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    Acciaio, la Ue stringe le maglie: nuove restrizioni per proteggere l’industria

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    La Commissione europea ha varato nuove restrizioni sulle importazioni di acciaio per proteggere l’industria siderurgica continentale, minacciata dalla sovrapproduzione globale e dai dazi imposti dagli Stati Uniti. La principale novità riguarda il tasso di liberalizzazione, che scenderà dall’1% allo 0,1%, riducendo così la quantità di acciaio che potrà entrare senza dazi nel mercato europeo. La misura entrerà in vigore dal primo aprile e fa parte di un piano più ampio per rafforzare la competitività delle acciaierie Ue.Oltre alla riduzione del tasso di liberalizzazione, Bruxelles ha deciso di abolire il meccanismo del “riporto”, che consentiva di trasferire le quote di importazione non utilizzate da un trimestre all’altro. Questo cambiamento colpirà in particolare le categorie di acciaio più vulnerabili alla concorrenza esterna e con una domanda interna ridotta. Inoltre, sarà vietato il riutilizzo delle quote inutilizzate da altri Stati, comprese quelle di Russia e Bielorussia.L’obiettivo della Commissione europea è creare spazio per i produttori europei, permettendo loro di aumentare la produzione, stimolare gli investimenti e favorire l’occupazione, soprattutto nel settore dell’acciaio verde. La decisione arriva in risposta a una richiesta di revisione delle misure di salvaguardia avanzata da 13 Paesi membri e dopo un’indagine che ha evidenziato l’aggravarsi delle difficoltà per il settore siderurgico europeo, tra crescita delle importazioni e calo della domanda interna. LEGGI TUTTO

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    Dazi Usa, la Germania esulta mentre l’Europa trema

    Sospesi i dazi con il Messico

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    Mentre il protezionismo dell’amministrazione Trump minaccia l’economia europea, i paesi dell’Unione si trovano ad affrontare la questione in modi diversi. Se da un lato il Regno Unito e la Spagna esprimono apertamente le loro preoccupazioni, dall’altro la Germania vede nei nuovi scenari una possibile opportunità per consolidare il proprio dominio economico nel continente.La sorprendente analisi tedescaSecondo uno studio di Deloitte, la Germania potrebbe trarre vantaggio dalle nuove barriere commerciali imposte dagli Stati Uniti, aumentando le proprie esportazioni all’interno dell’Unione Europea. “Questo rafforzamento del commercio intra-europeo potrebbe potenzialmente bilanciare il calo del commercio con gli Stati Uniti o addirittura superarlo, se ci fossero le giuste condizioni”, si legge nel rapporto. Le restrizioni imposte da Washington potrebbero ridurre le esportazioni tedesche verso gli Usa di circa il 3,2% all’anno entro il 2035, portandole dagli attuali 84 miliardi a 59 miliardi di euro. Tuttavia, lo studio evidenzia che il volume degli scambi tra la Germania e i suoi principali partner europei potrebbe crescere fino a 467 miliardi di euro, consolidando il Made in Germany a scapito delle produzioni locali degli altri paesi europei.I timori di Inghilterra e SpagnaNel frattempo, nel Regno Unito il governatore della Bank of England, Andrew Bailey, ha avvertito che “i dazi degli Usa e l’invecchiamento della popolazione mettono a rischio la crescita economica del Regno Unito”. Durante un intervento all’Università di Leicester, Bailey ha messo in guardia il governo laburista contro “i forti venti contrari” che minacciano la ripresa economica britannica. Con un’economia già in difficoltà, la Brexit ha già isolato il Regno Unito, e le nuove politiche protezionistiche di Washington rischiano di peggiorare ulteriormente la situazione.Anche in Spagna si respira preoccupazione. Il governatore della Banca di Spagna, José Luis Escrivà, ha definito il contesto economico “estremamente incerto” e ha stimato che un incremento del 10% dei dazi statunitensi su tutte le importazioni potrebbe portare a un impatto negativo sul Pil europeo e spagnolo. “Da un punto di vista macroeconomico, l’impatto diretto è più limitato in Spagna”, ha dichiarato Escrivà, ma ha avvertito che “un danno maggiore può venire in maniera indiretta”. Il timore principale riguarda la necessità di maggiori spese per la difesa, che potrebbero portare a un aumento dei tassi di interesse e a un irrigidimento delle regole fiscali europee. LEGGI TUTTO

