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    Schlein rimandata in politica economica

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    Negli ultimi giorni, la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, ha proposto un cambiamento strutturale nel mercato dell’energia, sostenendo la necessità di scollegare il prezzo dell’energia da quello del gas e di creare un “acquirente unico” per abbassare le bollette di famiglie e imprese.La proposta, presentata in diverse interviste televisive, suggerisce che un grande gruppo d’acquisto pubblico possa agire come intermediario per ottenere prezzi più vantaggiosi sul mercato energetico, riducendo così il costo finale per i consumatori. Tuttavia, l’idea avanzata da Schlein solleva alcune perplessità, poiché un meccanismo simile esiste già in Italia.L’Acquirente Unico, una realtà già consolidataIn Italia esiste già uno strumento chiamato Acquirente Unico, una società pubblica interamente controllata dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Questa entità, ricorda “E-Gazette”, ha il compito di acquistare energia elettrica sul mercato all’ingrosso per i clienti domestici e le piccole imprese che non sono ancora passati al libero mercato. Si tratta, dunque, di un organismo già operativo che svolge un ruolo simile a quello proposto da Schlein.La sua creazione risale al 1999, quando il governo guidato dal centrosinistra, con Pierluigi Bersani (uno dei mentori di Schlein) come ministro dello Sviluppo Economico, introdusse riforme per regolamentare il settore dell’energia. Inoltre, nel 2017, fu sempre il Pd, con il governo Renzi e il ministro Carlo Calenda, a spingere ulteriormente per l’apertura del mercato libero dell’energia.Un problema di comunicazione o di strategia?Alla luce di questi fatti, sorge spontanea una domanda: la proposta di Schlein nasce da una mancata conoscenza dell’esistenza dell’Acquirente Unico o si tratta di una strategia per rilanciare un tema che potrebbe essere percepito come prioritario dai cittadini? LEGGI TUTTO

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    Riforma del fisco locale, ecco cosa cambia

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    Dopo una lunga attesa, il decreto attuativo della riforma del fisco locale è prossimo al traguardo. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha annunciato che il testo potrebbe essere portato in Consiglio dei ministri entro un mese. La bozza, articolata in 33 articoli, mira a un doppio obiettivo: incentivare i pagamenti spontanei e rafforzare le procedure di riscossione per i contribuenti inadempienti.Incentivi per i pagamenti spontaneiPer favorire la collaborazione tra cittadini ed enti locali, il decreto introduce misure di adesione agevolata, permettendo ai sindaci e ai presidenti di stabilire sanatorie con riduzioni su sanzioni e interessi. La nuova disciplina prevede anche forme di premialità per chi opta per l’addebito diretto delle somme dovute su conto corrente, con sconti fino al 5% per l’Imu e la Tari.Al fine di migliorare il rapporto tra contribuenti ed enti locali, viene esteso il principio del “contraddittorio preventivo”, già in uso per gli atti dell’Agenzia delle Entrate. Questa misura consentirà un dialogo tra le parti prima dell’emissione di un accertamento fiscale, offrendo un’occasione per risolvere eventuali contestazioni senza ricorrere immediatamente a sanzioni.Maggiore rigore nella riscossioneParallelamente agli incentivi, il decreto introduce una stretta sulla riscossione coattiva. In caso di mancato pagamento di tributi locali come Imu e Tari, i termini per le azioni esecutive verranno ridotti da 180 a 60 giorni, allineando i tempi per chi presenta ricorso e chi non lo fa. Le nuove regole stabiliscono anche che gli enti locali potranno applicare transazioni fiscali sui tributi locali per agevolare i contribuenti in difficoltà economica.Il nodo delle compartecipazioniUn ulteriore pilastro della riforma riguarda il federalismo fiscale e il sistema di compartecipazione ai tributi statali. Per province e città metropolitane, il decreto prevede la sostituzione dell’attuale Rc Auto con una quota di compartecipazione all’Irpef. In ambito comunale, invece, manca ancora una soluzione definitiva per individuare un’entrata sostitutiva in grado di garantire la stabilità finanziaria degli enti locali.Le preoccupazioni dei ComuniIl dibattito tra Comuni e governo rimane acceso, soprattutto in merito ai tagli previsti dalla legge di bilancio. Il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, ha avvertito che “i Comuni a breve non saranno in grado di erogare neanche il livello di servizio che eroghiamo oggi”. Dello stesso avviso il presidente di Ifel e sindaco di Novara, Alessandro Canelli, che ha evidenziato la necessità di una maggiore autonomia finanziaria per i Comuni, ripartendo dall’articolo 119 della Costituzione. LEGGI TUTTO

