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    Moody’s, allarme crescita. Alla Bce spunta il piano B

    Moody’s lancia l’allarme dazi e taglia da stabile a negativo l’outlook sui rating sovrani globali. Colpa, appunto, dell’incertezza sulla politica commerciale e della potenziale revisione del commercio globale mentre la forte escalation in Medio Oriente conferma che «i rischi geopolitici continueranno a influenzare le condizioni del credito sovrano, con la possibilità di volatilità e improvvise turbolenze». L’agenzia di rating ha ridotto anche le stime di crescita nel 2025 «per tutte le regioni»: l’Europa Occidentale, dove sono state tagliate dello 0,3%, emerge come una delle aree «meno vulnerabili alle incertezze sul commercio» mentre vengono dimezzate, dal 2 all’1%, le previsioni sul pil del Nord America.Ma le economie più orientate all’export – come Germania, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia sono esposte nei settori automotive, componentistica elettronica e semiconduttori. Moody’s ha rivisto al ribasso di 0,5-1 punto percentuale le previsioni di crescita per queste economie nel 2025, anche se per la Germania le previsioni per il 2026 sono state migliorate in attesa di una ripresa più robusta dovuta al nuovo piano di spesa. Infine, Moody’s mette in evidenza la volatilità delle materie prime come ulteriore fonte di rischio.Nel frattempo, Donald Trump ha raggiunto un accordo commerciale con il Vietnam (che non imporrà dazi sui beni americani importati nel paese e pagherà una tariffa del 20% sulle sue esportazioni negli Stati Uniti), minaccia di aumentare i dazi sul Giappone e rialza la tensione con la Ue a una settimana dalla scadenza del 9 luglio (il giorno in cui in assenza di un accordo, la Casa Bianca imporrà i cosiddetti dazi ‘reciproci’ che erano stati introdotti ad aprile). LEGGI TUTTO

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    “Polizze, patto necessario per proteggere gli italiani”

    Un patto per un’Italia protetta e l’urgenza di una riforma del sistema della previdenza complementare. È quanto è emerso ieri nel corso dell’assemblea Ania dagli interventi del presidente dell’associazione, Giovanni Liverani, e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Si tratta, quindi, di delineare un percorso comune per affrontare le sfide del futuro.Liverani ha lanciato un appello per un’alleanza tra istituzioni, imprese e cittadini, sottolineando la necessità di proteggere il Paese dalle catastrofi naturali e di garantire un welfare sostenibile. “La sottoassicurazione è un rischio sistemico che penalizza l’Italia sui mercati globali”, ha affermato, evidenziando come solo il 7% delle abitazioni e delle imprese siano coperte da polizze contro calamità naturali. Un dato preoccupante, soprattutto se confrontato con la media europea del 2,6% dei premi assicurativi rispetto al Pil.Il presidente dell’Ania ha lodato la decisione del governo di introdurre l’obbligo di assicurazione per le imprese contro i disastri naturali, definendola una misura “coraggiosa e fondamentale”. Tuttavia, ha ribadito l’importanza di estendere questa protezione anche alle abitazioni private, non come una “tassa occulta”, ma come uno “scudo” necessario.Il secondo pilastro del discorso di Liverani ha riguardato il welfare, con un focus particolare sulla previdenza integrativa. “Soltanto il 38% dei lavoratori ha aderito a forme di previdenza complementare”, ha ricordato, sottolineando come il sistema contributivo puro comporti una riduzione del tenore di vita al momento del pensionamento. Per questo, ha invitato a un intervento sistemico che coinvolga istituzioni, imprese e cittadini, per ampliare le adesioni e migliorare l’efficacia del sistema.Sulla stessa linea si è espresso Giorgetti, che ha sottolineato la necessità di modernizzare il sistema della previdenza complementare, ancora regolato da un quadro normativo del 2005. “L’adesione è cresciuta, ma è lontana dai livelli riscontrabili in altri Paesi”, ha affermato, evidenziando la necessità intervenire per “modernizzare” il sistema, regolato da una normativa risalente al 2005, e “rafforzarne la diffusione, l’efficacia e l’equità”. Valutazioni condivise anche dal ministro del Lavoro, Marina Calderone. “La previdenza complementare necessita di una revisione, soprattutto nelle modalità di promozione dell’adesione a un secondo pilastro che sarà sempre più centrale nel futuro dei giovani lavoratori”, ha dichiarato aggiungendo che “è fondamentale sostenere l’assistenza sanitaria integrativa e affrontare i cambiamenti demografici in atto”. È un altro tema sul quale Ania e governo hanno evidenziato notevoli convergenze. Se Liverani ha parlato di “sostenere il Ssn con soluzioni assicurative che possano intermediare la spesa out-of-pocket dei cittadini (40 miliardi nel 2024) e valorizzare il ruolo integrativo delle assicurazioni”, Giorgetti ha sottolineato che il Pnrr ha stanziato “elevate risorse per rilanciare la sanità”. Di qui l’importanza di “rafforzare la collaborazione tra il pubblico, l’offerta di prestazioni private e le forme di sanità integrative”. LEGGI TUTTO

