More stories

  • in

    Il dilemma della bella addormentata

    Caricamento playerOltre che protagonista di una delle favole più conosciute di sempre, la bella addormentata è il soggetto immaginario di un esperimento mentale conosciuto da oltre due decenni e molto popolare tra studiosi e appassionati di matematica e filosofia, perché riguarda il modo in cui le informazioni e le convinzioni possono influenzare le scelte razionali. Ideato e proposto tra gli anni Novanta e il Duemila dai filosofi statunitensi Arnold Zuboff e Adam Elga, e discusso negli stessi anni anche dagli economisti Michele Piccione e Ariel Rubinstein, l’esperimento pone una questione ancora oggi irrisolta perché le due soluzioni proposte sono entrambe sostenute da argomenti formalmente validi.Secondo la formulazione classica del dilemma, su cui esistono oltre cento pubblicazioni scientifiche, la bella addormentata accetta di sottoporsi a un esperimento. Il gruppo di ricerca la addormenterà domenica utilizzando un particolare sonnifero che provoca anche una parziale amnesia, e a quel punto lancerà una moneta per decidere come proseguire. Se esce testa, la bella addormentata verrà svegliata e intervistata una sola volta, lunedì. Se esce croce, verrà risvegliata e intervistata due volte: una volta lunedì e un’altra volta martedì, dopo essere stata addormenta di nuovo lunedì, dopo l’intervista.Per effetto della particolare amnesia provocata dal sonnifero, ogni volta che viene svegliata la bella addormentata non sa che giorno sia, se lunedì o martedì, e non sa se sia stata svegliata altre volte in precedenza. Ricorda soltanto le regole dell’esperimento, cioè il criterio del lancio della moneta – il cui risultato lei ignora – per decidere quante volte svegliarla e intervistarla. Nell’intervista le viene posta ogni volta una sola domanda: «Quanta probabilità assegni all’ipotesi che sia uscito testa al lancio della moneta?».Sia gli ideatori del dilemma che le persone che si sono appassionate alla questione nel corso degli anni hanno proposto due possibili risposte. Un gruppo, quello dei cosiddetti “mezzisti” (halfters), sostiene che la bella addormentata dovrebbe rispondere: «una possibilità su due». E lo sostiene sulla base del fatto che la probabilità che la moneta dia testa (o dia croce) è del 50 per cento, indipendentemente dal resto dell’esperimento.Come sostenuto dal filosofo statunitense David Lewis e da altri, si potrebbe anche lanciare la moneta prima anziché dopo aver addormentato la bella addormentata, e – proprio per come è costruito l’esperimento – non cambierebbe molto. Lei comunque non avrebbe informazioni aggiuntive per concludere che, a meno che la moneta non sia truccata, la probabilità che esca testa sia diversa dal 50 per cento. E ogni volta che viene svegliata, secondo i mezzisti, la bella addormentata si trova in questa condizione: non sa se è il suo primo e unico risveglio, o se si tratta del secondo risveglio, né ha modo di scoprirlo. La sua stima sarà quindi inevitabilmente uguale a quella che avrebbe fornito a priori, prima di essere addormentata.– Leggi anche: Costruire nuove strade è un problema matematico non da pocoUn altro gruppo di persone, i “terzisti” (thirders), di cui fa parte anche l’ideatore del dilemma Elga, ritiene invece che la risposta corretta della bella addormentata dovrebbe essere: «una possibilità su tre». Dal punto di vista della bella addormentata possono infatti verificarsi tre diversi eventi: un risveglio di lunedì, dopo che il lancio ha dato testa; un risveglio di lunedì, dopo che il lancio ha dato croce; e un risveglio di martedì, dopo che il lancio ha dato croce. In media, un terzo dei risvegli seguirà un lancio della moneta in cui è uscito testa, e due terzi dei risvegli seguiranno un lancio della moneta in cui è uscito croce.Per metterla nei termini matematici utilizzati dalla divulgatrice e fisica tedesca Manon Bischoff, se la bella addormentata sapesse al suo risveglio che è lunedì (L), allora la probabilità (P) dell’evento “lunedì/testa” (T|L) e quella dell’evento “lunedì/croce” (C|L) sarebbero certamente uguali: e cioè P(T|L) = P(C|L) = ½. E se la bella addormentata sapesse al suo risveglio che è uscito croce (C), sarebbero