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    Cdp spinge per la rete unica. “Oggi assetto non ottimale”

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    La compresenza contemporanea di FiberCop e di Open Fiber nel panorama nazionale della fibra ottica non è un sinonimo di efficienza. Parola di Dario Scannapieco, ad di Cdp (socia di maggioranza di Open Fiber col 60% e presente nella concorrente attraverso F2i; ndr). «Oggi l’assetto industriale di quel settore non è ottimale e ci sono duplicazioni», ha dichiarato ieri a margine del Forum Multistakeholder a Milano. Proprio FiberCop ha registrato di recente le dimissioni dell’ad Luigi Ferraris dopo meno di sette mesi dalla sua nomina, perché convinto della necessità di almeno 3 miliardi di investimenti in più rispetto alle stime per rinnovare una rete fissa ormai datata. Parallelamente, Open Fiber si trova alla vigilia di un aumento di capitale da un miliardo di euro per garantire l’operatività del gruppo e completare la rete entro giugno 2026. L’operazione sbloccherà altri 2 miliardi di finanziamenti bancari.Con la sua sintesi Scannapieco ha sostanzialmente interrogato gli addetti ai lavori sul cui prodest. L’idea di una rete unica nazionale appare come una soluzione per ottimizzare gli investimenti e garantire una copertura più ampia ed efficiente del territorio nazionale. E forse non è un caso che in FiberCop per lo sviluppo della rete sia arrivato un ex Open Fiber come Stefano Paggi. In ogni caso la discussione riguarderà gli investitori privati e pubblici. Scannapieco ha, inoltre, escluso per ora un aumento del proprio coinvolgimento in Tim per il 23,7% di Vivendi che è oggetto di attenzione da parte di primari gruppi di private equity come Cvc, Apax e Bain. «Cdp ha una quota del 9,8% e per il momento non abbiamo contezza di altre cose», ha tagliato corto. Lo stesso contegno viene tenuto nei confronti di Aspi anzi, per meglio dire, di Hra, la holding che ne detiene l’88,6% e che vede Cdp al 51% e Blackstone e Macquarie con il 24,5% ciascuno. «Il dialogo con i fondi rispetto al piano di Autostrade per l’Italia procede costruttivamente», si è limitato a dire Scannapieco che, anche qui, deve mediare tra esigenze di investimenti e di ritorno economico. LEGGI TUTTO

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    Renexia stringe sul maxi-parco eolico

