I punti chiave
I punti chiave
Effettuare versamenti di contributi volontari all’Inps può rappresentare una scelta indicata per chi desidera coprire i periodi di inattività lavorativa ed evitare interruzioni nella contribuzione pensionistica. Questa possibilità, per quanto onerosa, consente di aumentare l’importo della pensione e, in alcuni casi, di anticiparne l’accesso. Cerchiamo dunque di capire meglio costi, requisiti e convenienza di questa opzione.
Perché versare i contributi volontari
Nel momento in cui si smette di lavorare, i versamenti pensionistici obbligatori effettuati dal datore di lavoro si interrompono, creando potenzialmente dei “buchi” contributivi. I contributi volontari permettono di colmare tali lacune, assicurandosi una pensione futura più alta o accelerando i tempi per il pensionamento. Inoltre, sono utili per chi ha un lavoro part-time o intermittente e vuole integrare i periodi di contribuzione ridotti.
Chi può fare richiesta e come richiedere l’autorizzazione
Per poter versare i contributi volontari è necessario soddisfare alcuni requisiti, come l’aver maturato almeno 5 anni di contributi complessivi (260 contributi settimanali o 60 mensili), oppure 3 anni di contributi negli ultimi 5 anni precedenti la domanda.
Possono accedere a questa opzione i lavoratori dipendenti, autonomi, parasubordinati, liberi professionisti e alcune categorie specifiche, come i titolari di assegno ordinario di invalidità. Anche chi è sospeso dal lavoro (per motivi familiari, formazione, o congedi non retribuiti) o ha un contratto part-time può scegliere questa strada.
La domanda deve essere presentata online tramite il sito dell’Inps utilizzando Spid, Cie o Cns. In alternativa, è possibile contattare il servizio clienti Inps o rivolgersi a un patronato. Una volta ottenuta l’autorizzazione, questa non ha scadenza e permette di riprendere i versamenti in qualsiasi momento senza ulteriori richieste.
Quanto costa
Il costo è calcolato sulla retribuzione percepita nell’ultimo anno di lavoro e sull’aliquota contributiva prevista, in questo modo: 33% per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995; 27,87% per chi ha iniziato prima di questa data.
Per il 2024, il reddito minimo su cui calcolare i contributi è di 12.451 euro, corrispondente a un costo annuo di circa 4.108 euro (aliquota 33%) o 3.470 euro (aliquota 27,87%). Per coprire 10 anni, l’importo può arrivare rispettivamente a 41.088 euro o 34.700 euro. È importante considerare che gli importi variano annualmente in base all’adeguamento Istat.
Quando conviene
La convenienza dipende dalla situazione personale e lavorativa. I contributi volontari sono particolarmente utili per chi non svolge attività lavorativa per periodi prolungati; vuole evitare lacune contributive causate da aspettative non retribuite o contratti part-time; deve raggiungere i requisiti minimi per la pensione. Tuttavia, il costo elevato richiede un’attenta valutazione. È sempre consigliabile rivolgersi a un patronato per un calcolo preciso e personalizzato.
I vantaggi fiscali
I contributi volontari sono deducibili nella dichiarazione dei redditi, riducendo il reddito imponibile e, di conseguenza, l’importo delle tasse da pagare. Ad esempio, versando 5.000 euro in un anno, è possibile recuperare tra 1.150 e 2.150 euro, a seconda del reddito dichiarato.
Altre opzioni: la pace contributiva
In alternativa, è possibile coprire solo determinati periodi lavorativi tramite la pace
contributiva, disponibile fino alla fine del 2025. Questa misura può essere una soluzione meno onerosa per chi desidera integrare la propria posizione contributiva senza optare per i versamenti volontari completi.