“Ci sarà necessariamente un aumento di gettito, da questa operazione. Sul concordato non abbiamo stimato entrate, ma quello che viene è tutto ben accetto”. Il viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo, nel corso di un’audizione sul dl Fiscale presso la commissione Bilancio del Senato, si è detto certo che l’operazione porterà benefici alle casse dello Stato. E proprio perché quel gettito servirà per interventi sull’aliquota intermedia Irpef del 35% non è stata disposta una proroga.
“Avremmo voluto dare più tempo ai contribuenti ma il nostro obiettivo era quello di vedere le risorse che verranno da questa misura per lavorare sulle aliquote. Sappiamo che oggi abbiamo un meccanismo Irpef a tre aliquote e sappiamo che il ceto medio si sta impoverendo, la nostra volontà è di vedere da queste risorse di lavorare sulla famosa aliquota del 35% e vedere di abbassare per venire incontro al ceto medio», ha spiegato precisando che «se non abbiamo il dato puntuale entro il 31 ottobre, posta la necessità di elaborazione della Agenzia delle Entrate per sapere quanto è il gettito, non siamo in grado di poter intervenire immediatamente in legge di Bilancio che è in lavorazione adesso per sapere quanto possiamo fare per lavorare sull’Irpef». I risultati arriveranno entro la prima metà di novembre. «Bisogna dare tempo all’Agenzia delle Entrate di elaborare tutti i dati, consideriamo una decina di giorni massimo», ha detto.
Il tax gap, ossia la differenza tra imposta attesa e quella effettivamente versata, si attesta sui 65 miliardi l’anno. Questo emerge dall’ultima relazione sull’evasione. «Il tax gap non nasce adesso ma affonda le radici nel tempo ed è legato alla metodologia di accertamento», ha ricordato Leo precisando che «abbiamo voluto invertire la rotta, fare in modo che via sia un dialogo ex ante, lo facciamo con il concordato e attraverso la cooperative compliance per le imprese più strutturate». Un altro problema è «la capacità operativa degli uffici e dei controlli». Secondo la Corte dei conti nel 2022 sulla massa dei contribuenti Ia (quelli soggetti alla pagella dell’Agenzia delle Entrate; ndr) venivano fatti controlli solo per il 5%, nel 2023 il 2%. «C’è tutto un mondo di soggetti che non vengono controllati, non per cattiva volontà ma perché c’è una capacità operativa che non consente di fare controlli a 360 gradi su tutta la massa dei contribuenti», ha sottolineato.
Il viceministro ha poi spiegato come funzionerà il ravvedimento speciale, cioè la sanatoria delle imposte non versate dalle partite Iva che aderiscono al concordato, per i contribuenti che non sono soggetti Iva. «Non avendo elementi di riferimento si è fatta una media tra il 5% e il 50%» che sono gli incrementi di imponibile presunti in base al punteggio Isa. «L’imponibile, con il meccanismo della media, è il 25%», ha spiegato il viceministro. «Si va a vedere il reddito dell’anno di riferimento. Supponiamo che io abbia dichiarato 20.000 euro, applicherò il 25% e quella sarà la base imponibile. Su quello devo applicare un’aliquota, anche in questo un’aliquota media. Per i soggetti Iva l’aliquota varia tra 10%,12% e 15%. L’aliquota media è il 12,5%». «Si calcola quindi il 25% del reddito dichiarato, più il 12,5% e poi si applica una riduzione del 30%, che porta a dire che sull’incremento del 25% applico sostanzialmente l’8,75%». «Tutta questa costruzione è stata fatta per ricomprendere nell’ambito di applicazione di questa normativa i soggetti che sarebbero esclusi e che quindi non potrebbero fruire del meccanismo di ravvedimento speciale», ha detto Leo. In ogni caso, nei confronti di chi non aderirà al concordato non saranno utilizzati metodi da Torquemada. «Se un contribuente non aderirà al concordato e ritiene di essere nel giusto e di aver pagato le sue imposte non avrà nulla da temere. Non ci sarà un atteggiamento repressivo», ha rimarcato.
Leo ha infine delineato la nuova strategia di accertamento e riscossione che partirà dall’anno prossimo. Lo stock ad oggi è di 1.247 miliardi di euro di cartelle. «Per il carico 2020-2024 abbiamo istituito una commissione, che deve dirci cosa dobbiamo fare. La strada può anche essere quella di individuare un soggetto pubblico che possa gestire questo stock in modo proattivo», ha puntualizzato.
«Dal 2025 in poi cambia l’approccio. Se nei 5 anni l’Agenzia delle Entrate non riesce a recuperare il carico che viene affidato dall’ente impositore, il carico viene restituito; tutto deve svolgersi in un lasso temporale quinquennale», ha concluso.