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    “Strumenti utili per scelte consapevoli”. L’evento di Moneta

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    Dopo il debutto di sabato 5 aprile in edicola, “Moneta” arriva con il suo secondo numero. Se cinque giorni fa il nuovo inserto economico diretto da Osvaldo De Paolini, allegato a Il Giornale, Libero e Il Tempo, aveva puntato molto su u rapporto riservato – dove sono indicati gli oltre 50 obiettivi industriali che potrebbero essere colpiti dal cielo e da terra in caso di un conflitto – e una lunga intervista all’architetto Massimiliano Fuksas a cura di Hoara Borselli, domani il focus sarà sull’agricoltura, con un allarme di Enzo Gesmundo (Coldiretti): l’Italia importa il 40% di grano, mais e soia a causa di abbandono dei campi e cementificazione. Presente, inoltre, anche un’intervista ad Alessandro Foti (Fineco) sui dazi e sul ruolo delle banche nello scenario economico globale.A presentare le novità del fresco settimanale di approfondimento economico, in occasione di un evento ufficiale a Palazzo Mezzanotte, a Milano, sono proprio Osvaldo De Paolini e Hoara Borselli.Il sottotitolo del periodico reca la dicitura “Il dritto e il rovescio dell’Economia”. Ed è proprio questo l’obiettivo che si vuole porre “Moneta”. “C’era la necessità di pubblicarlo, perché l’economia è diventata un affare di popolo e non più riservato a pochi e bisogna spiegarla in maniera semplice ma non banale”, afferma Borselli nel dare il benvenuto a tutti gli invitati. Secondo il direttore De Paolini l’esigenza dell’inserto è dovuta al fatto “di rafforzare il prestigio di un giornale con un tema che interessa tutti”. Quindi: “Un passo da fare con tre quotidiani generalisti”. Il nome è merito del caporedattore Massimo Restelli. “In fondo questa è un po’ una zecca”, aggiunge il giornalista economico, il quale cita una frase del premio Nobel Carlo Maria Cipolla: “La moneta è la sintesi dell’economia”. La missione è chiara: “Offrire ai lettori qualcosa che può essere utile”. ed entrare nelle case dei lettori in modo tale che “le loro scelte siano consapevoli”. LEGGI TUTTO

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    Briatore: “Vi spiego che cosa passa per la testa del mio amico Donald Trump”