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    Superbonus, il Fisco invia lettere ai contribuenti. Ecco quali dati controllare

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    Il Fisco ha avviato un’operazione di verifica sugli immobili che hanno beneficiato del Superbonus e di altri incentivi per interventi edilizi. A partire dalla fine di marzo, ha reso noto ItaliaOggi qualche giorno fa, saranno inviate circa 5.000 lettere ai proprietari di immobili con dati catastali non aggiornati o con rendite troppo basse rispetto ai costi sostenuti per i lavori. L’obiettivo di questa iniziativa è “stimolare l’aggiornamento catastale degli immobili efficientati e che hanno fruito del Superbonus”.Quali informazioni devono essere controllate?I contribuenti che riceveranno la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate dovranno verificare sei informazioni chiave relative al proprio immobile:”Comune””Catasto Terreni/Fabbricati””Sezione””Foglio””Mappale””Subalterno”Questi dati, insieme al “codice fiscale del contribuente” e al “codice atto”, sono riportati nella lettera e servono a identificare l’immobile soggetto alla verifica.Come consultare la comunicazioneChi riceverà la lettera potrà trovare la stessa comunicazione anche nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, accedendo alla sezione “Cassetto fiscale” sotto la voce “L’Agenzia scrive”.Le prime 5.000 lettere riguarderanno situazioni in cui ci sono “anomalie macroscopiche”, cioè immobili con rendite catastali inadeguate rispetto agli interventi realizzati.Cosa bisogna fare?L’Agenzia delle Entrate invita i proprietari a controllare se, in base ai lavori effettuati, sia necessario aggiornare i dati catastali. Per farlo, si consiglia di rivolgersi a un professionista (come un geometra o un architetto) e, se necessario, presentare una dichiarazione di aggiornamento catastale.Se il contribuente ritiene che non sia necessario un aggiornamento, deve comunque fornire una spiegazione e la documentazione a supporto utilizzando il servizio “Consegna documenti e istanze” disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, selezionando la categoria “Istanze e comunicazioni ipotecarie catastali” e l’oggetto “Compliance Catasto”, indicando il “codice atto” nella descrizione.Cosa succede se non si risponde?Se il contribuente ignora la comunicazione e non regolarizza la situazione, l’Agenzia delle Entrate avvierà controlli diretti con sopralluoghi. In caso di irregolarità, gli aggiornamenti catastali saranno effettuati d’ufficio e saranno applicate “sanzioni e il recupero delle spese necessarie all’adempimento”.Non è un obbligo, ma un invito a regolarizzarsiL’Agenzia delle Entrate ha chiarito che questa lettera “non impone un obbligo”, ma rappresenta un’opportunità per i proprietari di sanare eventuali irregolarità. In questa prima fase, le comunicazioni sono rivolte ai possessori di immobili “privi di rendita o con valori catastali molto bassi rispetto agli interventi effettuati”. LEGGI TUTTO

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    Lombardia: risparmi familiari in crescita, ma prestiti alle imprese in calo