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    Giorgetti: “Serve una revisione della previdenza complementare”

    Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha aperto il suo intervento all’assemblea dell’Ania, l’associazione delle compagnie assicurative italiane, ribadendo la solidità economica dell’Italia. Il ministro ha sottolineato come il Paese stia attraversando un periodo di “crescita solida”, con l’occupazione in aumento e l’inflazione sotto controllo. In particolare, ha ricordato che il “deficit pubblico è in progressiva riduzione, previsto al 3,3% del Pil nel 2025”, con un percorso di riduzione graduale negli anni a venire. In questo contesto, ha ribadito l’impegno del governo italiano a mantenere un’impostazione di “serietà e responsabilità nei conti pubblici”, pur sostenendo al tempo stesso “investimenti, competitività e export a beneficio della crescita strutturale delle nostre imprese e dell’economia nazionale”.La previdenza integrativaIl vero tema caldo emerso dall’intervento di Giorgetti è stato quello della riforma della previdenza integrativa, un sistema che, come ha ricordato il ministro, è ancora regolato dal quadro normativo del 2005. In un contesto sociale e demografico ormai mutato, ha sollevato la necessità di intervenire per “modernizzare” il sistema e “rafforzarne la diffusione, l’efficacia e l’equità”. Ha affermato che “l’adesione alle forme previdenziali integrative è cresciuta, ma è lontana dai livelli riscontrabili in altri Paesi”, nonostante gli “interventi fiscali favorevoli”. In particolare, ha messo in evidenza che i rendimenti delle forme previdenziali italiane “non sempre si discostano in modo significativo da quelli conseguiti optando per il mantenimento del Tfr in azienda o destinandolo all’Inps”, sottolineando che questo non basta a garantire una protezione adeguata per i lavoratori, né a risolvere il “pension gap”.Giorgetti ha insistito sul fatto che un “sistema di previdenza complementare maggiormente sviluppato” è necessario non solo per ridurre il gap pensionistico, ma anche per contribuire al “finanziamento e allo sviluppo del sistema Paese”. Ha chiuso questa sezione affermando che l’Italia deve “rispondere agli interessi dei singoli e a quello generale di un sistema di previdenza complementare più competitivo”.L’ironia sulle compagnie assicurativeNel corso del suo intervento, Giorgetti non ha risparmiato una certa ironia nei confronti delle compagnie di assicurazione italiane, facendo riferimento alla loro scelta di ridurre gli investimenti in titoli di stato italiani (Btp) proprio nel momento in cui il consenso internazionale nei confronti dell’Italia stava crescendo. “È curioso che questa diminuisca mentre il consenso generale aumenta”, ha detto, riferendosi al fatto che nel 2024 gli investimenti delle compagnie assicurative italiane in titoli di stato italiani sono scesi al 21,2%, rispetto al 2023. Questo calo è avvenuto in un periodo in cui, come sottolineato dal ministro, il “rating del nostro Paese è aumentato e lo spread con i Bund tedeschi è sceso”, segnalando un crescente riconoscimento internazionale della stabilità dell’Italia.Tuttavia, nonostante questo calo, Giorgetti ha rassicurato che “abbiamo ovviato a questa diminuzione”, facendo intendere che, nonostante l’ironia, l’Italia sta comunque procedendo con una gestione solida e responsabile dei suoi conti pubblici.La vigilanza europeaUn altro tema sollevato dal ministro è stata la necessità di una vigilanza europea più coerente e omogenea nel settore assicurativo. Giorgetti ha parlato della “vigilanza di tipo europeo” come un obiettivo da perseguire, ma ha precisato che ciò “non necessariamente comporta un passaggio di poteri dalle autorità nazionali alle autorità europee”, bensì dovrebbe comportare una “capacità di coordinare e uniformare le pratiche di vigilanza nazionali”. In questo contesto ha richiamato la recente crisi di Eurovita nel 2023, sottolineando che l’episodio si è concluso positivamente “senza che si sia realizzata alcuna perdita di valore per gli assicurati”.Giorgetti ha quindi esortato a una maggiore “simmetria delle regole e delle prassi” a livello europeo per evitare che una compagnia, grazie alla sua giurisdizione di origine, possa godere di vantaggi ingiustificati rispetto alle concorrenti. “Il mercato unico deve garantire al cittadino assicurato le medesime tutele quale che sia l’origine della controparte”, ha concluso, ribadendo la necessità di un “level playing field” a livello europeo.Le sfide future: assistenza sanitaria e calamità naturaliInfine, Giorgetti ha trattato due ambiti in cui il settore assicurativo può giocare un ruolo decisivo nell’interesse pubblico. Il primo riguarda la crescente domanda di assistenza sanitaria, legata all’invecchiamento della popolazione. Il ministro ha ricordato che il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” ha stanziato “elevate risorse per rilanciare la sanità” e ha sottolineato l’importanza di “rafforzare la collaborazione tra il pubblico, l’offerta di prestazioni private e le forme di sanità integrative”. LEGGI TUTTO

