de Guindos. «Le tensioni commerciali potrebbero subire una escalation ulteriore, aumentando il rischio che si materializzino eventi inattesi, aggiungendo un ulteriore rischio a un’economia della zona euro già debole», ha detto l’esponente Bce nel suo discorso a un evento tenutosi a Francoforte.
Il vice presidente dell’istituto centrale europeo ha fatto capire che adesso la principale preoccupazione è la bassa crescita rispetto all’inflazione che è invece tornata sotto controllo. Parole che avallano ampiamente le attese di un ulteriore taglio dei tassi di interesse nell’ultimo meeting dell’anno in agenda a dicembre. Da giugno l’Eurotower ha già ridotto tre volte il costo del denaro e, alla luce dei progressi sull’inflazione, nell’ultimo mese sono emerse anche aspettative di una sforbiciata più aggressiva di 50 punti base a dicembre. Molto dipenderà dai prossimi riscontri macro, a partire dagli indici Pmi di novembre (stima flash in arrivo venerdì), per capire se gli indicatori anticipatori confermeranno la stagnazione con cui si era aperto l’ultimo trimestre dell’anno (Germania e Francia in fase di contrazione dell’attività economica).
In serata Christine Lagarde (in foto) non ha mancato di rincarare la dose sui rischi legati alle trasformazioni in atto con un chiaro riferimento al protezionismo. La presidente della Bce, che non si è sbottonata sulle prossime mosse di politica monetaria, ritiene che il nuovo panorama geopolitico si stia frammentando in blocchi rivali «dove le opinioni sul libero commercio vengono messe in discussione e gli approcci alla regolamentazione del settore tecnologico stanno divergendo tra le economie avanzate».
Lagarde ha toccato anche il nodo dolente della flebile crescita della produttività dell’Eurozona che si sta allontanando da quella degli Stati Uniti.
Il Vecchio continente è quindi «sotto crescente pressione per ridefinire la propria posizione al fine di rimanere competitivo» e deve adattarsi al mondo che cambia intorno «e recuperare il terreno perso in termini di produttività e tecnologia. Altrimenti, non saremo in grado di generare la ricchezza necessaria per soddisfare le nostre crescenti esigenze di spesa».