A tre giorni dalla scadenza della deadline per la presentazione delle offerte per l’ex Ilva si staglia all’orizzonte un probabile rinvio, si parla del 10 gennaio. E secondo quanto appreso da il Giornale una cordata tutta italiana starebbe prendendo piede per avanzare un’offerta sugli asset extra Taranto. Marcegaglia, Sideralba, Eusider, Industrie metalli Cardinale (e altri piccoli player) che hanno manifestato interesse a settembre, starebbero facendo quadrato per valutare la possibilità di presentarsi in gruppo. Nel mirino Novi Ligure, Racconigi, Salerno, una società in Francia e forse Genova. La stessa Emma Margegalia (foto) aveva peraltro già detto di essere interessata a solo una parte dell’ex Ilva.
In parallelo, sull’intero gruppo risulta che ormai sia una corsa a due e solo tra i big player stranieri: gli indiani di Vulcan Green Steel (ramo cadetto della famiglia Jindal che già nel 2017 aveva provato a rilevare Ilva per poi essere scalzato da Arcelor Mittal) e gli azeri di Baku che sarebbero in pole position e ancora in fase esplorativa (da qui, anche, il motivo del rinvio). Al contrario, Metinvest e i candesi di Stelco sarebbero fuori dalla partita. Mentre la cremonese e green Arvedi, finora ai margini della trattativa, potrebbe scegliere uno dei due soci stranieri per entrare in campo all’ultimo.
«Gli emissari di Vulcan Green Steel e di Baku hanno intensificato nelle ultime settimane i sopraluoghi al polo siderurgico di Taranto e negli altri siti del gruppo (tubifici e acciaierie)», racconta una fonte secondo cui «gli azeri – che stanno tessendo fitte relazioni con il governo – potrebbero portare in Italia il gas per la decarbonizzazione degli impianti tramite una nave rigassificatrice». La procedura di vendita riguarda dieci società tra Ilva in amministrazione straordinaria e Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Per il ramo principale del gruppo Ilva detiene la proprietà degli impianti mentre Acciaierie è gestore con un contratto di affitto sino al 2030. Dalla vendita degli asset i commissari ritengono di poter ricavare circa 1,5 miliardi. Il piano industriale varato in estate prevede 1,8 miliardi di investimenti: 1 miliardo per il ripristino degli impianti, altri 680 milioni per lo sviluppo tecnologico.
Intanto ieri il ministero dell’Ambiente ha diffidato Acciaierie d’Italia (la società ex Ilva nata dalla liaison azionaria da Arcelor Mittal e Invitalia e ora in amministrazione straordinaria) sulle emissioni di ossido di azoto dall’impianto di riscaldo vento dell’altoforno 4 dell’ex Ilva.
La diffida ministeriale recepisce quanto ha segnalato l’Ispra, deputato al controllo in fabbrica sul rispetto delle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale, e chiede ad Acciaierie di «effettuare quanto richiesto nella stessa e nei tempi indicati», 30 giorni dalla diffida. Facendo riferimento a un’ispezione Ispra dei mesi scorsi, il ministero contesta superamenti dei valori limite di esposizione per le emissioni di ossido di azoto al camino E137 del siderurgico.