    Flavio Briatore, 75 anni, è un fuoriclasse tra gli imprenditori italiani, vive molto all’estero e conosce bene l’America. Lo incontro nella lobby di un hotel in centro, a Milano. Abbigliamento sportivo, occhiali colorati, quel modo di palare diretto e mai democristiano. Conosce Trump da anni e oggi può aiutarci a capire cosa passi nella testa del suo amico.Questa decisione di sospendere i dazi all’Europa per novanta giorni è una inversione di marcia?«Lei pensa che Trump possa invertire la marcia? Non esiste. Può fare delle mosse tattiche, ma Trump è un treno. Quando si muove non lo fermi. E se gli vai contro ti travolge. La decisione di rinviare tutto di 90 giorni dimostra che fa sul serio. Ragiona, medita, usa il metodo dello stop and go».Ma lei se l’aspettava questa decisione di aprire la guerra dei dazi?«No, nessuno se lo aspettava. E quando fai una cosa che nessuno si aspetta, la cosa risulta ancora più violenta. Lui ha messo mano ai dazi appena insediato e questo ha scombussolato tutto il sistema mondiale. Vedrà che va avanti. Poi arriverà il momento nel quale ci saranno delle negoziazioni con altri paesi, ma lui arriverà a negoziare solo da posizioni di forza. E niente sarà più come prima. Questo è sicuro. La gente pensa che torna indietro. Non torna indietro».Se le avesse dette in campagna elettorale le cose che sta facendo?«No, non le avrebbe dette in campagna elettorale. In campagna elettorale diceva America Again, probabilmente già pensava queste cose ma non poteva dirle. Sennò perdeva le elezioni».Ma dove vuole arrivare?«Lui vuole fare tornare in America i soldi che prima uscivano. Dice che vuole far finire il banchetto».Quale banchetto?«Quello degli europei e dei cinesi che hanno usufruito del mercato americano per anni non pagando dazi».Ma se il mercato europeo si chiude all’America, per l’America non è un danno serio?«L’America non è che ha tanti prodotti da esportare. Le macchine americane non sono bellissime. Poi un po’ di tecnologia. Basta. Certo non esporta moda, cibo, vino. E allora il suo obiettivo è quello di portare le aziende in America. Dice agli imprenditori europei: volete vendere in America? Benissimo, venite a produrre in America».Le borse ieri si sono un po’ riprese, ma solo dopo l’annuncio della moratoria. Prima erano crollate.«Beh, un crollo così delle borse non si vedeva da anni».Trump non si preoccupa per il crollo delle borse? E non teme di perdere il mercato europeo? 450 milioni di persone…«Per l’America, l’Europa non è fondamentale. Agli americani dell’Europa interessa poco. Gli interessano la Cina e la Russia».Non rischia il muro contro muro?«A lui piace fare il muro contro muro. Crede che sia un buon metodo per poi negoziare meglio. E negozierà. Ma qualunque cosa succeda l’America sarà in una condizione diversa da quella di prima».E come la vede l’uscita di Musk che ha auspicato la politica dei dazi zero?«Credo che sarebbe una grande cosa andare a tassi zero. Liberalizzazione totale. Ma non è questo all’ordine del giorno».E allora perché Musk lo ha detto?«C’è da dire che Musk, che fin qui è stato l’anima dell’economia di Trump, in questo momento è un po’ in crisi. È ferito dall’andamento negativo della Tesla. E poi lui ha la percezione di stare sulle palle della gente».Questa uscita di Musk, Trump come l’ha presa?«Non lo so. Ma chi decide è Trump non è certo Musk».Delle volontà di conquiste territoriali dichiarate da Trump (Canada, Groenlandia, Panama) cosa ne pensa?«Mi sembrano cose un po’ da matti. Credo che siano più che altro delle boutade. Lui dice cose che solo lui può dire».Lei giustifica questi atteggiamenti di Trump?«Non è che giustifico. Ha dato uno shock economico a tutti. È inutile che giudichiamo: prendiamone atto. Lui è la realtà. E lui è il potere».Prima di lui Reagan aveva fatto una politica contro i dazi…«Sì. Una cosa è certa; la competizione è sana. Se l’America arriva a non avere più competizione, ci perde. Perde in conoscenze, in tecnologie, in missione. Sono convinto che l’America, alla lunga, pagherà questa politica».Questo Trump lo sa?«Si, lo sa. Ma crede che prima bisogna fare rientrare tutto il disavanzo. E pensa che con i dazi e con una politica che indebolisca il dollaro questo possa succedere».Vuole anche abbassare il costo del denaro?«Si, è così. E non c’è dubbio che il mix tra chiusura dei mercati e abbassamento del costo del denaro produce inflazione. L’inflazione colpisce prima di tutto i poveri, cioè quelli che l’hanno votato».Dicono che voglia favorire il gruppo che gli sta intorno…«Ma chi? Quattro amici? Non metti a rischio il mondo per quattro amici. E poi i suoi amici sono miliardari, non hanno bisogno di altri soldi».Questi miliardari come vedono la svolta di Trump?«Credo che inizino a vederla con l’occhio storto…».Cosa dovrebbe fare l’Europa?«Essere unita e sedersi al tavolo e fare delle proposte di negoziato. Cercare di trovare il compromesso. E poi scegliere qualcuno che la rappresenti. Se invece ogni Stato negozia per conto suo, la forza degli europei diminuisce».Come vede Giorgia Meloni?«La Meloni in Europa è la leader indiscussa. È la migliore. Potrebbe essere lei a rappresentare l’Europa».Se lei dovesse fare un bilancio del governo?«Basta guardare i sondaggi. Di solito quando sei al governo perdi punti. Invece la gente comincia a capire che erano anni che non avevamo un governo così solido. Le percentuali di gradimento della Meloni sono molto alte. Da quanto tempo un primo ministro non le aveva? Dai tempi di Berlusconi».Fuori d’Italia Giorgia Meloni come è vista?«Molto bene. Noi che viviamo all’estero ci accorgiamo che ora l’Italia è considerata una protagonista in Europa. Prima contavamo come l’acqua del cavallo».Bilancio?«Questo governo sta facendo cose molto importanti per il Paese. Bilancio super positivo».E l’impresa in Italia come va?«È tutto fermo perché purtroppo le banche non danno i soldi a chi produce. Fanno solo un gioco finanziario. Se un fornaio deve cambiare il forno non c’è una banca che lo finanzi. I piccoli imprenditori sono nei guai».Colpa delle banche?«Il diario giornaliero delle banche è quello della finanza, non quello industriale. All’estero è molto più facile fare delle start up».L’Italia avrebbe grandi potenzialità?«Certo. Le piccole imprese sono il tessuto forte del nostro Paese. Vanno aiutate».Come si può reagire a questa crisi? LEGGI TUTTO

