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Audi resta a piedi sull’elettrico, stop alla fabbrica a Bruxelles


Chiude lo stabilimento Audi di Bruxelles, guarda caso proprio a due passi dai palazzi dove sono state prese quelle decisioni sulla transizione green automotive i cui danni graveranno su migliaia di famiglie. Lo stop a febbraio e a perdere il posto saranno 3mila lavoratori. Il sito belga produce il Suv Q8 e-tron le cui vendite sono in calo, mentre i costi i costi logistici sono diventati insostenibili. Un costruttore di furgoni sembra essere interessato all’impianto. Volkswagen, di cui fa parte Audi, ha di fatto messo in discussione tre siti allo scopo di risparmiare 4 miliardi. Crisi del mercato elettrico, ma anche stagnazione economica in Germania e insidia cinese sono all’origine della situazione di grave difficoltà in cui si trova il primo gruppo europeo dell’auto.

Intanto, nel giorno in cui l’Ue conferma i dazi contro le vetture elettriche in arrivo da Pechino, torna a parlare Alfredo Altavilla (in foto), l’ex top manager di Fca ora senior advisor per l’Europa della cinese Byd. E lo fa attaccando la decisione dell’Ue («una killer application perché è impensabile che la Cina non reagisca»), ma anche il sistema degli incentivi all’acquisto di vetture. I dazi di durata quinquennale (salvo un riesame anticipato) aggiuntivi all’attuale 10%, saranno del 17% per Byd, del 18,8% a carico di Geely e del 35,3% per Saic. Il 7,8%, inoltre, riguarderà Tesla Shanghai, il 20,7% le società che hanno cooperato con l’indagine della Commissione sui consistenti aiuti governativi cinesi e il 35,3% tutte le altre che hanno fatto orecchie da mercante. Coinvolte anche le joint venture: dazio del 20,7% per Bmw Brilliance; China Faw Corporation (penalizzate Volkswagen, Audi, Toyota e Mazda); ma anche Dongfeng e Great Wall. In Europa, comunque, esiste un alto livello di auto elettriche importate e pronte per il mercato che, a questo punto, non dovrebbero essere soggette alla tassa aggiuntiva.

Per Altavilla, ospite di «Quattroruote Next», l’applicazione dei dazi gioca a sfavore delle intenzioni di portare investimenti produttivi cinesi in Italia. «Il governo Meloni – afferma l’ex braccio destro di Sergio Marchionne – ha fatto uno sforzo senza precedenti e un lavoro eccelso, preparando un pacchetto competitivo per attrarre investimenti stranieri. I dazi normalmente vengono imposti a protezione di investimenti già effettuati, ma nell’Ue si è fatto il contrario e così sono stati fermati i progetti di investimento». A questo punto tutto è perduto? «Difficile dirlo – risponde Altavilla dialogando con il Giornale – ma l’incertezza non aiuta».

Il colloquio con il senior advisor di Byd si sposta ora sugli incentivi all’acquisto di vetture, visti però come «una scusa perfetta che i governi nazionali danno all’Europa per non modificare la legislazione al 2035 e le nuove norme sulle emissioni, oltre a rappresentare una droga per il mercato». Il punto di vista di Altavilla: «Il modo migliore per far rivedere le decisioni prese – afferma – è quello di evitare la concessione di incentivi. Non ho mai pensato che le auto elettriche fossero la soluzione per l’Europa e il mercato italiano. L’ibrido plug-in è il modo per rispondere alla transizione nel Vecchio continente. La scadenza imposta nel 2035? Una bestialità, da vedere chi ci arriva vivo viste anche le sanzioni previste dal 2025, in pratica 1.000 euro a vettura. Vedo all’orizzonte processi di consolidamento che riguarderanno i costruttori e anche l’indotto, settore che ha bisogno di maggiore attenzione».

Per Altavilla l’obiettivo di Byd è diventare, tra 18 mesi, una

volta avviate le produzioni in Ungheria e in Turchia, un costruttore europeo a tutti gli effetti: «Saranno vetture disegnate per il cliente europeo e possibilmente con il massimo utilizzo di componenti sempre dall’Europa».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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