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    Open Fiber, governo avanti tutta. “Kkr pronta a rispettare il patto”

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    «Ma figuriamoci. L’operazione è nell’interesse di tutti, Kkr non intende rilevare un’Open Fiber ridotta a un contenitore vuoto. Noi, Tim e Open Fiber abbiamo tutti i motivi per volere la rete unica». Così ha commentato le indiscrezioni dei giorni scorsi una fonte interna al fondo che ha rilevato la rete di Tim, sulla possibilità che gli americani brighino per mandare a monte le nozze tra Fibercop e Open Fiber e così non essere costretti a pagare i 2,5 miliardi di euro di earn out. Le ricostruzioni di stampa hanno individuato le consultazioni che inizieranno entro la prossima settimana – provocate da rilievi avanzati da un’associazione di internet provider – come l’occasione per Fibercop (che è controllata da Kkr) di mettere i bastoni tra le ruote della società guidata da Giuseppe Gola.Ma a che pro? Il fatto. La revisione dei numeri civici da coprire sui cantieri del Pnrr relativi alle aree grigie (i lotti del piano Italia 1 Giga sono suddivisi in 7 aggiudicati a Fibercop e 8 a Open Fiber) varata dal governo in seguito agli errori nel bando Infratel è di fatto stata bloccata dalla Commissione Ue, rendendo necessarie nuove consultazioni dopo il cambio di perimetro dei civici da cablare rispetto al bando iniziale. Solo tra circa un mese, quindi, Open Fiber saprà quali saranno effettivamente i civici da coprire entro giugno 2026. Fibercop, anche solo per un’azione di disturbo, potrebbe dimostrare interesse per uno dei civici di Open Fiber, operazione che servirebbe ad allungare i tempi e a complicare le cose per quest’ultima esponendola a un rischio di stress finanziario, dal momento che il rinnovo del project financing con il consorzio di banche (7 miliardi a cui se ne devono aggiungere altri 2) dipende proprio dai lavori sulle aree grigie. Inoltre, i cantieri sono un obiettivo del Pnrr e lo Stato italiano non potrebbe certo permettersi un lavoro incompiuto (che comporta la perdita degli 1,8 miliardi previsti su un totale di 3,8 miliardi per l’intero Piano 1 Giga).Dalle parti del Tesoro, tuttavia, si respinge totalmente questa versione dei fatti e si è sicuri che il progetto andrà avanti e i patti verranno rispettati. Circostanza confermata da Kkr stessa, che peraltro racconta di non avere alcun interesse a far saltare l’operazione e a far scivolare nel baratro Open Fiber. Punto primo perché il pagamento dell’earn out per essere sbloccato – come ricordava anche l’ad di Tim, Pietro Labriola, in un’intervista rilasciata a Il Giornale – non necessita di una fusione tra Fibercop e Open Fiber, ma sono sufficienti gli accordi e le sinergie commerciali. In secondo luogo, Kkr ha tutto l’interesse per far sì che la rete unica arrivi, anche perché a sue tempo le sinergie potenziali sono state calcolate in dimensioni ben superiori all’esborso degli earn out. Attendere che Open Fiber – e con essa il progetto aree grigie – finisca in ostaggio del consorzio di banche porterebbe troppo in là: da qui il disincentivo a organizzare eventuali colpi di mano. Inoltre, rilevare la società significherebbe comunque doversi disfare delle aree nere (le più remunerative) per motivi Antitrust, quindi vedere non realizzato il piano sulle aree grigie e ritrovarsi in mano le sole aree bianche, quelle a fallimento di mercato. Insomma, un po’ poco per mandare all’aria un’operazione già incardinata, per di più facendosi nemico il partner governativo con tutto quello che ne seguirebbe.La sensazione, quindi, è che tutte le parti cercheranno di mantenere in piedi l’operazione: Kkr e quindi Fibercop per portare a casa le plusvalenze previste, il governo e Cassa depositi e prestiti per vedere realizzato il progetto rete unica senza incorrere nell’eventualità di perdere i fondi del Pnrr e Tim – che vede tra i principali azionisti sempre Cdp – che incasserebbe i suoi 2,5 miliardi utili a rilanciare il nuovo corso dell’impresa. LEGGI TUTTO

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    Il petrolio trascina i big dell’energia