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    Terremoto, rapporto sisma 2016. Castelli: “Risultati concreti e incoraggianti anche sull’occupazione”

    Premio alla ricostruzione e al rilancio del Centro Italia: i dati più recenti, presentati dal Commissario straordinario Guido Castelli, mostrano risultati concreti e segnali incoraggianti sia sul fronte della crescita economica sia dell’occupazione. Durante la conferenza stampa tenutasi oggi a Roma, Castelli ha sottolineato come la strategia messa in campo, grazie al sostegno del Governo e alla piena collaborazione delle Regioni, stia guidando una rinascita reale nelle aree colpite dal sisma.Secondo il Rapporto, aggiornato ai primi cinque mesi del 2025, il numero di nuclei familiari rientrati nelle proprie abitazioni è in costante aumento: solo nell’ultimo anno sono tornate a casa 1.340 famiglie, mentre negli ultimi tre anni sono oltre 4.000 i nuclei che hanno potuto recuperare la propria dimora abituale. Tuttavia, nei 138 Comuni del cratere sismico restano ancora circa 10.000 nuclei familiari – pari a oltre 20.000 persone – in attesa di una sistemazione definitiva, un dato che conferma quanto sia ancora cruciale mantenere alta l’attenzione sul tema della ricostruzione e del contrasto allo spopolamento.La ricostruzioneUn capitolo di particolare rilievo è rappresentato dalla ricostruzione degli edifici di culto, che hanno un forte valore simbolico, culturale e spirituale per le comunità locali. Tra il 2016 e il 2017, sono stati danneggiati 2.456 edifici di culto, pubblici e privati, di cui 1.270 (escludendo quelli pubblici) sono attualmente in fase di intervento, con un investimento complessivo di circa 738 milioni di euro. Solo negli ultimi due anni, inclusi i primi quattro mesi del 2025, sono stati approvati 121 progetti, pari al 50% di tutti quelli definiti nelle conferenze permanenti di coordinamento.Il fronte occupazionaleI risultati sono altrettanto positivi. Le due Macro-misure di NextAppennino hanno avuto un impatto decisivo non solo sulla crescita economica, ma anche sull’aumento dei posti di lavoro nelle regioni colpite dal sisma. I dati del Cresme indicano la creazione di 4.631 nuovi posti in Abruzzo, 1.233 nel Lazio, 8.521 nelle Marche e 913 in Umbria. Grazie all’efficienza migliorata nei processi produttivi, favorita dalla digitalizzazione e dal potenziamento delle infrastrutture, l’occupazione è aumentata a un ritmo del 7% nei 138 Comuni del cratere tra il 2022 e il 2024. Nel complesso, il tasso di crescita occupazionale è stato del 12,4%, un valore significativamente superiore alla media nazionale del 3,9% e più alto rispetto a regioni quali Lombardia ed Emilia-Romagna.Il ritorno alla normalitàCastelli ha concluso la conferenza ricordando che, nonostante i progressi, “c’è ancora molto da fare e nessuna distrazione è possibile”. L’obiettivo primario rimane il ritorno alla normalità per le tante persone ancora fuori dalle loro case e la lotta allo spopolamento, che da anni colpisce duramente queste comunità. La strategia fin qui adottata – ha evidenziato – dimostra che il declino dei territori non è inevitabile e che un nuovo sviluppo, basato su sicurezza, sostenibilità e legalità, può garantire la rinascita del Centro Italia, rappresentando un modello replicabile anche in altre aree dell’Appennino. LEGGI TUTTO

