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Il malato tedesco. Ora anche la Bundesbank ammette: “Il Paese è fermo al palo”


Banche, auto, logistica e ora anche la cantieristica. La crisi tedesca si allarga diventando un caso nel cuore dell’economia europea. Dopo Commerzbank, Volkswagen e Deutsche Bahn, esplode la mina Meyer (cantieri navali). Tanto che si accende l’alert anche del presidente della Bundesbank Joachim Nagel (in foto) secondo cui sono necessari «maggiori sforzi per far riprendere l’economia tedesca dal suo attuale stato di debolezza. La crescita economica è piatta, forse sarà allo 0% alla fine dell’anno, forse un po’ più alta, forse un po’ più bassa», ha aggiunto Nagel intervenendo all’open day della banca centrale tedesca proprio mentre si materializza un nuovo caso Germania: la statalizzazione del big della cantieristica Meyer Werft.

Un salvataggio inatteso, soprattutto alla luce della forza che il settore sta esprimendo sia sotto il profilo civile, sia sotto quello militare. Nagel ha avvertito «che non ci sono soluzioni rapide o facili alle sfide attuali», aggiungendo che «il progresso economico, la competitività, richiedono uno sforzo congiunto da parte di tutti noi». Il caso Meyer stride tra gli operatori del settore, soprattutto nel confronto con l’italiana Fincantieri o la francese Chantiers de l’Atlantique. Dopo la storica gestione Bono, l’ad Pierroberto Folgiero negli ultimi due anni ha superato la crisi generata dal Covid e rifocalizzato l’azienda sul fronte civile e militare con ottime performance anche in Borsa: +20% negli ultimi 12 mesi.

Al contrario Meyer Werft, gruppo navalmeccanico tedesco con oltre 3mila dipendenti, sta vivendo la fase più difficile nei suoi oltre 200 anni di storia e, a causa di un finanziamento di 2,7 miliardi acceso dopo la crisi pandemica, è stato a un passo dal fallimento. Ma quali sono le reali cause? A intervenire sarà ora Berlino. Le risoluzioni prevedono che il governo federale e lo Stato della Bassa Sassonia acquisiscano congiuntamente l’80% delle azioni del cantiere navale attualmente in perdita per 400 milioni (il 20% resta alla famiglia Meyer). Inoltre, sia il governo federale, sia quello statale concederanno garanzie per circa 1 miliardo ciascuno sui prestiti delle banche. L’ingresso dello Stato dovrebbe essere limitato nel tempo, ma non esiste una data di uscita fissa.

Non è il primo caso del castello industriale tedesco che sventola la bandiera europea del rigore mentre si sgretola pezzo dopo pezzo. Una crisi che riguarda tutta l’Europa, destando preoccupazione sul fronte militare.

Se la situazione geopolitica dovesse peggiorare, gli impianti dei cantieri navali potrebbero essere utilizzati anche per la marina e svolgere un ruolo significativo nella costruzione navale militare.

Berlino stima che Meyer Werft resterà in perdita nel 2025 e nel 2026, anche se il piano di ristrutturazione sarà attuato.

Un baco nella costruzione della futura Difesa europea a cui si lavora da tempo e che ora vede nella Germania un soggetto debole e nella Meyer un soggetto passibile di un interesse da parte dei player orientali.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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