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    Nel 2024, la Lombardia si conferma ancora una volta come un motore economico trainante per l’Italia, con i risparmi delle famiglie che hanno raggiunto quasi i 550 miliardi di euro. Questo incremento del 9,6% rispetto all’anno precedente equivale a ben 48,3 miliardi di euro in più, segno di una crescente propensione al risparmio e agli investimenti finanziari. È quanto emerge da una ricerca della Fabi presentata in occasione dell’evento odierno “Milano Capitale Finanziaria Italiana”Milano guida la crescita dei risparmiIl capoluogo lombardo si conferma come il cuore pulsante della finanza regionale, registrando un aumento dei risparmi del 10%, pari a 20,9 miliardi di euro in più. La crescita degli investimenti finanziari è stata determinante, con un’impennata del 17,7% in fondi, azioni e titoli di stato. Tuttavia, si è registrata una leggera contrazione nei depositi bancari, scesi dello 0,7% (-649 milioni di euro), segno che una parte della liquidità è stata dirottata verso strumenti di investimento più remunerativi.Le province lombarde: un quadro in evoluzioneOltre a Milano, anche le altre province lombarde hanno mostrato un andamento positivo sul fronte del risparmio. A Brescia e Bergamo, ad esempio, la crescita è stata del 9,8%, rispettivamente con un incremento di 5,2 miliardi e 4,6 miliardi di euro. Entrambe le province si sono distinte per la forte espansione degli investimenti finanziari, con aumenti superiori al 19%.Monza e Brianza segue un trend simile, con un incremento del 9,8% e 4 miliardi di euro in più, grazie a una decisa crescita del settore degli investimenti. Mantova si distingue per un aumento del 10%, spinta da un boom del 21% nei fondi di investimento.Cremona e Como registrano anch’esse una crescita solida, con rispettivamente un +9,1% e +9,3%, grazie all’aumento degli investimenti finanziari che ha superato il 17%. A Lecco il risparmio cresce del 9,2%, sostenuto da una crescita degli investimenti superiore al 20%, mentre Varese segna un incremento dell’8,7% (+3,5 miliardi di euro), trainato da un forte orientamento agli investimenti.Pavia (+8,5%) e Lodi (+7,9%) confermano una buona tenuta del risparmio, sebbene con tassi di crescita leggermente inferiori rispetto ad altre province lombarde. Sondrio rappresenta un caso particolare: qui, a differenza delle altre province, l’aumento ha riguardato sia i depositi sia gli investimenti, portando a una crescita complessiva dell’8,8% (+629 milioni di euro).Prestiti: famiglie in ripresa, imprese in difficoltàSe il risparmio familiare mostra segnali positivi, il mercato del credito lombardo racconta una storia diversa per le imprese. Mentre i prestiti alle famiglie sono aumentati dell’1% (+1,3 miliardi di euro), trainati in particolare da Milano (+2,2%) e Monza e Brianza (+1,1%), i finanziamenti alle imprese hanno subito una contrazione del 2,2%, pari a 4,42 miliardi di euro in meno. Unica eccezione è Lodi, dove i prestiti alle aziende sono cresciuti del 16,8%, in netta controtendenza rispetto al resto della regione.Il commento del segretario Fabi SileoniSecondo Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, «il ruolo trainante di Milano nella ricchezza della Lombardia e del Paese, nonostante il peso del costo della vita, conferma ancora una volta l’importanza strategica del risparmio nel tessuto economico italiano. La capacità di accumulare e gestire il risparmio si rivela infatti un asset fondamentale per la stabilità e la crescita economica complessiva del Paese».Ha poi sottolineato come la grande liquidità accumulata nei conti correnti possa rappresentare un’opportunità mancata: «Se da un lato i risparmi depositati garantiscono una sicurezza finanziaria, dall’altro il mancato impiego di questa liquidità in strumenti di investimento più redditizi si traduce in una perdita di opportunità economiche». LEGGI TUTTO

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    Salari e produttività: il ritardo da colmare