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    Aeroporto di Bologna: Consob accende il faro

    Consob accende un faro sulla governance dell’aeroporto di Bologna dopo che un blitz della Camera di Commercio contro le minoranze, e a favore di militanti politici dell’asse Pd-M5Stelle, è stato tentato (e scongiurato) in extremis. A raccontarlo era stato, il 20 giugno, il settimanale Moneta, ma ora – quello che poteva definirsi un “cortocircuito” – diventa un caso e proprio alla vigilia dell’inizio dei lavori per valutare un aumento alle remunerazione del presidente Enrico Postacchini. Tutto è iniziato il 29 aprile, quando l’assemblea dello scalo di Bologna ha visto i soci confrontarsi su un’inusuale proposta di modifica dello statuto. Al tavolo, tutti gli azionisti, tra cui la Camera di Commercio di Bologna (44,06%), e il socio di minoranza Mundys (29,38%). E sul tavolo, lo “strano caso” delle modifiche statutarie e delle nomine. Se, infatti, fino a quel momento il numero deiconsiglieri ammontava a 9, distribuiti tra i soci di maggioranza (6) e di minoranza (3), con la modifica proposta dall’azionista di maggioranza – Camera di commercio di Bologna – si è cercato di passare da 9 a 11 consiglieri. Un blitz che avrebbe portato la Camera di Commercio a nominare fino a 8 consiglieri (da 6) contro i 3 che avrebbe potuto continuare a nominare l’azionistadi minoranza, Mundys.Con l’effetto di diluire il potere di voto delle minoranze. Un blitz, tentato e sventato, a cui ha fatto seguito quello sul collegio sindacale, nella stessa assemblea. LEGGI TUTTO

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    Bozzetti a Fondazione Fiera Milano. Fontana: “Aspettiamo altri successi”

