A Charles Osborne venne il singhiozzo poco dopo avere fatto uno sforzo per sollevare un maiale da macellare. Era il 1922, aveva trent’anni e pensava che il disturbo se ne sarebbe andato dopo qualche minuto, come succede di solito. Dovette invece convivere con il singhiozzo per 68 anni: nessuno fu in grado di trovare rimedio al problema, a dimostrazione di quanto sia oscura una condizione che prima o poi interessa tutti.
Nei primi decenni dopo la comparsa del singhiozzo, Osborne aveva circa 40 spasmi (singulti) al minuto, col tempo la frequenza diminuì arrivando a una ventina nei suoi ultimi anni di vita. Il singhiozzo scomparve da solo nel 1990, lasciando a Osborne qualche mese di tregua prima della sua morte nel febbraio del 1991. Secondo il Guinness World Records, fu la persona ad avere vissuto , con un totale stimato di 430 milioni di singulti.
La storia di Osborne è naturalmente un caso estremo, , ma è vero che ancora oggi sappiamo tutto sommato poche cose sul singhiozzo e soprattutto sui rimedi per farlo passare. Da far prendere un grande spavento a chi ne soffre a trattenere il respiro in un certo modo passando per i famigerati sette sorsi d’acqua, i consigli per farsi passare il singhiozzo non mancano nelle tradizioni popolari, mentre latitano abbastanza nella letteratura scientifica. I gruppi di ricerca che se ne sono occupati non mancano, ma con risultati alterni, anche se ogni tanto affiorano presunte “soluzioni definitive al problema”. Due in particolare sono ritenute promettenti, ma prima facciamo un ripasso nel caso vi foste persi le .
Singhiozzo
In generale, il singhiozzo è causato da una contrazione rapida e involontaria del diaframma, lo strato di muscoli e tendini che separa la parte superiore del busto da quella inferiore, e che ci consente di respirare. Lo spasmo comporta una rapida inspirazione d’aria e una immediata chiusura della glottide, che ha tra i suoi scopi quello di isolare l’esofago dalla trachea, cioè l’apparato digerente dalle vie aeree.
È la combinazione dell’inspirazione e del rapido scatto della glottide a portare il classico hic del singhiozzo. Come accade spesso per le cose di salute, a seconda di come si è fatti si possono avere un singhiozzo con un’alta frequenza di singulti, spasmi di intensità variabile e di conseguenza sobbalzi e hic più o meno forti.
Non è ancora completamente chiaro a che cosa serva di per sé il singhiozzo. Un’ipotesi piuttosto condivisa è che gli spasmi servano a sviluppare la capacità di respirare del feto in preparazione dell’abbandono dell’utero materno, quindi del passaggio da una condizione in cui è sostanzialmente sommerso a quella in cui deve fare entrare per la prima volta aria nei propri polmoni. Altri ipotizzano invece che il singhiozzo sia un ricordino dall’evoluzione, legato ai nostri lontanissimi antenati anfibi che dovevano regolare la respirazione a seconda che si trovassero in acqua o sulle terre emerse.
Cosa causa il singhiozzo
Le analisi su come si soffre di singhiozzo hanno evidenziato che lo spasmo coinvolge un arco riflesso, cioè una reazione nervosa che non riguarda i centri nervosi superiori e sulla quale non abbiamo quindi un diretto controllo. Uno dei principali indiziati è il nervo vago insieme a quello frenico. Il vago (ne esistono due, uno destro e uno sinistro) parte dal midollo allungato – la parte più in basso del tronco cerebrale – e raggiunge il basso torace e l’addome. Il frenico (anche in questo caso ce n’è uno per lato), invece, parte dai nervi spinali cervicali e innerva buona parte del diaframma.
Se una parte di questi lunghi nervi si irrita, si può verificare un attacco di singhiozzo. Vago e frenico possono essere disturbati da varie cause. Al termine di un pasto, per esempio, la maggiore dilatazione dello stomaco può interferire con i due nervi, portando a una loro reazione che turba i normali segnali nervosi ricevuti dal diaframma, facendolo contrarre in modo anomalo. Il singhiozzo può comunque venire anche a stomaco vuoto, per esempio se si sta ingerendo una bevanda gassata, che porta a una repentina e temporanea dilatazione delle pareti dello stomaco. Un attacco di singhiozzo può anche verificarsi dopo un accesso di tosse particolarmente intenso, per esempio dovuto a qualcosa andato per traverso (a volte è sufficiente la saliva), o a uno sforzo come si racconta accadde a Osborne.
