More stories

  • in

    Sono state trovate altre due specie di granchi alieni nell’Adriatico

    Il granchio blu non è l’unica specie di granchi alieni presente nel mar Mediterraneo: ne sono state trovate almeno altre due. Mercoledì l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRBIM) ha annunciato il ritrovamento di un granchio della specie Charybdis feriata, chiamata anche “granchio crocifisso”, al largo delle coste di Senigallia, in provincia di Ancona. E uno studio pubblicato ad agosto da un gruppo di ricerca dello stesso istituto dava conto della presenza di una terza specie, il granchio blu del mar Rosso (Portunus segnis), sempre vicino ad Ancona e nel mar Ionio, vicino alle coste calabresi.Il granchio crocifisso è una specie originaria delle acque tropicali e subtropicali dell’oceano Indiano e dell’oceano Pacifico e ha grandi dimensioni: i maschi possono arrivare a pesare un chilo. Come i granchi blu, vengono pescati e mangiati nelle zone di origine. Secondo i ricercatori dell’IRBIM potrebbe essere arrivato nel Mediterraneo nello stesso modo in cui si pensa sia arrivato il granchio blu: nelle acque di zavorra delle navi mercantili, cioè nell’acqua che le grandi imbarcazioni prelevano dal mare per mantenersi stabili durante la navigazione e che possono poi disperdere a migliaia di chilometri di distanza.Il granchio crocifisso trovato al largo di Senigallia è il primo individuo della specie segnalato nell’Adriatico, ma già nel 2004 ne era stato segnalato uno vicino a Barcellona, in Spagna, e più di recente altri vicino a Livorno (2015) e nel golfo di Genova (2o22): tutti insomma sono stati avvistati vicino a grandi porti, e dato che finora i ritrovamenti sono stati pochi si può pensare che per il momento la loro presenza sia sporadica e limitata ad alcuni individui.Il granchio blu del mar Rosso trovato nell’Adriatico (Ernesto Azzurro, CNR-IRBIM)– Leggi anche: Nei mari della Calabria sono stati avvistati due pesci scorpioneAnche per il granchio blu del mar Rosso è stata ipotizzata la stessa origine. Per entrambe le specie, almeno per il momento, i ricercatori dell’IRBIM non temono che si possa arrivare una proliferazione simile a quella del granchio blu (Callinectes sapidus), che in alcune zone d’Italia è diventato una specie invasiva e ha causato grossi danni alle specie autoctone e agli allevamenti di molluschi. Infatti le temperature dei mari che circondano l’Italia sono probabilmente troppo basse perché le due specie di granchi ci si possano trovare bene al punto da creare nuove popolazioni.«Considerate le caratteristiche ecologiche del granchio crocifisso e la sua tolleranza termica, non riteniamo che ci sia il rischio di un’invasione di questa specie in Adriatico», ha detto Ernesto Azzurro, biologo dell’IRBIM di Ancona, che aveva commentato in modo simile lo studio sul granchio blu del mar Rosso. Tuttavia Azzurro e i suoi colleghi hanno sottolineato che le cose potrebbero cambiare, dato che per via del cambiamento climatico causato dalle attività umane anche le temperature del mar Mediterraneo stanno aumentando: «L’attuale aumento delle temperature sta favorendo il successo di specie tropicali invasive, ed è molto importante monitorare la presenza e la distribuzione di questi alieni in stretta collaborazione con i pescatori».Al di là dei granchi nuotatori, negli ultimi anni si sono viste sempre più specie animali aliene nel Mediterraneo. Spesso si tratta di pesci e spesso arrivano dal mar Rosso attraverso il Canale di Suez: come nel caso del pesce scorpione (di cui quest’estate sono stati trovati due individui in Calabria). Il Mediterraneo e il mar Rosso sono collegati dal Canale fin dal 1869, ma è solo negli ultimi decenni che certe specie hanno cominciato a migrare dall’uno all’altro perché il cambiamento climatico ha reso il Mediterraneo più ospitale per certi animali del mar Rosso. Dal 1869 al 2008 sono state almeno 63 le specie che sono arrivate nel Mediterraneo dal mar Rosso.– Ascolta anche: Vicini e lontani, il podcast sulle specie aliene prodotto dal Post con Oikos LEGGI TUTTO

  • in

    La formica di fuoco è arrivata in Europa, in Sicilia

    In un’area di 4,7 ettari in provincia di Siracusa, in Sicilia, sono stati trovati 88 diversi nidi di formica di fuoco (Solenopsis invicta), una delle specie più invasive al mondo: è la prima volta che la sua presenza viene individuata in Europa. È infatti una specie animale aliena, o alloctona, che l’azione diretta o indiretta delle persone ha spostato in zone diverse rispetto al suo ambiente abituale. Originarie del Sud America, le formiche di fuoco sono arrivate in Australia, Cina, Caraibi, Messico e Stati Uniti in meno di un secolo: potrebbero potenzialmente diffondersi in modo molto rapido in Italia come nel resto d’Europa, con possibili impatti gravi su ecosistemi e agricoltura. La velocità della diffusione della specie è dovuta alla creazione di cosiddette supercolonie, che prevedono la presenza di più formiche regine.– Ascolta anche: Storie di granchi blu e altre specie invasive, nell’ultima puntata di Ci vuole una scienzaLa presenza in Europa delle formiche di fuoco è stata certificata in uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology e condotto dall’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica, in collaborazione con l’Università di Parma e l’Università di Catania. In precedenza i ricercatori avevano trovato formiche di fuoco in prodotti importati in Spagna, Finlandia e Paesi Bassi, ma non era mai stata individuata una colonia sul territorio europeo. Quella siciliana, secondo le analisi genetiche, potrebbe essere composta da insetti provenienti da Stati Uniti o Cina.Le formiche di fuoco sono di colore bruno rossastro e hanno una lunghezza che va dai 2 ai 4 millimetri. Sono dotate di un pungiglione velenoso, che provoca punture molto dolorose, simili a una scottatura con una piccola fiamma, caratteristica da cui hanno preso il nome. Secondo lo studio gli abitanti della zona della provincia di Siracusa dove sono stati trovati i nidi segnalano punture di questo tipo già del 2019, cosa che fa pensare che l’ampiezza delle colonie potrebbe essere anche superiore a quella stimata.(Wikicommons)Uno degli autori dello studio, Mattia Menchetti dell’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica (IBE), ha spiegato all’Ansa che i «principali tipi di danni per l’uomo riguardano le apparecchiature elettriche e di comunicazione, e l’agricoltura». Le formiche di fuoco possono infatti infestare apparecchiature elettriche presenti anche in automobili e computer, possono danneggiare i raccolti ma soprattutto hanno un impatto sulle specie autoctone degli ecosistemi in cui si diffondono: «È un predatore generalista, e nei luoghi in cui si insedia causa la diminuzione della diversità di invertebrati e piccoli vertebrati».Secondo uno studio pubblicato su Nature la formica di fuoco è la quinta specie invasiva per danni economici causati nel mondo: negli Stati Uniti sono stati stimati in 6 miliardi di dollari ogni anno. Secondo lo studio dell’IBE, anche in ragione del riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra dovute alle attività umane, il 7 per cento del territorio europeo e il 50 per cento delle città del continente presentano un ambiente con condizioni adatte alla diffusione della specie, che predilige i climi caldi. La Regione Sicilia ha messo in atto un piano di monitoraggio e di eradicazione di questa specie di formica: come per altre specie alloctone questa operazione può però essere complessa.– Ascolta anche: Vicini e lontani, un podcast sulle specie aliene LEGGI TUTTO