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    Violento strappo al ribasso del petrolio e di conseguenza dei titoli del comparto energetico. Il Brent è arrivato a cedere il 5% circa in area 73,6 dollari al barile, sui minimi dallo scorso novembre. Flessione simile a New York per il Wti con prezzi rimasti a fatica sopra la soglia dei 70 dollari. A far scattare le vendite sono state le rinnovate preoccupazioni circa la debolezza della domanda cinese, principale importatore di petrolio al mondo, a cui si sono aggiunte le indicazioni di Bloomberg circa un imminente accordo per risolvere le tensioni che hanno bloccato la produzione e le esportazioni libiche. La National Oil Corp, che rappresenta circa il 70% della produzione petrolifera libica, ha riferito che i disordini avevano fatto crollare la produzione di greggio a poco più di 591 mila barili al giorno il 28 agosto dai quasi 959 mila del 26 agosto e i quasi 1,3 milioni di un mese prima.Il mercato guarda anche all’imminente aumento della produzione di 180.000 barili al giorno da parte dei paesi Opec+ a partire dal prossimo mese. Una decisione che potrebbe essere rimessa in discussione dal cartello dei produttori se la discesa dell’oro nero diventasse preoccupante. Settimana scorsa Goldman Sachs ha rivisto al ribasso le previsioni sul prezzo del Brent a causa proprio dell’aumento prospettico delle forniture globali. Per lo stesso motivo Morgan Stanley ha tagliato a «sottopesare» la valutazione sui titoli energetici. A un’offerta in rafforzamento si aggiunge il crescente timore di una domanda fiacca a causa delle difficoltà economiche della Cina, il più grande importatore di greggio al mondo. Gli ultimi deboli riscontri dal Pmi manifatturiero cinese hanno contribuito ad esacerbare le preoccupazioni circa la salute dell’economia cinese. LEGGI TUTTO

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    “Su Luna e Marte ci sarà anche l’Italia, siamo leader nell’economia spaziale”