    Giovanni Bozzetti (in foto) è stato designato presidente della Fondazione Fiera Milano dalla giunta regionale lombarda, con la proposta avanzata dal governatore Attilio Fontana. La decisione dovrà essere approvata dal consiglio regionale. Il nuovo incarico segna un cambiamento ai vertici della Fondazione Fiera Milano, dove Bozzetti prenderà il posto di Enrico Pazzali.«Si apre una nuova presidenza, si apre una nuova governance. Mi auguro che non sia una nuova era, perché quella che si conclude è stata un’era molto bella», ha commentato il governatore Fontana sottolineando i successi ottenuti dalla Fondazione sotto la presidenza di Pazzali e ricordando, tra le altre cose, il supporto dato all’ospedale in Fiera e ai centri vaccinali, oltre alla realizzazione della pista di pattinaggio. «I risultati ottenuti sono eccellenti. La Fondazione ha assunto un valore che va oltre il passato: è entrata nelle dinamiche della città, ha affrontato problemi reali e dato una mano concreta anche in situazioni drammatiche», ha aggiunto il presidente della Regione.Quando gli è stato chiesto un commento sulle critiche del Partito Democratico, Fontana ha risposto con fermezza: «Il Pd farebbe bene a guardare in casa propria.Perché quando ahimè, soprattutto per i cittadini italiani capita loro di governare, le loro spartizioni sono ben più violente». LEGGI TUTTO

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    Ex Ilva, gli azeri sbattono la porta

    La corda si è spezzata. Il filo rosso che ancora univa Baku Steek a Taranto per salvare e rilanciare il polo siderurgico dell’acciaio è svanito. Secondo indiscrezioni raccolte dal Giornale, l’esito del vertice di ieri a Bari tra gli enti locali e i sindacati con l’ennesimo «no» alla nave rigassificatrice che avrebbe dovuto portare il gas azero in Puglia, ha chiuso l’ultimo spiraglio della trattativa aperta mesi fa con il socio selezionato con procedura di gara. Da oggi, dunque, ufficialmente alla corte dell’ex Ilva non c’è più nessun privato. Mesi di analisi e selezione andati in fumo spingendo la situazione al limite in una condizione produttiva ormai senza ritorno. Senza l’ok al contratto di programma interministeriale, propedeutico all’Aia (autorizzazione ambientale) non c’è produzione e non c’è futuro.La decisione è arrivata in ragione del fatto che mai come ieri gli enti locali e i sindacati hanno fatto quadrato sulle ragioni del «no» che, alla luce delle dichiarazioni choc del presidente della Puglia Michele Emiliano, appaiono come un pretesto per condurre il gioco verso una nazionalizzazione forzata. «Si potrebbe procedere, sia pure temporaneamente, con una nazionalizzazione che ci consenta anche di produrre in perdita all’inizio, cosa che peraltro è avvenuta sempre in questi anni, però in capo allo Stato», ha detto l’ineffabile governatore spiegando che questo «ci metterebbe nelle condizioni di non trattare sul mercato in maniera eccessivamente debole». Una posizione con cui il governatore ha ribadito il «no» alla nave rigassificatrice e al dissalatore nel porto di Taranto e il «no» ai tempi previsti dal piano. Peccato che a trattare sul mercato non ci sia più assolutamente nessuno. E difficilmente ci sarà alla luce della svalutazione profonda che ha subìto l’asset in questi mesi, soprattutto dopo l’incidente all’Altoforno 1 che ha ridotto la produzione, già bassa, della metà, ovvero a 1,5 milioni di tonnellate anno (4.500 tonnellate al giorno). E costretto alla cassa integrazione oltre 4mila dipendenti su 10mila. Una situazione difficile su cui potrebbe, tra l’altro, intervenire a breve il Tribunale di Milano sollecitato dai cittadini per chiudere definitivamente il polo e la sua produzione.Un piccolo spiraglio, in caso di un difficile e al momento non definibile piano di salvataggio, arriva da Bruxelles che, nei giorni scorsi, ha varato il Cisaf (Clean industrial deal state aid framework), il nuovo quadro di riferimento per aiuti di Stato nell’Ue. Il nuovo regolamento consentirà ai governi nazionali di sostenere investimenti in energia pulita, decarbonizzazione industriale e tecnologie verdi, semplificando le procedure e accelerando l’approvazione dei progetti in cinque aree tra cui quello della “Decarbonizzazione degli impianti esistenti”. In sostanza, il nuovo quadro semplifica e accelera il sostegno alla decarbonizzazione, ma va oltre: riconosce lo Stato come investitore strategico.Dati gli ambiti di copertura, per un settore ad alta intensità energetica come quello siderurgico, il nuovo quadro potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per accelerare la transizione verde, in particolare per Taranto. Ma con i soldi di chi? E condiviso da quanti attori? LEGGI TUTTO