uguali la probabilità (P) che sia lunedì (L) e quella che sia martedì (M): e cioè P(C|L) = P(C|M) = ½.La conseguenza logica di queste premesse, in base al calcolo della probabilità condizionata, è che nel caso generale – e cioè in assenza di informazioni date alla bella addormentata – tutti e tre gli eventi hanno la stessa probabilità: e cioè P(T|L) = P(C|L) = P(C|M). Secondo Elga, poiché la bella addormentata si sveglia due volte più spesso nel caso in cui esce croce rispetto al caso in cui esce testa, dovrebbe rispondere che la probabilità che sia uscito testa al lancio della moneta è una su tre.Questo punto di vista è spesso rafforzato dall’idea che l’esperimento sia ripetuto un certo numero di volte e non una volta soltanto (sebbene la valutazione delle probabilità dei tre eventi, secondo i terzisti, non sia diversa nemmeno nel caso in cui sia effettuato una sola volta). Se l’esperimento venisse ripetuto 1.000 volte, in media si verificherebbero 500 risvegli singoli e 500 doppi risvegli, per un totale di 1.500 interviste: 1.000 di queste interviste seguirebbero un lancio in cui è uscito croce, e questo renderebbe poco sensata la risposta dei mezzisti.– Leggi anche: Per valutare il successo bisogna considerare il “pregiudizio di sopravvivenza”In altri casi sono state analizzate versioni modificate dell’esperimento mentale, più estreme. In una versione suggerita nel 2006 dal filosofo svedese Nick Bostrom, la bella addormentata viene svegliata e intervistata non soltanto una seconda volta il giorno successivo al primo risveglio, nel caso in cui esca croce, ma un milione di altre volte. Anche in questo caso, la risposta della bella addormentata secondo cui c’è una possibilità su due che sia uscito testa non sembra la più sensata.Portare all’estremo alcune caratteristiche dell’esperimento è una tecnica utilizzata anche per venire a capo di altri dilemmi relativi al calcolo delle probabilità, tra cui il problema di Monty Hall. In quel caso, un ipotetico gioco a premi, il giocatore può scegliere fra tre porte: dietro una c’è un’automobile e dietro le altre due una capra. Il giocatore sceglie una porta, ma riceve la possibilità di cambiare la sua scelta dopo che il conduttore apre una delle due porte dietro cui si trova una capra. L’idea che al giocatore convenga a quel punto cambiare la sua scelta iniziale appare controintuitiva a molte persone, ma diventa più ragionevole nel caso in cui le porte siano molte di più, un milione, e il conduttore ne apra 999.998 con dietro una capra, dando al giocatore la possibilità di cambiare a quel punto la sua scelta iniziale.Versioni modificate dell’esperimento della bella addormentata sono però state utilizzate anche per indebolire l’opinione dei terzisti, ricorda Bischoff, ponendo come esempio il caso in cui l’esito del lancio della moneta venisse sostituito dall’esito di una scommessa sportiva su un evento facilmente prevedibile: una corsa podistica tra la cantante Taylor Swift e l’ex corridore Usain Bolt. Se vince Bolt, come molte persone considererebbero più probabile, la bella addormentata viene svegliata e intervistata soltanto lunedì. Se vince Swift, la bella addormentata viene svegliata e intervistata ogni giorno per un mese.La probabilità che Bolt perda contro Swift è molto bassa, ma applicando la logica “a posteriori” utilizzata dai terzisti, secondo Bischoff, la bella addormentata dovrebbe comunque considerare più probabile un suo risveglio avvenuto dopo una vittoria di Swift: perché in questo caso, per quanto improbabile, lei però verrebbe svegliata 30 volte. Le obiezioni a questo tipo di versione modificata dell’esperimento mentale si basano sul fatto che alterano in modo troppo significativo l’esperimento stesso e il tipo di informazioni a disposizione della bella addormentata.In termini generali, a prescindere dalla soluzione proposta, il dilemma è considerato un esempio utile di enigma relativo alla teoria delle decisione, lo studio matematico e statistico del modo in cui compiamo scelte tra varie alternative possibili. E mostra come le convinzioni e le informazioni delle persone, in questo caso quelle della bella addormentata, possano portare a più conclusioni razionali. LEGGI TUTTO