    L’avventura italiana nello Spazio compie 60 anni. Un cortometraggio, «A un passo dalla Luna. Un’esperienza di leadership italiana ed europea», realizzato dal Gruppo The Skill, ripercorre la storia dell’industria spaziale italiana. Massimo Comparini, amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia e dal 5 settembre alla guida della Divisione Spazio di Leonardo, è uno dei protagonisti del docufilm.Comparini, come nasce il rinascimento dell’industria spaziale?«Nell’opinione pubblica c’è difficoltà a immaginare l’Italia come un Paese ad altissima tecnologia ma il design italiano ha una grande tradizione tecnologica. L’Italia oggi è un attore fondamentale nell’osservazione della Terra, nella navigazione e nell’esplorazione spaziale. Questa leadership viene da lontano, dal lavoro dell’Agenzia Spaziale Italiane ed Europea, dalla Space Alliance tra grandi gruppi industriali come Leonardo e Thales, dalla capacità di generare competenze, investimenti e collaborare con una folta schiera di Pmi. Consideri che oggi i moduli pressurizzati dove vivono gli astronauti per l’80% sono italiani».Cosa significa guidare la Divisione Spazio di Leonardo?«Ho sempre pensato che le grandi imprese debbano avere un ruolo di traino e di ispirazione per lo sviluppo dei settori industriali. Ho attraversato i diversi segmenti delle attività spaziali in circa 40 anni di carriera, avendo sempre come focus tecnologia e innovazione. Sono onorato che Leonardo mi abbia chiamato per guidare la nuova Divisione Spazio, per coordinare una visione spaziale complessiva, creando e stimolando sinergie tra le diverse aziende del gruppo».I sindacati francesi hanno indicato l’Italia come modello da seguire. Stiamo davvero sorpassando i cugini d’Oltralpe?«Il nostro è un mondo dove si coopera e si compete. Circa il 70% delle attività spaziale proviene dalle istituzioni, ma un 30% proviene da commesse che si vanno a procacciare. È una dimensione che diventa sempre più importante con l’ingresso dei grandi player privati. L’Italia ha mostrato una capacità sistemica che solitamente non ci viene riconosciuta e copre tutta la catena del valore al massimo livello. Il fatto che i francesi ci vedano come modello è vero».In Italia 400 aziende operano nella space economy. La filiera è in grado di produrre chiudendo il ciclo?«La base tecnologica è complessivamente molto solida. Noi abbiamo portato avanti lo sviluppo dei primi sei satelliti della nuova generazione Galileo, il sistema di navigazione satellitare europeo. Uno degli elementi strategici è stato quello di avere investito in semiconduttori, con una joint venture italo-francese. È necessario integrare tecnologie e noi lo facciamo ad altissimo livello».L’Italia è protagonista del Programma Artemis. Quanto è importante oggi l’economia lunare?«Sono più di 20 anni che l’Italia opera nell’orbita bassa terrestre e fa ricerca in assenza di gravità. Questo ci ha dato una conoscenza incredibile di cosa possiamo fare. Nello spazio i cristalli crescono in modo più regolare e perfetto, è possibile sintetizzare materiali più facilmente. Sulla Luna torniamo per imparare a rimanerci con continuità. Da qui al 2035 sono previste una ottantina di missioni, dovremo portare materiale e attrezzature scientifiche sul Polo Sud della Luna dove sorgeranno tredici siti. Nascerà una produzione made in space. Siamo orgogliosi del fatto che i primi tre moduli della stazione Axiom li stiamo costruendo a Torino, così come abbiamo iniziato lo studio del primo modulo lunare».Quali sono le implicazioni sul fronte della medicina e della sostenibilità?«Sono tante. Non dobbiamo immaginare l’investimento nello spazio come qualcosa che distoglie risorse economiche dalla Terra, perché la sostenibilità del nostro pianeta passa dallo spazio. Immaginiamo solo le colture idroponiche per aiutare una agricoltura soggetta al cambiamento climatico. O la cura dell’osteoporosi che utilizza le ricerche fatte sugli astronauti».Perché invece c’è tanto interesse verso Marte?«Marte tre miliardi di anni fa aveva laghi e oceani. È successo qualcosa, il vento solare si è portato via tutto e oggi non ha uno schermo come la nostra atmosfera. Ma studiare Marte significa comprendere l’evoluzione del nostro sistema solare, soprattutto se riusciremo a trovare tracce organiche di una vita passata. E qui abbiamo un altro punto di eccellenza. Partiremo a fine 2028 con la missione Exomars basata su tecnologia italiana. Abbiamo creato una trivella che andrà a indagare a due metri di profondità per cercare qualcosa che abbia resistito alle radiazioni. Comprendere Marte significa capire cosa potrebbe accadere sulla Terra».Qual è la portata del progetto della Space Factory italiana?«Il Pnrr ha dedicato risorse importanti a settori importanti come SatCom, Space Factory 4.0, Osservazione della Terra e In-Orbit Economy. E poi c’è la Space Factory che è un punto di orgoglio insieme alla costruzione del Tecnopolo Tiburtino dove si lavorerà su satelliti più piccoli, importanti per connettività e osservazione della Terra, in collaborazione con le pmi».Nel cortometraggio lei dice: Da ragazzo volevo costruire le macchine che avrebbero portato l’uomo nello Spazio. Non le è venuta la curiosità di sperimentare un volo nello Spazio? LEGGI TUTTO

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    Autonomia, la riforma liberale

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    Riformare è un verbo indigesto dalle nostre parti. La politica che prova a dargli cittadinanza si scontra con la pratica inossidabile del non toccar nulla. E così anche quando si è provato con qualche timido passo in avanti nel tentativo di rendere un minimo più efficiente il sistema Paese nei fatti tutto è rimasto come prima. Intendiamoci, a parole tutti si fanno belli con il richiamare l’attenzione sulla necessità di avviare serie e dunque strutturali riforme ma poi, per l’appunto, quelle espressioni si disperdono nell’aria. LEGGI TUTTO

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    Ok il turismo, ma l’Italia non scordi l’industria

