Lunedì è stato pubblicato il nuovo dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell’ONU, il principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Il documento non presenta novità rispetto alle analisi già diffuse, ma è molto importante perché riassume migliaia di pagine di ricerche in un formato più fruibile, fondamentale per i governi che devono concordare e adottare nuove politiche per mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
La nuova sintesi come per i precedenti rapporti è alquanto netta: senza iniziative rapide e molto costose, i danni causati al pianeta dalle attività umane saranno in gran parte irreversibili e avranno enormi conseguenze. Secondo gli autori del documento, agendo molto in fretta e con misure drastiche c’è ancora tempo per evitare gli esiti più catastrofici. «La finestra di opportunità per garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti si sta rapidamente chiudendo», ricorda comunque il rapporto. Il segretario generale dell’ONU, António Guterres, lo ha definito «una guida per disinnescare la bomba a orologeria del clima».
Il rapporto di sintesi è il documento finale del Sesto rapporto di valutazione dell’IPCC pubblicato tra il 2021 e il 2022. Le prime tre sezioni avevano trattato estesamente le basi fisico-scientifiche dietro il riscaldamento globale, l’impatto e le difficoltà nell’affrontarlo e infine le soluzioni per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico. Il rapporto di sintesi comprende altri documenti che erano già stati pubblicati negli ultimi quattro anni, dedicati soprattutto agli effetti del riscaldamento globale sui terreni, gli oceani e le masse di ghiaccio (criosfera).
Il nuovo rapporto riassume e rende con termini più accessibili ai decisori politici gli anni di studi sulle cause e le conseguenze dell’aumento della temperatura media globale. Ricorda che con gli attuali andamenti non potrà essere raggiunto l’obiettivo più importante e ambizioso: evitare che entro la prima metà degli anni Trenta si verifichi un aumento medio di 1,5° C rispetto al periodo precedente all’epoca industriale. Da tempo, comunque, una quota crescente di esperti riteneva che il e che fosse arrivato il momento di accettare il fallimento, senza rassegnarsi e pensando a cosa fare per evitare ulteriori peggioramenti. Si stima che fino a oggi le attività umane abbiano provocato un aumento medio di almeno 1,1° C.
Nel nuovo rapporto sono indicati gli ambiti su cui agire con decisione per avere effetti immediati: uno di questi è la drastica riduzione dell’impiego di combustibili fossili – in particolare carbone, petrolio e metano – per limitare le emissioni di gas serra. In un comunicato Guterres ha chiesto che tutti i paesi sviluppati anticipino di 10 anni i propri obiettivi per raggiungere la neutralità carbonica, cioè che la ottengano nel 2040 invece che nel 2050, come era stato stabilito dall’ del 2015.
La stessa richiesta è stata fatta alle economie emergenti come la Cina e l’India, che hanno come obiettivo per la neutralità carbonica rispettivamente il 2060 e il 2070. Per neutralità carbonica un bilancio pari a zero di anidride carbonica immessa in atmosfera.
Secondo Guterres i paesi più ricchi hanno la responsabilità di agire più in fretta rispetto a quelli più poveri, che sono quelli che subiscono maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici proprio a causa delle attività dei paesi sviluppati nei decenni passati.
Raggiungere la “neutralità carbonica” – o le “emissioni zero” spesso citate – non significa quindi smettere del tutto di produrre gas serra (e in particolare di anidride carbonica, o CO2), ma rimuoverne una quantità pari a quella che viene immessa nell’atmosfera. Da una parte quindi bisogna attuare misure per ridurre le emissioni (per esempio riducendo l’uso dei combustibili fossili), dall’altra bisogna aumentare i modi per rimuovere gas serra dall’atmosfera (per esempio piantando alberi o catturando direttamente CO2).
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Il rapporto di sintesi fa anche un punto su alcuni danni concreti causati dai cambiamenti climatici: la diminuzione dei pesci nei mari, il calo della produttività delle aziende agricole (dovuto per esempio a periodi sempre più prolungati di siccità in alcune aree del mondo, mentre in altre piove troppo), la moltiplicazione di malattie infettive e una frequenza senza precedenti di eventi meteorologici estremi.
Questi effetti sono risultati maggiori rispetto a ciò che gli scienziati si aspettavano nelle attuali condizioni del pianeta, cioè con un aumento medio della temperatura di 1,1° C rispetto al periodo pre-industriale: le infrastrutture costruite dagli esseri umani, i loro sistemi economici e i loro settori produttivi nell’attuale società, dice il rapporto, si sono mostrati molto più vulnerabili del previsto anche a piccoli cambiamenti climatici.