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    Ddl Pmi: Confindustria, un’opportunità straordinaria per la competitività

    Il ddl sulle Pmi è un passo importante per il sistema economico italiano, soprattutto considerando che finalmente si attua una normativa prevista dallo Statuto delle Imprese del 2011. Come ha sottolineato Pasquale Lampugnale, vicepresidente nazionale di Confindustria Piccola Industria con delega a Economia, Credito, Finanza e Fisco, “Il ddl Pmi rappresenta un risultato significativo di questo governo che per la prima volta attua una previsione normativa che è rimasta finora inattuata. Riconosciamo il valore di questo passo in avanti, anche se è essenziale continuare a lavorare sui dettagli”.Il vicepresidente di Confindustria ha anche messo in evidenza le difficoltà economiche che le Pmi stanno affrontando in un periodo segnato da incertezze globali. “Il contesto attuale è senza precedenti: le incertezze economiche, le sfide della transizione digitale e la competizione internazionale mettono a dura prova le imprese, che si trovano a dover affrontare non solo una congiuntura difficile, ma anche un sistema fiscale gravoso, un eccesso di burocrazia e un accesso limitato al credito. Per questo motivo, il ddl Pmi, se ben strutturato, rappresenta una grande opportunità per rilanciare la competitività delle nostre imprese”, ha affermato Lampugnale.Un punto centrale per Confindustria è sicuramente l’accesso al credito, un tema sempre più urgente per le Pmi, che spesso faticano a ottenere i finanziamenti necessari per crescere. “Positiva è la proposta di una Delega al Governo per riorganizzare la disciplina dei Confidi, ma è fondamentale che vengano adottate misure immediate per semplificare l’accesso al credito, in particolare per le imprese più piccole”, ha spiegato il vicepresidente. Secondo Lampugnale, dovrebbero essere rivisti alcuni limiti operativi, come la soglia per l’iscrizione all’albo dei Confidi, attualmente fissata a 150 milioni di volume di attività, e ampliata la possibilità per questi enti di diversificare le proprie attività, anche attraverso partecipazioni in altri soggetti. Inoltre, Lampugnale ha sottolineato l’importanza di “rafforzare il Fondo di Garanzia per le Pmi, una misura strategica che deve diventare strutturale. La conferma della riforma del 2024, con un massimale di garanzia che arriva a 5 milioni di euro, è un segnale positivo, ma è necessario che questa misura non venga rinnovata ogni anno, ma che diventi un pilastro stabile della politica economica per le Pmi”.Oltre al credito, un altro aspetto fondamentale del DDL riguarda la digitalizzazione delle Pmi. Lampugnale ha insistito sul fatto che le piccole e medie imprese italiane devono affrontare con urgenza la transizione digitale, altrimenti rischiano di perdere terreno rispetto alle concorrenti internazionali, soprattutto negli ambiti cruciali come l’intelligenza artificiale. “L’Europa, e ancor di più l’Italia, ha accumulato un notevole ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina in tema di digitalizzazione, e le Pmi italiane segnano valori molto più arretrati rispetto alla media europea. È fondamentale che si investa in stimoli per favorire l’adozione di tecnologie digitali, inclusi voucher per supportare gli investimenti in questo settore”, ha detto il vicepresidente.Nel discorso, Lampugnale ha anche toccato la questione della patrimonializzazione delle Pmi, un altro tema centrale per garantire la solidità delle imprese. “L’introduzione sperimentale dell’Ires premiale per il 2025, che premia il reinvestimento degli utili, è una misura positiva, ma la sua complessità e i ritardi attuativi rendono difficile la sua applicazione pratica. Occorre una riflessione per semplificarne l’attuazione e, se necessario, reintrodurre strumenti analoghi all’Ace per rafforzare il capitale delle imprese”, ha dichiarato Lampugnale. LEGGI TUTTO