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    La stagione estiva volge all’epilogo, mai come in questi ultimi anni il turismo e l’attrattività dell’Italia sono stati fondamentali per la tenuta della nostra economia e ancor più dell’occupazione. Il terziario, insieme all’agroalimentare, sta costituendo, a differenza del passato, l’asse portante del nostro sistema socio-economico. Vero è che il potere attrattivo dell’Italia è straordinario tra clima, storia, arte, paesaggio, enogastronomia. L’afflusso turistico estero, e la spesa procapite che ne consegue, hanno avuto impennate sovente collegate anche ai cambi monetari, particolarmente vantaggiosi soprattutto per il più ambito dei turismi che è quello statunitense. Sta galoppando l’idea che il terziario diventi sempre più prima fonte di attività e quindi di incidenza sul reddito e il lavoro del nostro Paese.Il limite degli accessi per esigenze di spazio disponibile colpisce mete ambite come Roma, Venezia, Firenze, Milano ormai non solo a luglio e agosto, ma per ben oltre due terzi dell’anno. Le nuove forme di ospitalità, in gran spolvero, portano allo spopolamento delle residenze stabili, con i costi di soggiorno per la popolazione business e studentesca diventati ormai insostenibili. A parte il virtuoso esempio dell’Università Bocconi che ha un vero campus, ovvero cittadelle integrate nel territorio che offrono coinvolgimento dei residenti stabili, non c’è all’orizzonte in nessuna delle città citate qualcosa di paragonabile e intanto la micro speculazione indotta da domanda e da opportunismo prende il sopravvento. Ma se il tema dei flussi è essenziale, non si può dimenticare il problema della concorrenza. Se Roma su arte e cultura – Parigi e Londra a parte – può non avere eguali, così non è per le eccellenze estere balneari e agresti-montanare, in cui il peso attrattivo è molto più bilanciato dai costi di soggiorno, dai tempi di viaggio e spostamento e dalla qualità dei servizi, aspetti su cui si possono avere delle perplessità.È quindi indispensabile puntare ad un mix socio-economico che deve riavere nella manifattura una componente almeno di pari importanza a quella del terziario. L’Italia brilla ancora nell’agro-alimentare con stelle di prima grandezza come Barilla, Ferrero, Lavazza, Campari. Purtroppo però non è più così per settori industriali che hanno consentito il boom italiano, in primis l’automobile, seguito dagli elettrodomestici, l’elettronica di consumo, settori che sono competitivi in altri paesi concorrenti: Francia e Germania ma anche Spagna, grazie ad una politica industriale attrattiva. Vero che nell’arredo e nel design primeggiamo, così come nel fashion, dove però parte rilevante delle proprietà è in mani estere. Grandi evoluzioni ci sono state nel farmaceutico e nell’industria del packaging, per merito di una impreditoria illuminata. LEGGI TUTTO

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    Bankitalia, focus di Panetta su euro digitale e AI

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    La Banca d’Italia «continua a lavorare per rafforzare il sistema finanziario, per accrescerne la capacità di affrontare i rischi che possono emergere dalla transizione digitale, in una fase dominata dall’innovazione tecnologica». Così scrive il governatore Fabio Panetta, nell’introduzione alla revisione del piano strategico 2023-2025 della banca pubblicato a un anno e mezzo dall’avvio.«Nell’esercizio delle nostre funzioni – scrive Panetta – operiamo per promuovere la transizione energetica e ambientale, ponendo le condizioni per la digitalizzazione dei processi aziendali e dei servizi resi alla collettività. Siamo convinti della necessità di valorizzare il ruolo della banca sul territorio – prosegue – e di dover riservare particolare attenzione allo sviluppo del nostro capitale più importante: le persone, le loro competenze e conoscenze e la loro dedizione al lavoro». Il piano conferma i cinque obiettivi fissati 18 mesi fa, da conseguire attraverso 17 piani d’azione. Tenendo conto dell’evoluzione del contesto, si legge, vengono incluse nuove attività, tra cui rilevano quelle connesse all’attuazione di importanti pacchetti normativi, al rafforzamento della resilienza operativa dei processi e dei servizi Ict a maggiore criticità e allo sviluppo di metodologie, strumenti e competenze di intelligenza artificiale generativa. LEGGI TUTTO

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    Effetto Gran Premio sull’economia italiana. “Monza pesa sul Pil per 142 milioni di euro”

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    Il Gran Premio d’Italia, gara di Formula 1 che si correrà questo fine settimana a Monza, vale ben 142 milioni di euro. È la conclusione statistica a cui è giunta la Fondazione Censis, dopo uno studio intitolato «Il valore di un Gran Premio di Formula 1». Un dossier presentato durante la mattinata di ieri da Giulio De Rita all’Autodromo nazionale. Monza non è una gara tra tante: nel novero di quelle disputate nella storia, resta la prima in classifica per numero di volte.E il favour per l’indotto economico italiano – un impatto di grossa portata – dipende da una serie di fattori. «Se consideriamo i 57 milioni (27 pubblici della Regione e i 30 di risorse Aci, depurate dall’annus horribilis 2021) gli investimenti per il Gp di Monza hanno prodotto un moltiplicatore pari a 10 volte. Quali altri investimenti rendono altrettanto?», si è domandato il presidente dell’Aci Angelo Sticchi Damiani (foto), sempre nel corso della conferenza sullo studio. Insomma, la capacità di generare ricchezza di questo evento specifico non conosce molti termini di paragone.Passando a i numeri del Censis, De Rita ha sottolineato anche due variabili del GP di Monza. Fattori che distinguono la gara lombarda da quella di Imola: anzitutto la quantità di «big spender» che per assistere alla gara, si fermano a Milano. Gli stessi «big spender» che tendono a utilizzare «1500 euro» nel corso di questo periodo, che dura almeno tre giorni. Poi le feste, ossia ottanta eventi circa che vengono organizzati a corollario della gara automobilistica: è un altro elemento che muove ricchezza. LEGGI TUTTO