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    “Assolombarda motore di sviluppo”

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    Un volume denso di parole e di immagini per raccontare le peculiarità di un territorio proiettato, per sua vocazione, al futuro. Un’area capace, in sedici lustri, di avviare una lunga stagione di successi, fatta di intraprendenza e di sviluppo economico. Insieme. Assolombarda. La nostra storia, edito da Marsilio Arte e curato da Fondazione Assolombarda in occasione dell’80° anniversario dell’Associazione, mette in luce saperi e competenze di un ecosistema che, da sempre, esprime una cultura del fare tipica della tradizione ambrosiana e lombarda, grazie all’opera di 7mila aziende impegnate nei comparti della manifattura e dei servizi.«Sono le nostre imprese», scrive il presidente Alessandro Spada nella sua introduzione al testo, «che producono ricchezza, alimentano in modo determinante i sistemi di welfare, generano inclusione e coesione sociale, presidiano i processi di innovazione, competitività e sostenibilità, partecipano a quelli di internazionalizzazione, contribuiscono alla cultura materiale e immateriale del Paese, costruiscono saperi politecnici, forgiano simboli, concorrono alla nostra proiezione nel mondo». Attraverso testimonianze dirette e documenti provenienti da importanti archivi storici, il volume, in 272 pagine ricche di immagini inedite, intende valorizzare il contributo offerto dalle imprese nella cornice dei principali eventi storici dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri.La storia di Assolombarda, aggiunge il Direttore Generale Alessandro Scarabelli nella sua nota che apre il volume, «è un racconto di visione, impegno e trasformazione. Questo libro celebra oltre un secolo di vita dell’Associazione, un viaggio che ha accompagnato Milano, la Lombardia e l’Italia lungo i momenti più intensi e significativi dello sviluppo economico, sociale e culturale».Il libro – disponibile nelle più importanti librerie a partire da oggi – è arricchito dalle testimonianze dei past president Carlo Bonomi (2017-2020), Gianfelice Rocca (2013-2017), Alberto Meomartini (2009-2013), Diana Bracco (2005-2009), Michele Perini (2001-2005), Benito Benedini (1997-2001) e dagli interventi di Antonio Calabrò (Presidente Fondazione Assolombarda e di Museimpresa) e Geoffrey Pizzorni (Centro per la cultura d’impresa).Nove personalità, infine, hanno fornito un contributo sulle prospettive della Grande Milano e dei territori rappresentati da Assolombarda, indicando proposte e progetti su temi legati alle istituzioni, all’ambiente, alla cultura, alla trasformazione urbana e al capitale sociale. Si tratta di Piero Bassetti, Salvatore Carrubba, Ferruccio de Bortoli, Amalia Ercoli Finzi, Giovanna Iannantuoni, Mario Monti, Carlo Ratti, Gianfranco Ravasi e Carlo Sangalli. LEGGI TUTTO

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    Stm, l’arrocco di Parigi ci regala 2.800 esuberi

