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Sappiamo ancora poco degli effetti dei tatuaggi sulla salute

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In Italia oltre 7 milioni di persone hanno almeno un tatuaggio e la pratica di decorarsi la pelle con scritte e disegni permanenti è sempre più seguita in molte aree del mondo. Nonostante i tatuaggi siano tra gli interventi più praticati di modificazione del corpo, a oggi non ci sono molti dati chiari sui loro effetti sulla salute, sul perché alcune volte sbiadiscano e soprattutto su cosa determini la loro presenza per il nostro sistema immunitario, che è fatto per distruggere ciò che di estraneo si intrufola nell’organismo.

La forma più conosciuta e diffusa per tatuarsi è quella “ad ago”, dove l’inchiostro viene introdotto nella pelle con un ago che pratica tante minuscole punture. È una tecnica e che nel suo principio di base non è sostanzialmente cambiata se non per l’attenzione all’igiene. Una volta introdotte nella pelle a qualche millimetro di profondità, le molecole di inchiostro rimangono intrappolate tra le cellule dove rimarranno per sempre, costituendo ciò che rende visibile il tatuaggio. L’inchiostro è però una sostanza estranea e la sua presenza determina una reazione da parte del sistema immunitario, che vorrebbe liberarsene. Come e perché non ci riesca è oggetto di dibattito da tempo, ma negli ultimi anni alcune ricerche hanno portato nuovi dati e valutazioni, come ha di recente Katherine J. Wu sull’Atlantic.

Un gruppo di ricerca internazionale ha per esempio la presenza di particolari sostanze, come lo zinco e il cobalto, nei pigmenti utilizzati per gli inchiostri dei tatuaggi. Quando finiscono nella pelle, determinano una reazione da parte dei macrofagi, le cellule del sistema immunitario che hanno il compito di inglobare e poi distruggere i patogeni (come virus e batteri) e più in generale di fare pulizia. I macrofagi provano a fare altrettanto anche con le molecole di inchiostro, ma queste sono troppo grandi per loro e non riescono a digerirle.

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Il periodo di vita di un macrofago può variare a seconda delle circostanze, ma in media non va oltre qualche giorno o settimana. Quando la cellula immunitaria muore, l’inchiostro che era riuscita a catturare torna libero e diventa preda di un nuovo macrofago, che a sua volta tenterà invano di distruggere quelle strane molecole. Alla sua morte ne subentrerà un altro e così via, potenzialmente per tutta la vita, anche se non è chiaro se dopo un certo periodo subentri un certo adattamento alla situazione.

Questo processo potrebbe essere una delle cause per cui con il passare del tempo i contorni dei tatuaggi diventano meno netti, con le scritte e i disegni che appaiono quasi sfumati. I nuovi macrofagi nelle vicinanze, che ereditano dai loro predecessori il compito di occuparsi del problema, spostano lievemente le molecole dei pigmenti, che quindi cambiano di qualche frazione di millimetro la loro posizione. Il cambiamento dei tatuaggi nel tempo è probabilmente dovuto ad altri fattori aggiuntivi, per esempio al modificarsi delle cellule della pelle, che tendono a essere meno toniche e a cedere a causa dell’effetto della gravità.

Altre ricerche hanno invece come minuscole parti dei tatuaggi possano essere trasportate dalle cellule immunitarie verso i linfonodi, strutture molto importanti per il sistema immunitario. Nelle persone molto tatuate è stata osservata una colorazione di alcuni dei loro linfonodi, si sospetta proprio a causa della migrazione dei pigmenti. Anche in questo caso gli studi sono per ora parziali e non ci sono elementi per valutare gli eventuali effetti sulla salute di questo spostamento.

La difficoltà nell’avere elementi chiari dipende da una condizione piuttosto comune in medicina: siamo sostanzialmente tutti diversi e reagiamo in modo diverso a molte delle sostanze con cui entriamo in contatto e a cui siamo esposti. Nelle ore e nei primi giorni dopo un tatuaggio alcune persone avvertono un lieve fastidio, mentre altre sviluppano irritazioni della pelle più importanti, che tendono comunque a risolversi con il tempo. Queste derivano dalle dell’ago sulla pelle e da una risposta del sistema immunitario, che porta i in modo da renderli meno ospitali per agenti che potrebbero infettarli, come i batteri.