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    Il più grande parco eolico offshore galleggiante del Mediterraneo sta prendendo forma. La nuova frontiera dell’energia pulita fluttuerà sulle onde con Med Wind, il principale progetto di Renexia, la società del Gruppo Toto attiva nelle rinnovabili e guidata dal direttore generale Riccardo Toto. Attualmente è in corso l’iter autorizzativo dell’impianto, per il quale l’investimento totale ammonta a oltre 9 miliardi di euro, con ricadute a livello regionale e nazionale e ulteriori investimenti per i 25 anni di gestione.Med Wind prevede fino a 190 turbine, ormeggiate a oltre 80 chilometri dalla costa trapanese, con 2,8 gigawatt di potenza installata con due corridoi di esportazione collegati alla Sicilia. «Nell’attuale contesto socioeconomico è importante incrementare la produzione nazionale di energia derivante dall’eolico offshore», ha affermato Toto, intervenuto ieri all’evento La Ripartenza, organizzato a Milano dal vicedirettore del Giornale, Nicola Porro. Così ha spiegato «limiteremo le oscillazioni del costo dell’energia, soggetto alle crisi internazionali, perseguendo un efficace ed equilibrato energy mix, che a sua volta deve tener coto delle tecnologie capaci di raggiungere gli obiettivi di breve, medio e lungo periodo». Med Wind soddisferà il 3% del fabbisogno energetico complessivo del Paese, incrementando del 45% l’energia prodotta in Italia da fonte eolica. Per completare un progetto così ambizioso, Renexia punta a realizzare una filiera industriale specializzata che possa garantire una produzione italiana di turbine eoliche.Ad agosto è stato firmato un protocollo d’intesa con MingYang, uno dei più grandi produttori al mondo di turbine, e il Mimit, proprio per avviare un modello industriale che in Europa ancora non esiste, con la realizzazione di una fabbrica sul suolo nazionale. LEGGI TUTTO

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    “I dazi sui fertilizzanti russi danneggeranno gli agricoltori italiani”. L’allarme di Coldiretti e Filiera Italia

    Ettore Prandini

    Le nuove sanzioni sui fertilizzanti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia sono “sbagliate” e rischiano di provocare un ulteriore aumento dei costi per gli agricoltori europei. È quanto denunciano Coldiretti e Filiera Italia dopo la presentazione da parte della Commissione europea di una proposta che prevede l’innalzamento delle tariffe sui fertilizzanti originari o esportati direttamente o indirettamente dai due Paesi nel mercato dell’Ue. L’aumento graduale previsto porterà, dopo tre anni, a una tariffa aggiuntiva sul dazio compresa tra 315 e 430 euro per tonnellata. Durante il periodo transitorio, queste “tariffe proibitive” si applicheranno anche alle merci importate oltre determinati volumi. Inoltre, le importazioni dai due Paesi non potranno beneficiare dei contingenti tariffari che attualmente permettono l’accesso al mercato con tariffe più basse. “Si tratta di un provvedimento che per i fertilizzanti provocherà un ulteriore aumento del prezzo rispetto a quanto già registrato nell’ultimo periodo, considerato che l’Ue è fortemente dipendente dal mercato estero e si rifornisce tradizionalmente da un gruppo ridotto di fornitori, tra cui proprio i due Paesi oggetto del provvedimento”, affermano Coldiretti e Filiera Italia.Le associazioni sottolineano che “non possiamo accettare un aumento dei costi che vada a penalizzare le nostre imprese rispetto a fattori di produzione di cui l’Europa ci ha reso dipendenti da Paesi terzi”. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, evidenzia che “la fine della guerra è certamente la priorità assoluta, ma dobbiamo tuttavia avere ben chiaro che nelle trattative di una possibile pace si discuta anche la venuta meno delle sanzioni alla Russia, che per noi hanno chiuso un mercato di grande interesse”. Anche Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, esprime la sua contrarietà: “Inaccettabile che ancora una volta a pagare il conto siano gli agricoltori e quindi la filiera agroalimentare europea. L’aumento dei costi di produzione andrà a colpire principalmente il settore cerealicolo, già fortemente provato da costi di produzione alle stelle e al di sopra del prezzo di vendita”.La Russia, ricordano le associazioni, è attualmente il più grande esportatore mondiale di urea, grazie alla sua elevata capacità produttiva derivante dalla grande disponibilità di materie prime e da minori vincoli ambientali. La proposta della Commissione arriva inoltre “in un momento di grande insicurezza geopolitica, anche alla luce del recente insediamento di Trump”. L’Ue, al momento, non ha una capacità produttiva sufficiente a coprire la domanda interna, e l’introduzione delle nuove tariffe porterà a un’impennata dei costi, riducendo la competitività dei produttori europei, minacciando la sovranità alimentare dell’Unione e facendo aumentare i prezzi per i consumatori.A fronte di questa situazione, Coldiretti lancia un appello per raddoppiare gli investimenti sull’innovazione e la digitalizzazione delle campagne, portandoli a 6 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, per aiutare le imprese a contenere i costi di produzione e contrastare i cambiamenti climatici. L’appello è stato presentato alla Fieragricola Tech di Verona, in un incontro con la partecipazione del presidente Ettore Prandini e del segretario generale Vincenzo Gesmundo. “Le tensioni internazionali che si riflettono sui principali fattori di produzione, dall’elettricità al gasolio fino ai fertilizzanti, unite agli effetti delle calamita naturali che negli ultimi tre anni sono costate 20 miliardi all’agricoltura italiana, rendono sempre più necessaria la messa in campo di strategie per proteggere le colture e contenere i costi, proprio a partire dalla digitalizzazione dell’agricoltura”, sottolinea Coldiretti. Le nuove tecnologie permettono di ottimizzare l’uso delle risorse, come l’acqua, grazie a centraline meteo collegate a satelliti, e di migliorare l’efficienza delle operazioni riducendo i consumi energetici con attrezzature di precision farming.Secondo un’analisi Coldiretti sui dati Smart Agrifood, il fatturato delle tecnologie 4.0 e 5.0 per l’agricoltura è cresciuto del 19% in un solo anno, raggiungendo 2,5 miliardi di euro di investimenti. Le aree agricole che impiegano strumenti avanzati coprono oltre 1 milione di ettari, pari al 9% del totale. A Fieragricola Tech è stato presentato anche il nuovo Polo Digitale promosso da Coldiretti Next nell’ambito del Pnrr, che include il primo grande censimento sul livello di digitalizzazione delle imprese agricole italiane, coinvolgendo circa diecimila aziende. Entro il 2030, secondo Coldiretti, un’azienda agricola italiana su cinque adotterà strumenti di gestione basati sull’intelligenza artificiale. “L’intelligenza artificiale può costituire una risorsa preziosa per l’economia nazionale, purché si tenga sempre conto dei suoi limiti e degli aspetti etici legati al suo utilizzo, evitando che essa soppianti il ruolo centrale dell’essere umano”, conclude Coldiretti. LEGGI TUTTO