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    La bufala della sinistra sull’assegno unico. Il Mef: “Nessun taglio”

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    Il governo è al lavoro per smontare l’assegno unico con la legge di Bilancio dal prossimo anno. Questa l’indiscrezione lanciata da Repubblica:“Meloni taglia il bonus famiglia”. Notizia rilanciata immediatamente dall’opposizione per denigrare l’esecutivo e tentare di guadagnare qualche punticino nei sondaggi. Ma la realtà dei fatti è un’altra, con buona pace di chi era già pronto a scendere in piazza: il governo non ha alcuna intenzione di tagliare la misura di welfare: la smentita è arrivata direttamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze.In una breve nota, il dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti ha definito “fantasiosa e senza alcun fondamento l’ipotesi di tagli agli assegni per i figli in vista della prossima manovra”. Ancora più netta la presa di posizione della ministra Eugenia Roccella. La titolare di Famiglia, Natalità e Pari Opportunità, senza lesinare stoccate, ha ribadito che il governo ha sempre messo le famiglie al centro delle proprie priorità, le ha sempre sostenute come certificato dall’Ufficio parlamentare di bilancio e ovviamente continuerà a farlo. Dito puntato nei confronti dell’Ue, che ha aperto sul provvedimento una procedura di infrazione e che chiede “chiede di cancellare completamente il requisito della residenza in Italia (attualmente di due anni) per i percettori dell’assegno non lavoratori, e anche quello della durata del rapporto di lavoro (attualmente di almeno sei mesi), e addirittura di riconoscere l’assegno anche a chi ha figli residenti all’estero”. Modifiche che “avrebbero ulteriori implicazioni potenziali che andrebbero ben oltre quelle immediate, e per via giudiziaria potrebbero portare a un effetto domino incontrollabile”.Una cosa è certa, ha aggiunto la Roccella: “Il nostro governo non sottrarrà mai un solo euro alle famiglie, nei confronti delle quali il nostro impegno resta prioritario e trasversale a tutti i ministeri. Abbiamo impiegato per le famiglie tutte le risorse possibili, e non ci sono stati avanzi perchè l’incremento dell’assegno, in particolare per le famiglie numerose e per quelle con particolari fragilità, è stato significativo, con una crescita della spesa da 16 a 20 miliardi. Continueremo a stare accanto alle famiglie e ai bambini, e su questo non c’è alcun dubbio. Finchè ci saremo noi al governo, i marziani sulla terra non arriveranno e le famiglie saranno sostenute”.Posizione condivisa da diversi esponenti della maggioranza di centrodestra, che hanno bollato la notizia come “fake news”. Interpellato da Affari Italiani, il capogruppo di FI alla Camera Paolo Barelli ha evidenziato che il confronto sulla manovra partirà da domani e ogni pseudo indiscrezione riguardante la cancellazione dell’assegno unico è una totale bufala. Di “notizia inventata” parla invece il leghista Andrea Crippa, che ha puntato il dito contro la sinistra rea di cavalcare un’indiscrezione falsa.Da casa FdI è intervenuto Marco Osnato, che non ha utilizzato troppi giri di parole: i toni di Repubblica sono come sempre apocalittici. Il presidente della Commissione Finanze della Camera ha posto l’accento sulla procedura di infrazione sulla quale la Commissione europea deciderà entro il 2025 e non ha escluso una revisione della norma, senza però andare a toccare la struttura portante.”Da qui a dire che verrà cancellato tutto mi sembra come al solito un atteggiamento di prevenzione nei confronti del governo di chi invece dovrebbe fare informazione”, l’analisi dell’onorevole meloniano. LEGGI TUTTO