Le infezioni per lo più batteriche fino al 6 per cento circa delle persone che si sottopongono ai tatuaggi (le stime variano molto) e di solito possono essere risolte applicando creme antibiotiche, o altri farmaci su indicazione del medico. Le complicazioni sono più rare rispetto a un tempo soprattutto grazie al miglioramento delle tecnologie utilizzate e a una maggiore attenzione all’impiego di materiale sterile. La reazione dei primi giorni al tatuaggio lascia poi spazio a una condizione che sembra essere costante, ma di minore entità, legata all’attività dei macrofagi e di altre cellule immunitarie.

Alcuni studi hanno riscontrato che le persone che si tatuano di frequente ad avere livelli più alti di anticorpi e altre sostanze del sistema immunitario, rispetto alle persone che si tatuano meno. Un’ipotesi è che a ogni tatuaggio l’organismo sia stimolato ad aumentare l’attività immunitaria, ma non si può invece escludere che la correlazione sia inversa, e cioè che le persone con un sistema immunitario più attivo tendano a tatuarsi più spesso perché non avvertono gli effetti meno piacevoli, come i giorni di infiammazione e prurito del tratto di pelle interessato.

Non è inoltre chiaro se la costante sollecitazione dovuta alla presenza dell’inchiostro distolga parti del sistema immunitario da altre attività. Una ricerca segnalata da Wu e pubblicata lo scorso anno aveva che i pigmenti dei tatuaggi potrebbero interferire su alcune proteine, che i macrofagi utilizzano per comunicare con altre cellule, che di conseguenza sarebbero meno preparate ad affrontare eventuali minacce. Il sistema immunitario è però estremamente complesso e articolato, può aumentare enormemente le proprie capacità nel caso in cui sia necessario un intervento massiccio, di conseguenza sembra improbabile che altri patogeni o processi pericolosi possano sfuggirgli, mentre una sua parte è alle prese coi tatuaggi.

Considerate le grandi incertezze e le difficoltà nel condurre studi che devono durare anni, gli inchiostri per i tatuaggi sono altamente normati e sottoposti a numerosi principi di precauzione. Nel 2015, per esempio, la Commissione Europea chiese all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) una valutazione dei rischi per la salute delle sostanze chimiche contenute negli inchiostri per i tatuaggi e in quello che viene definito “trucco permanente”, che è comunque un tatuaggio. Dopo circa cinque anni di lavoro, nel luglio del 2020 l’ECHA propose alla Commissione alcune limitazioni dei prodotti fino ad allora impiegati. Sulla base di quelle indicazioni, la Commissione aveva poi definito .

I tecnici dell’ECHA avevano valutato alcune sostanze in maniera esclusivamente qualitativa, senza indicarne una dose massima considerata la mancanza di soglie di sicurezza per quelle sostanze. Tra queste ne erano comprese di note per essere cancerogene e per causare mutazioni del materiale genetico, oppure per contenere tracce di piombo. Le analisi semi-quantitative avevano invece interessato diverse altre sostanze per le quali erano disponibili dati tossicologici. Infine, l’ECHA aveva condotto analisi sull’esposizione, perché non tutti i tatuaggi sono uguali e l’esposizione a certe sostanze varia a seconda della loro grandezza.

Le limitazioni alla fine avevano interessato circa 4mila sostanze, tra le proteste di molti operatori del settore. L’entrata in vigore delle nuove regole li aveva costretti a gettare parte delle loro scorte di inchiostri, non più utilizzabili, ad avere difficoltà nel reperire quelli nuovi perché i produttori dovevano cambiare le formulazioni e a imparare a lavorare con inchiostri di nuovo tipo, quindi con rese e caratteristiche diverse dalle precedenti anche in merito alla loro pigmentazione.