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    In Italia in tema di salari le cose stanno migliorando, perché nel 2024 si è registrata una crescita media del 2,3%. Non c’è dubbio, però, che da decenni gli italiani devono fare i conti con un deciso declino dei salari e dei redditi «di lunga durata», le cui ragioni sono numerose. La strada da recuperare, quindi, resta ancora molto lunga.Secondo l’ultimo rapporto dell’Ilo (l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di tali temi), nessuno tra i Paesi del G20 conosce una performance tanto negativa come quella italiana, che dal 2008 a oggi ha segnato un calo dell’8,7% dei salari reali. La percezione di questo impoverimento è assai comune: i freddi dati statistici la confermano.Bisogna essere consapevoli che in linea di massima i bassi redditi sono la conseguenza di una limitata produttività. La questione da porsi, allora, è per quale motivo l’economia italiana nel suo insieme, salvo alcune lodevoli eccezioni, non ci mette nelle condizioni di fare meglio e di più; e anzi spinge un numero significativo di imprenditori, professionisti e non solo a cercare fuori dai confini la propria realizzazione. Se in generale lavoriamo peggio e questo si riflette nei nostri stipendi, è bene fare chiarezza sulle cause, che non sono per nulla misteriose.Le principali ragioni sono da addebitarsi a un sistema regolatorio e burocratico che imbriglia chiunque, ostacolando la libera iniziativa e quindi la crescita. Se poi teniamo presente quanto è alto il prelievo fiscale, il collasso dell’economia nel suo insieme e il conseguente calo dei salari risultano ben comprensibili.Per giunta, i dati sull’alfabetizzazione dicono che un numero ancora basso di italiani consegue una laurea. Eccezion fatta per la Romania (che però ha risultati migliori nelle facoltà scientifiche), nessuno in Europa ha pochi laureati come noi; e per giunta molti di loro, conclusi gli studi, se ne vanno.In aggiunta a ciò a seguito dell’imporsi di logiche egualitarie il sistema scolastico non funziona più quale ascensore sociale (sul tema è sufficiente leggere il bel volume di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, «Il danno scolastico» edito da La nave di Teseo). Di conseguenza non abbiamo ricambi nelle élite, ma invece una società di figli di papà. In altre parole l’Italia ha individuato una sua via verso il socialismo e le conseguenze si ritrovano anche nelle buste paga.Essere consapevoli di quanto è successo può però aiutare a superare le difficoltà. Abbiamo infatti bisogno di meno Stato e più concorrenza, meno burocrazia e più libera iniziativa, meno garanzie e più incentivi a dare il meglio di sé: fin dai banchi di scuola. Abbiamo bisogno di reintrodurre inventivi a ogni livello, insieme a competizione e libera impresa. LEGGI TUTTO

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    Fincantieri torna all’utile in anticipo. Folgiero: “Possibile cedola nel 2026”

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    Il 2024 si chiude con una svolta decisiva per Fincantieri che torna a registrare un utile netto dopo tre anni e, poiché le aspettative sono ottime anche per l’anno in corso, non si esclude il ritorno al dividendo nel 2026. L’azienda ha infatti riportato un utile netto di 27 milioni di euro, un deciso cambio di rotta rispetto alla perdita di 53 milioni dell’anno precedente. Anche l’Ebitda ha mostrato una crescita significativa, salendo del 28% annuo a 509 milioni, con un margine Ebitda del 6,3%, (5,2% nel 2023).Sul fronte della posizione finanziaria, il passivo si è ridotto sensibilmente: la posizione finanziaria netta è migliorata fino a raggiungere i -1,28 miliardi. Il rapporto di indebitamento (debito/ebitda) è pari a 3,3 volte, migliore rispetto alla guidance di 4,5-5 volte fornita a novembre 2024, e in forte anticipo sul percorso di deleveraging per il 2024 previsto dal piano industriale 2023-27 (6-7 volte). Un altro dato chiave è il backlog totale degli ordinativi, che ha toccato i 51,2 miliardi (6,3 anni di lavoro), a conferma della solidità della strategia aziendale. I nuovi ordini acquisiti nel 2024 sono a livelli record, 15,4 miliardi, più del doppio rispetto al 2023 (6,6 miliardi), trainati in particolare dallo shipbuilding. Insomma, lavoro assicurato fino al 2036 se si considera anche la grande commessa per le 4 mega navi da crociera, la cui contabilità figurerà nel primo quadrimestre 2025. Si tratta dell’accordo record con Norwegian Cruise Line per 4 navi da circa 226mila tonnellate di stazza lorda. LEGGI TUTTO

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    Jack Ma scalda la guerra dei chip. Pechino adesso fa a meno di Nvidia