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    Mutui, come cambia la rata dopo il taglio della Bce: le simulazioni

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    Negli ultimi mesi, il mercato dei mutui ha registrato una significativa riduzione dei tassi d’interesse, con prospettive di ulteriore ribasso nei prossimi mesi. Secondo la Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), i tassi sui mutui sono già scesi a una media del 3,23% a novembre 2024, rispetto ai valori superiori al 5% registrati nel 2023. Con il taglio odierno della Bce e l’anticipazione di ulteriori interventi da parte delle banche, si prevede che possano scendere sotto la soglia del 3%.Risparmi significativi per chi accende un mutuoLa riduzione dei tassi di interesse comporta un notevole vantaggio economico per le famiglie italiane. Per un prestito immobiliare di 25 anni da 200.000 euro, sottolinea la Fabi, il risparmio complessivo potrebbe arrivare a quasi 83.000 euro, con una riduzione del 22,8% rispetto ai livelli del 2023. Anche il credito al consumo ha registrato un calo dei tassi medi, scesi all’8% dopo aver toccato punte superiori al 14%.Un esempio concreto? Un finanziamento decennale per l’acquisto di un’auto da 25.000 euro costerà oltre 11.871 euro in meno rispetto al 2023 (-24,2%). Anche per un piccolo elettrodomestico, come una lavatrice da 750 euro, si potranno risparmiare circa 170 euro (-15,4%) con un credito di 5 anni.Mutui a tasso variabile: risparmi fino a 4.700 euroSecondo MutuiOnline.it, i mutuatari che hanno scelto o sceglieranno un mutuo a tasso variabile potranno beneficiare di rate più basse, con un risparmio fino a 4.700 euro sugli interessi per un finanziamento di 150.000 euro in 20 anni. Il calo dell’Euribor, che potrebbe toccare il 2% nella seconda metà del 2025, favorirà una progressiva riduzione delle rate.Attualmente, il tasso variabile medio si attesta al 3,76%, in calo rispetto al 3,96% di dicembre 2024. Anche il tasso fisso, scelto dal 99,6% dei clienti di MutuiOnline.it, resta competitivo con un valore medio del 2,83% e punte minime del 2,45%.Cresce l’interesse per la surrogaL’Osservatorio di MutuiOnline.it evidenzia anche un aumento delle richieste di surroga, che nelle prime settimane del 2025 rappresentano il 37,3% delle richieste totali, rispetto al 35,8% dell’ultimo trimestre del 2024. Inoltre, cresce la durata media dei mutui richiesti, che sfiora i 25 anni, segnale di una maggiore fiducia nel mercato da parte delle banche.Anche il valore medio degli immobili finanziati ha raggiunto un massimo storico di 230.967 euro, con un importo medio richiesto di 145.607 euro, a conferma di un rinnovato dinamismo nel settore immobiliare.Mutui green: risparmi fino a 5.662 euroTra le soluzioni più vantaggiose si confermano i mutui green, destinati all’acquisto di immobili ad alta efficienza energetica (classe B o superiore) o alla riqualificazione energetica degli edifici. Questi mutui offrono condizioni più favorevoli rispetto a quelli tradizionali, con tassi inferiori di 20-30 punti base.Un esempio? Per un mutuo fisso a 20 anni da 150.000 euro, il tasso di un mutuo green si attesta al 2,46%, contro il 2,64% di un mutuo standard. Questo si traduce in una rata mensile più bassa di circa 13 euro e un risparmio complessivo sugli interessi di oltre 4.160 euro. LEGGI TUTTO

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    Bce, il commento degli esperti sui tagli dei tassi: ecco le prossime mosse

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    La decisione della Bce di tagliare i tassi di interesse di 25 punti base, portandoli al 2,75%, ha confermato le aspettative del mercato e suscitato una serie di reazioni tra gli analisti e gli investitori. Questa mossa, ampiamente anticipata, si inserisce in un contesto di crescita economica stagnante nell’Eurozona e di inflazione in progressivo rallentamento verso l’obiettivo del 2%.Prospettive per i prossimi tagliSecondo Candriam, la Bce potrebbe proseguire nel suo percorso di allentamento monetario fino a raggiungere un tasso finale del 2%, con altri tre tagli attesi nel corso dell’anno. Tuttavia, l’istituto di Francoforte mantiene un approccio cauto e dipendente dai dati, evitando di fornire indicazioni precise sulle future mosse. L’incertezza legata ai potenziali dazi imposti dagli Stati Uniti rappresenta un rischio significativo per la crescita europea e potrebbe influenzare la traiettoria dei tassi nei prossimi mesi.La visione degli espertiRoelof Salomons di BlackRock evidenzia come il mercato abbia già incorporato la prospettiva di ulteriori riduzioni, prevedendo un livello del 2% entro l’estate. L’attenzione resta sulla velocità con cui la Bce procederà con i tagli, bilanciando la necessità di sostenere la crescita con il rischio di un’inflazione ancora elevata.Anche Pimco si allinea a questa visione, sottolineando che la Bce sta gradualmente spostandosi verso una politica più neutrale, con un tasso target stimato tra l’1,75% e il 2,25%. Tuttavia, la debolezza della crescita potrebbe giustificare ulteriori riduzioni oltre le attuali aspettative di mercato.Implicazioni per gli investitoriFranklin Templeton si spinge oltre, prevedendo un tasso di riferimento all’1,5% entro la fine del 2025. Con la crescita economica prossima allo zero, i mercati obbligazionari europei dovrebbero beneficiare di un contesto di tassi più bassi, in particolare nel segmento a breve termine.Vontobel e Goldman Sachs concordano sull’idea che l’allentamento monetario continuerà anche nei prossimi mesi, con un possibile ulteriore taglio a marzo. Tuttavia, la Bce dovrà affrontare sfide geopolitiche e politiche interne, come le elezioni in Germania e l’incertezza legata alle politiche commerciali della nuova amministrazione statunitense.La risposta dei mercatiIn sintesi, il mercato si aspetta che la Bce prosegua con una politica di tagli graduali fino a raggiungere un tasso neutrale intorno al 2%. L’equilibrio tra il sostegno alla crescita e il controllo dell’inflazione rimane il principale dilemma per l’Eujrotower, mentre gli investitori si concentrano sulle opportunità nei mercati obbligazionari e azionari europei. Le prossime riunioni e le proiezioni macroeconomiche forniranno ulteriori indicazioni sulla traiettoria della politica monetaria nell’Eurozona. LEGGI TUTTO