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    Nel pieno della bufera politica tra Italia e Francia sulla governance di StM, il cds del gruppo dei chip torna a ribadire la fiducia all’ad Jean-Marc Chery e in occasione dell’incontro al Mimit sul piano industriale garantisce che «nessuno degli attuali siti di StM in Italia e nel mondo, verrà chiuso e ciascuno continuerà ad avere un ruolo e una missione specifica». In base alle proiezioni attuali, il programma prevede che fino a 2.800 persone, a livello globale, lascino l’azienda tra 2026 e 2027 su base volontaria, oltre al turnover naturale. StM procederà, poi, a una sorta di riequilibrio tra gli investimenti in Italia e Francia: «L’Italia gioca un ruolo chiave nella strategia globale di StM, sia per la ricerca e sviluppo, che per la produzione», ha garantito il gruppo. Basterà per mettere pace tra Parigi e Roma dopo il caso Sala e la dichiarata sfiducia del Mef all’attuale ad Chery?Dopo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ieri a parlare è il ministro delle Imprese Adolfo Urso (in foto): «Sappiamo che vi sono stati degli errori sui prodotti da sviluppare, forse dovuti anche agli evidenti squilibri nella governance, ma noi siamo per confrontarci e determinare il piano Italia di StM», ha detto il ministro ribadendo la volontà del governo di «riportare il nostro Paese al centro dello sviluppo industriale della multinazionale». Urso ha poi chiamato in causa problemi di mercato, dovuti anche al crollo dell’industria dell’auto per le folli regole del Green Deal su cui l’azienda aveva puntato molto.Intanto, sempre ieri, il consiglio di sorveglianza ha rinnovato il supporto ai vertici dopo la sfiducia del Mef. Con un comunicato, il consiglio conferma «il suo rinnovato supporto a Jean-Marc Chery, Lorenzo Grandi e i manager, soprattutto nella capacità di eseguire la trasformazione in tempi difficili per l’industria dei semiconduttori».Rispedite al mittente anche quelle che il consiglio definisce «false accuse su transazioni personali compiute dai due membri del consiglio di gestione della società alla vigilia dell’annuncio dei risultati» così come le preoccupazioni la class action in corso: il consiglio ha rivisto i processi e ritiene che la società abbia solide argomentazioni legali contro le accuse», si legge. LEGGI TUTTO

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    “Un territorio unico e dai tanti volti che coniuga industria, finanza e cultura”

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    «È il 25 giugno 1945 quando un gruppo di imprenditori raggiunge il notaio Augusto Bernasconi De Luca, nella sala delle adunanze in via Mercanti al numero 3, a Milano, per dare vita ad Assolombarda. Inizia così il racconto di Antonio Calabrò, Presidente di Fondazione Assolombarda e di Museimpresa, mentre sfoglia le pagine del volume Insieme. Assolombarda. La nostra storia. «È da qui che comincia una lunga stagione fatta di investimenti, trasformazioni e attività d’impresa che guideranno, in quegli anni, la ripresa italiana in un percorso tale da ribattezzare il boom economico come miracolo».Qual è la ricetta che ha reso il territorio di Assolombarda, in questi anni, un faro per l’intero Paese.«Il territorio rappresentato da Assolombarda, che trova in Milano il suo centro nevralgico, è la sintesi di storie, culture e tradizioni diverse: penso, in particolare, alla presenza di una industria di spessore, alle grandi banche, a una editoria capace di radicarsi a livello nazionale, alle più importanti testate giornalistiche italiane, al ruolo di celebri teatri, come la Scala, il Piccolo e il Teatro Parenti. Mondi che, nell’ambito di una città multiculturale, hanno dato vita a forme e a dinamiche d’impresa uniche nel loro genere. Anche l’industria, in tal senso, si è rivelata, negli anni, aggregatrice di conoscenze e creatività».Cultura, scienza e tecnologia, insomma, camminano di pari passo.«Mi permetta una provocazione: questo territorio unisce I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci: letteratura e scienza. Una peculiarità che, di fatto, scongiura la propagazione di culture unidirezionali. Milano è, da sempre, in grado di guardarsi dentro: una capacità, anche autocritica, che le consente di cogliere in anticipo le grandi trasformazioni sociali ed economiche in atto e di reagire, prontamente, adattandosi ai tempi».Il volume, oltre a raccontare la storia di Assolombarda, contiene anche i contributi di personalità del mondo dell’università, della cultura e delle istituzioni.«Sono personaggi che, attraverso i rispettivi osservatori, rappresentano dimensioni che, dall’esterno, parlano direttamente alle nostre sensibilità. Il perché è presto detto: le nostre imprese sono promotrici di una cultura politecnica che coniuga bellezza, qualità, sostenibilità, conoscenza scientifica e tecnologia, solidarietà, inclusione sociale e produttività. Elementi che sono distintivi anche di Milano, dei quali la città riesce a fare sintesi. Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini, scrive Walt Whitman’. Ecco, Milano è territorio di moltitudini».Quali sono, invece, i tratti attuali dell’impresa del territorio rappresentato da Assolombarda? LEGGI TUTTO