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    Pechino fa un altro passo avanti per realizzare modelli di intelligenza artificiale sempre più efficienti e allo stesso tempo non essere più dipendente dai chip made in Usa. Sulla falsariga del ciclone DeepSeek, che due mesi fa ha mostrato a tutto il mondo la possibilità di sviluppare modelli AI in grado di competere con ChatGpt di OpenAI a costi notevolmente più bassi, adesso a scendere in campo è Jack Ma (in foto) con Ant Group. La fintech del gruppo Alibaba, stando a quanto riporta Bloomberg, sta sviluppando modelli di intelligenza artificiale che presentano costi di elaborazione del 20% inferiori; per farlo la società fondata da Jack Ma ha utilizzato chip cinesi prodotti da Alibaba e Huawei, raggiungendo risultati simili a quelli che si hanno con i chip Nvidia H800, ossia quelli su cui la Cina ha ricevuto il divieto di utilizzo da parte degli Stati Uniti. Ant non ha rinunciato completamente ai chip Nvidia, ma l’intenzione è non esserne più dipendenti e affidarsi maggiormente alle alternative rappresentate dai chip cinesi o quelli prodotti da Advanced Micro Devices.La guerra dei chip, innescata da Washington con i divieti imposti al fine di limitare l’accesso delle aziende cinesi ai semiconduttori Nvidia più avanzati per i modelli AI, ha mostrato una rapida capacità di Pechino di riadattarsi. Gli analisti di Bloomberg Intelligence ritengono che quanto fatto da Ant va nella direzione di una Cina ben avviata a diventare autosufficiente nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ant prevede di sfruttare i progressi in questo campo per soluzioni di intelligenza artificiale industriali, tra cui l’assistenza sanitaria e la finanza. LEGGI TUTTO

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    Acea, ecco la linea strategica per la sfida dell’acqua in Europa

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    Sono passati pochi giorni dal 22 marzo, la Giornata mondiale dell’acqua, un’occasione per riflettere sulla gestione di questa risorsa fondamentale, sempre più minacciata dai cambiamenti climatici. Acea, primo operatore idrico d’Italia e tra i leader in Europa, ha presentato il suo position paper «Strategia europea per la Resilienza Idrica», delineando una roadmap per le sfide future.Il documento, illustrato dall’amministratore delegato Fabrizio Palermo, si basa su quattro pilastri, le cosiddette 4R: Regia unica, Regole aggiornate, Rimedi chiari e Risorse sufficienti. Si parte dalla costruzione di una Regia unica integrata, creando un organismo centrale di governance a livello nazionale e europeo per l’acqua, incaricato di definire strategie e obiettivi chiari e di tradurli in politiche concrete. Le Regole, opportunamente aggiornate, devono favorire investimenti infrastrutturali su larga scala e incentivare partenariati pubblico-privati. Poi, Rimedi chiari, ovvero modernizzare le reti e le infrastrutture integrando tecnologie avanzate quali l’AI, potenziare il trattamento e il riuso delle acque reflue per raggiungere l’obiettivo Net Zero Water, creando un’economia circolare in cui l’acqua venga riutilizzata per agricoltura e industria. Infine, Risorse sufficienti, riformando le tariffe e introducendo un valore di riferimento nazionale equo e sostenibile ma anche creando nuovi strumenti di finanziamento, come, ad esempio, un Fondo Europeo per l’Acqua, il nuovo Competitiveness Fund, blue bond e meccanismi finanziari adattivi, per garantire investimenti sostenibili in un contesto di cambiamenti climatici ed economici. «Non c’è una singola soluzione», ha dichiarato Palermo, «gli investimenti vanno fatti, c’è un’enorme opportunità di sviluppo in Italia e un forte potenziale per l’industria».Questi temi sono stati al centro dell’incontro della settimana scorsa a Roma tra Palermo e la Commissaria Ue per l’Ambiente e la Resilienza Idrica, Jessika Roswall. Il confronto ha fatto seguito a quello già avvenuto lo scorso gennaio a Davos, durante il World Economic Forum, dove Palermo aveva lanciato l’idea di un’«alleanza dell’Acqua» per mettere il tema idrico al centro dell’agenda politica europea. LEGGI TUTTO