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    La crisi tedesca e il rallentamento francese frenano il Pil italiano nel 2024

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    La stima preliminare del Pil diffusa dall’Istat (+0,5% nel 2024 con il quarto trimestre invariato) conferma un rallentamento della crescita economica italiana nel 2024, ma il dato va letto nel quadro più ampio della stagnazione dell’economia dell’Eurozona. Nel quarto trimestre del 2024 il Pil dell’area euro è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente, dopo una crescita dello 0,4% nel terzo trimestre. La frenata è stata aggravata dalle contrazioni di Germania (-0,2% nel trimestre; -0,2% nel 2024 dopo il -0,3% del 2023) e Francia (-0,1%; +1,1% come nel 2023 ma +2,6% nel 2022), due economie fondamentali per il commercio estero italiano.L’economia tedesca, principale partner commerciale dell’Italia, sta affrontando una fase di debolezza prolungata, con una domanda interna fiacca e difficoltà nel settore manifatturiero. La contrazione della Germania ha quindi avuto un effetto domino sull’export italiano, rallentando la crescita complessiva.Industria in ripresa, servizi in difficoltàDal lato settoriale, l’Istat segnala una crescita dell’industria a novembre 2024, con un aumento del fatturato dell’1,5% in valore (-2,6% il tendenziale) e dello 0,6% in volume. Tuttavia, il settore dei servizi ha subito un calo dell’1,5% (-0,7% su anno), con un andamento negativo nel commercio all’ingrosso. Questo squilibrio riflette una ripresa ancora fragile e disomogenea, con alcuni comparti in difficoltà.Occupazione stabile, ma segnali di rallentamentoSul fronte del lavoro, il numero di occupati a dicembre è rimasto sostanzialmente stabile, attestandosi a 24 milioni 65mila unità, con un tasso di occupazione al 62,3% (-0,1 punti rispetto a novembre, +274mila occupati in un anno). Tuttavia, Confesercenti sottolinea un indebolimento del dinamismo, con consumi deboli e un aumento del risparmio delle famiglie. Le risposte attese dalla Bce e dal governoLa crescita acquisita per il 2025 risulta nulla. Ciò significa che non c’è un effetto di trascinamento positivo del 2024 sull’anno in corso. Un dato che rischia di compromettere il target di crescita dell’1,2% fissato dal governo.La debolezza dell’Eurozona ha aumentato le aspettative di nuovi tagli ai tassi da parte della Bce, con il mercato che prevede almeno quattro riduzioni nel 2025. Questo potrebbe allentare la pressione su famiglie e imprese, favorendo una ripresa dell’attività economica. LEGGI TUTTO