Solitamente i casi di singhiozzo durano pochi minuti e non lasciano conseguenze, ma come abbiamo visto molto può dipendere dalle loro cause e da come è fatto ciascuno di noi. Particolari stati di ansia, forte stress, mancanza di sonno, carenza di vitamine o di sali minerali, problemi all’apparato digerente, possono a loro volta causare il singhiozzo. Nel caso di condizioni croniche, gli episodi possono essere ricorrenti. In rare circostanze, gli spasmi possono essere causati da malattie come tumori al cervello, allo stomaco, ai polmoni o allo stesso diaframma. Anche le malattie neurologiche degenerative, come il Parkinson e alcune forme di sclerosi multipla, possono comportare una maggiore frequenza di episodi di singhiozzo.
Rimedi
I casi di singhiozzo riconducibili ad alcune di queste cause possono essere trattati facilmente, per esempio correggendo comportamenti o rimuovendo le cause più probabili degli attacchi. Viene consigliato di ridurre il consumo di bevande gassate o cibi piccanti, di mangiare più lentamente e di meno, eventualmente aumentando la frequenza dei pasti. Nei casi di singhiozzo persistente sono invece necessari esami e accertamenti per identificare problemi di salute che potrebbero essere più seri.
La lista dei rimedi casalinghi per occasionali episodi di singhiozzo è piuttosto lunga e comprende spesso soluzioni alquanto creative, che per alcune persone funzionano e per altre no. Un rumore forte e repentino per spaventare chi ha il singhiozzo sembra funzionare perché porta a una reazione nervosa che interrompe i singulti. Altre attività, come trattenere il respiro o bere lentamente alcuni sorsi d’acqua senza respirare, sembrano aiutare perché concentrano l’attenzione su qualcos’altro: ci si tranquillizza e di conseguenza si rilassa il diaframma, con una riduzione degli spasmi. Non tutti gli esperti concordano comunque su queste spiegazioni e non si può escludere che talvolta il singhiozzo passi da solo, casualmente proprio nel momento in cui si sta sperimentando qualche soluzione per farselo passare.
Ali Seifi è un neurologo dell’Università del Texas di San Antonio (Stati Uniti), è esperto di danni cerebrali ed è considerato un punto di riferimento quando si parla di singhiozzo. Ritiene che in fin dei conti nei rimedi casalinghi ci sia un po’ di scienza, come di recente all’Atlantic: «Si sono diffusi grazie a prove ed errori». Seifi ritiene che i rimedi validi abbiano un elemento in comune: una piccola variazione della pressione interna che influisce sul comportamento del diaframma. Il problema è che non sempre consentono di raggiungere la giusta pressione, di conseguenza non funzionano tutte le volte.
Partendo da queste considerazioni, nel 2015 Seifi iniziò a lavorare a un nuovo dispositivo che permettesse di ottenere la pressione desiderata sul diaframma. Dopo vari prototipi, arrivò a sviluppare una sorta di cannuccia che genera mentre si beve una pressione in grado di fare abbassare il diaframma e far muovere l’epiglottide. La cannuccia si chiama ed è in vendita da un paio di anni a poco meno di 14 dollari. Non funziona sempre, anche perché come abbiamo visto le cause del singhiozzo possono essere molteplici, ma la maggior parte di chi l’ha sperimentata ha detto di avere ottenuto migliori rispetto ad altri rimedi casalinghi.
C’è però un altro sistema che sembra offrire buoni risultati e che non comporta l’acquisto di una cannuccia. Lo segnalò una ventina di anni fa Luc Morris, un chirurgo specializzato nei tumori della testa e del collo oggi presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. Quando ancora era uno studente universitario, aveva scritto una sulla rivista scientifica Anesthesia & Analgesia segnalando una tecnica che aveva definito “inspirazione sovra-sovramassimale” (SSMI).
La SSMI prevede di espirare completamente, poi di fare un grande respiro e di trattenere il fiato per dieci secondi. Al termine del breve intervallo non si deve subito esalare, ma occorre inalare ancora un po’ di aria e attendere altri cinque secondi, inalando poi ancora un po’ di aria. Alla fine, si esala e si torna a respirare normalmente. A quel punto il singhiozzo dovrebbe essersene andato, almeno secondo l’esperienza di Morris.
In un esperimento condotto su 19 volontari (12 uomini e sette donne) con singhiozzo che durava da 20 minuti a 8 ore a seconda dei casi, Morris riscontrò una «fine immediata» dei singulti in 16 casi su 19, pari all’84 per cento. Gli altri tre volontari non erano riusciti a completare l’intera operazione di respiri successivi da trattenere, rendendo quindi difficile la valutazione di casi in cui il sistema non funziona e basta.
Morris non ha mai condotto uno studio clinico più ampio e approfondito, sia per motivi di tempo sia per la mancanza di finanziamenti. Non c’è un grande interesse da parte di potenziali finanziatori, sia pubblici sia privati, anche perché uno studio di questo tipo potrebbe portare alla conclusione che basta respirare in un certo modo per farsi passare il singhiozzo, nulla di particolarmente redditizio.