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    Giorgetti: “Italia credibile, ma possibile effetto dazi sulla crescita del Pil”

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    “È innegabile che le prospettive economiche appaiano oggi più incerte e complesse in confronto a sei mesi fa, quando il Piano fu inviato al Parlamento. Dovremo rispondere alle nuove esigenze legate alla sicurezza e alla difesa e al mutamento della politica estera e commerciale della maggiore economia del mondo”. A dirlo è il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nella relazione sui progressi compiuti nel 2024 contenuta nel Dpf (il nuovo Def) inviato alle Camere. “Si tratta di sfide assai complesse – afferma Giorgetti -, a cui il governo risponderà salvaguardando la disciplina di bilancio, il sostegno alle famiglie e i servizi sociali”.Il ministro ricorda che “gli indicatori ad alta frequenza relativi al primo trimestre di quest’anno prefigurano una ripresa della crescita del Pil e dell’occupazione”. Tuttavia, avvisa, “a partire dal secondo trimestre, l’andamento dell’economia italiana potrebbe risentire degli annunci riguardanti i dazi imposti dagli Stati Uniti e dell’elevato grado di incertezza circa l’evoluzione delle politiche tariffarie a livello globale”. Per questo motivo per il governo è “opportuno” adottare “stime prudenziali” per quanto riguarda l’andamento del Pil nei prossimi trimestri.In ogni caso l’Italia può affrontare le sfide derivanti dal nuovo scenario economico globale “con rinnovata credibilità”. “La peculiarità del sistema economico italiano esige la difesa dell’interesse nazionale nelle sedi europee e internazionali in questa fase di profondi e storici mutamenti”, dice quindi Giorgetti nel documento depositato questa sera al Parlamento.Per il governo, quindi, “un maggiore impegno su sicurezza e difesa dovrà necessariamente procedere di pari passo con il rilancio dell’industria nazionale nell’ambito di strategie condivise a livello europeo”. Ed è anzi “auspicabile” per Giorgetti che “il bilancio dell’Ue venga utilizzato in modo innovativo a sostegno degli investimenti per la sicurezza e la difesa”. Sul fronte del commercio internazionale, invece, “l’Italia continuerà a impegnarsi a favore del libero scambio e di regole eque e condivise anche riguardo ad aiuti pubblici alle imprese e alla politica industriale. Negli ultimi decenni la specializzazione produttiva della nostra economia si è riconfigurata sotto l’effetto della concorrenza internazionale. Non è opportuno né realistico – aggiunge – immaginare di invertire rotta, ma si dovrà invece rafforzare la competitività e la resilienza del sistema-Paese, migliorando le condizioni di contesto in cui le nostre imprese operano e aprendo nuove opportunità per le esportazioni e gli investimenti internazionali”. LEGGI TUTTO

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    Il Fisco apre alle escort. Ora possono avere la partita iva