Come in molte altre circostanze, l’ECHA ha mantenuto un approccio di precauzione, in attesa che nuove ricerche offrano elementi più solidi su alcune sostanze sulle quali ha imposto limitazioni, che in futuro potrebbero rivelarsi non necessarie oppure molto importanti. L’attenzione in questi anni si è concentrata soprattutto sui rischi legati ai tumori, ma come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a oggi è impossibile dire se le persone tatuate abbiano un rischio più alto di sviluppare un tumore.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), che fa parte dell’OMS, ha avviato alcuni importanti studi epidemiologici sui tatuaggi. Le analisi richiederanno però decenni per essere svolte, proprio per poter osservare eventuali effetti dei tatuaggi nel lungo periodo, e non saranno quindi disponibili ancora per molto tempo. Per questo motivo prevale il principio di precauzione con alcune sostanze, già osservate e studiate in altri ambiti legati alla valutazione del rischio in ambito tumorale.

Come per tutte le altre cose che comportano una modifica al nostro organismo, molto temporanea come l’assunzione di un determinato farmaco o nel lungo periodo come nel caso di una protesi o di un tatuaggio permanente, è importante che la persona coinvolta sia informata e consapevole degli eventuali rischi. Oltre ad assicurarsi delle condizioni igieniche delle strumentazioni con cui si verrà tatuati, può essere utile informarsi sui tipi di inchiostri che saranno utilizzati e che devono riportare la lista delle sostanze che li compongono.

Nel caso dell’Unione Europea, per essere venduti e utilizzati gli inchiostri devono essere in regola con le normative più recenti. Sulle confezioni devono essere riportate indicazioni come «Preparazione per l’impiego nei tatuaggi e nel trucco permanente» e deve essere riportato un lotto di produzione, che consenta di risalire al produttore e al momento in cui è avvenuta la sua preparazione. Gli inchiostri che non osservano le indicazioni UE devono contenere l’esplicita indicazione: «Non utilizzabile nell’Unione Europea».

Per le persone tatuate da tempo è quasi sempre impossibile sapere quali sostanze fossero state impiegate. Tuttavia, i colori possono fornire qualche indizio. I tatuaggi monocolori di solito utilizzano solo il nero che viene prodotto utilizzando pigmenti a base di ferro o carbonio; i colori più brillanti sono ottenuti partendo da tinture organiche mentre i vecchi colori più spenti possono contenere maggiori quantità di metalli.

È importante ricordare che il fatto che determinate sostanze siano studiate, analizzate e sottoposte a limitazioni non implica necessariamente che siano pericolose per la salute. Le ricerche servono proprio per verificarlo e gli esiti stessi possono cambiare nel corso del tempo, sulla base dei nuovi studi e di sistemi di analisi più precisi.

Tatuarsi implica comunque effettuare una modifica permanente al proprio corpo, che non può essere portata indietro nemmeno nel caso in cui il tatuaggio venga poi rimosso. Come spiega sempre l’OMS, a oggi non ci sono metodi sicuri per rimuovere i tatuaggi, anche se alcune tecniche sono considerate meno a rischio di altre. Il metodo più diffuso consiste nell’utilizzare il laser: la procedura permette di distruggere i pigmenti iniettati nella pelle, ma fa anche sì che una grande quantità di sostanze potenzialmente tossiche finiscano in giro per il resto dell’organismo.

Non ci sono ancora molte ricerche in merito, ma si ritiene che la distruzione dei pigmenti sia probabilmente più rischiosa del mantenere gli stessi pigmenti nella loro forma più “stabile” e poco solubile nella pelle. Il laser è inoltre più efficace su alcuni tipi di pigmenti rispetto ad altri, quindi può essere necessaria più di una seduta per effettuare la rimozione e con risultati non sempre corrispondenti ai desideri di chi vorrebbe far sparire un tatuaggio. L’OMS su questo ha un consiglio piuttosto netto: «Il modo più sicuro per evitare di dover rimuovere un tatuaggio è semplicemente non tatuarsi».


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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