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    Dal 1° aprile è ufficiale: anche chi esercita la professione di escort può aprire partita Iva ed emettere regolare fattura. Merito del nuovo elenco Istat 2025, che ha introdotto il codice Ateco 96.99.92: una categoria pensata per le “altre attività di servizi alla persona n.c.a.”, ma che di fatto spalanca le porte alla regolarizzazione fiscale dei sex worker.Il codice non menziona apertamente la prostituzione, ma è sufficiente leggere tra le righe: accompagnatori e accompagnatrici, agenzie di incontri, compagnia e intrattenimento. In pratica, un passepartout per esercitare in autonomia, nel rispetto della legge Merlin del 1958. Niente case chiuse né agenzie che intermediano: chi lavora deve farlo da solo, e senza vendere esplicitamente prestazioni sessuali. Il confine resta sottile, però: lo sfruttamento e il favoreggiamento restano reati, puniti severamente.Che la prostituzione autonoma generi reddito imponibile è un principio ormai consolidato. Lo ha sancito più volte la Cassazione: se l’attività è abituale, siamo nel campo del lavoro autonomo; se è occasionale, si tratta comunque di “redditi diversi”. In ogni caso, il Fisco non resta a guardare. Anche l’Agenzia delle Entrate può intervenire con controlli, redditometri e accertamenti. Lo conferma anche la Commissione tributaria della Liguria (sentenza 314/2021): anche il meretricio paga l’Irpef. LEGGI TUTTO

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    Agenzia delle dogane e dei monopoli, firmata una dichiarazione d’intenti con le dogane tunisine

    Il Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Roberto Alesse, e il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro durante la firma della dichiarazione d’intenti

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    È stata sottoscritta dal direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Roberto Alesse e dal Comandante Generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro una Dichiarazione di intenti con Mohammed Hedi Safer, Direttore delle Dogane tunisine. La firma è avvenuta alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia a Tunisi, Alessandro Prunas.Il documentoCon la sottoscrizione del documento, si formalizza il programma di attività bilaterali tra l’Agenzia e la Guardia di Finanza, da un lato, e l’Amministrazione doganale della Tunisia, dall’altro. La collaborazione doganale si articola in diverse attività operative, volte a condividere competenze tecniche e best practices e a pianificare visite studio – una delle quali organizzata presso la Scuola di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza – per la formazione dei funzionari doganali tunisini, sulle procedure per l’accertamento delle violazioni doganali e sulle metodologie applicate dai laboratori chimici dell’ADM.La Dichiarazione d’intenti è il risultato di un impegno condiviso e segna un momento significativo nel percorso di cooperazione tra le Autorità doganali del nostro Paese e quelle tunisine. Con la Tunisia, infatti, l’Italia ha sviluppato consolidati rapporti economici nel quadro di un partenariato a 360 gradi, sempre più solido e orientato al futuro.La presenza italiana in TunisiaIl nostro Paese è presente sul territorio tunisino con oltre 900 imprese e, in questo contesto, le Amministrazioni doganali svolgono un ruolo fondamentale nell’assicurare fluidità e sicurezza nei traffici commerciali, nel garantire la legalità e contrastare le frodi, favorendo, quindi, il commercio legittimo, la stabilità e lo sviluppo economico di entrambi i Paesi. In tale contesto, si sta realizzando il cosiddetto “Piano Mattei” per l’Africa del Governo, un ampio e articolato piano di cooperazione economico-finanziaria, che coinvolge i settori pubblici e privati allo scopo di attrarre investimenti preziosi nel continente africano.Le parole del direttore Alesse“Viviamo una complessa fase per le relazioni internazionali, piena di sfide impegnative, che impattano fortemente sulle attività delle Amministrazioni doganali ma che, allo stesso tempo, offrono l’opportunità di stringere alleanze strategiche tra Paesi amici. Tra questi, c’è è sicuramente la Tunisia. L’Agenzia intende fare la sua parte e si attiverà per elaborare con le Dogane tunisine una proposta concreta, in grado di supportare l’implementazione del sistema doganale, assicurando valore aggiunto e sostenibilità”, ha spiegato Alesse. LEGGI TUTTO