  • in

    Il “cappello” a un annoso problema matematico

    Caricamento playerImmaginiamo che Roger abbia comprato un monolocale con una metratura infinita e voglia posarci un pavimento di piastrelle. Roger però è un tipo particolare e vuole che per l’intero pavimento siano utilizzate piastrelle tra loro tutte uguali e che accostate producano un motivo che non si ripete mai uguale (aperiodico), all’infinito. In altri termini, Roger è alla ricerca di un “einstein”, non nel senso di Albert Einstein, ma di un “tassello non periodico”, una forma che riempia il piano geometrico con un motivo che non si ripete mai allo stesso modo. La parola einstein in questo caso deriva dal tedesco “ein Stein”, letteralmente “una pietra”, intesa con una certa approssimazione come una piastrella o ancora più in generale una forma.Quello di Roger è un problema matematico, perché un comune pavimento di piastrelle può teoricamente proseguire all’infinito, ma intere sue sezioni potranno sempre essere sovrapposte perfettamente l’una sull’altra perché si ripetono in qualche modo: per quanto sia enorme ed esteso un singolo motivo, infatti, prima o poi accade sempre. Nel caso dei tasselli non periodici invece questa perfetta sovrapposizione non può essere effettuata, ma non è semplice trovare le giuste forme dei tasselli per poterlo fare. Specialmente se si vuole utilizzare sempre e solo una forma, un einstein appunto. Fino a qualche tempo fa sembrava essere un problema irrisolvibile, ma ora un appassionato di matematica e geometria dice di esserci riuscito e le dimostrazioni che ha presentato sono piuttosto convincenti.L’annuncio ha fatto molto discutere gli esperti di tassellazioni, cioè chi studia i modi per ricoprire un piano con una o più figure geometriche che si ripetono all’infinito e senza sovrapposizioni. Farlo periodicamente, quindi con ripetizioni, è sostanzialmente la norma, ma da decenni i matematici si chiedono quali siano i modi migliori per farlo aperiodicamente. All’inizio sembrava pressoché impossibile, poi a partire dagli anni Sessanta iniziarono a esserci studi e ricerche sulla produzione di motivi non periodici utilizzando migliaia e poi centinaia di tasselli diversi tra loro.Un importante progresso fu ottenuto negli anni Settanta dal matematico britannico Roger Penrose, quando dimostrò che con due soli tasselli fosse possibile ottenere una tassellazione di superfici infinite in modo aperiodico. Nel 2020, Penrose ha vinto il premio Nobel per la Fisica, ma per i suoi studi su oggetti molto più sfuggenti delle piastrelle: i buchi neri.(Penrose, 1974)Con il suo studio, Penrose aprì la strada allo sviluppo di numerose combinazioni di coppie di tasselli diversi sufficienti per raggiungere lo scopo. Il catalogo delle coppie di forme possibili divenne sempre più grande, ma i più ambiziosi continuavano a chiedersi se non ci fosse il modo di raggiungere il medesimo risultato con un solo tassello: un einstein, appunto. Tra i più interessati a riuscirci c’era David Smith, un ex tecnico di stampa britannico di 64 anni appassionato di forme geometriche e di come si dispongono sul piano.Smith non ha una grande preparazione matematica, ma usa l’intuizione quando si tratta di lavorare con i tasselli, procedendo per prove ed errori e migliorando via via le forme che ritiene più promettenti; utilizza anche alcuni software che consentono di simulare la costruzione di poligoni. Ha stampato i più promettenti in decine di copie e ha provato poi a unirli tra loro a mano su una superficie, osservando i motivi che formano e verificando se possano o meno ripetersi dopo un certo numero di aggiunte di nuovi tasselli. È un po’ come fare un puzzle, ma senza sapere quale disegno apparirà.Dopo molte prove e fallimenti, lo scorso novembre Smith ha elaborato un tassello che pareva fare al caso suo: non sembrava ripetere mai lo stesso motivo. Pensando di avere infine tra le mani un einstein, si mise in contatto con l’informatico Craig Kaplan dell’Univerisità di Waterloo (Canada) con il quale aveva già collaborato in passato.Kaplan inserì la forma in un simulatore che aveva sviluppato per produrre tassellazioni sempre più grandi, notando che anche aumentandone enormemente la superficie non si creavano discontinuità sul piano: i tasselli si incastravano tra loro sempre perfettamente. In seguito Smith e Kaplan determinarono il modo in cui, partendo da una specifica tassellazione, se ne può ottenere una più grande con le stesse caratteristiche di base e capirono come il metodo potesse essere esteso potenzialmente all’infinito, ottenendo una dimostrazione sufficiente per affermare di avere infine trovato un einstein, come spiegano nella loro ricerca scritta insieme a Joseph Samuel Myers e Chaim Goodman-strauss.Il tassello “the hat” (“il cappello”) trovato da Smith (David Smith et al.)Smith ha chiamato il suo tassello “the hat” (“il cappello”) perché gli ricorda un Fedora, anche se a osservarlo sembra più un body per neonati o una t-shirt. È una forma costituita da otto aquiloni nel senso geometrico del termine: potete considerarli parenti del rombo (che è un aquilone convesso con tutti e quattro i lati congruenti). Se si disegnano molti esagoni contigui, si può formare “il cappello” prendendo alcuni loro pezzetti con relativa facilità, ma evidentemente fino a Smith nessuno aveva intravisto le potenzialità di quel tassello.(David Smith et al.)C’è però un piccolo particolare che non sembra ancora mettere tutti d’accordo sull’einstein di Smith. Il suo tassello permette di raggiungere l’aperiodicità solo se viene utilizzata anche la sua versione speculare nella formazione della tassellazione. Alcuni si sono chiesti se questo dettaglio non faccia sì che in realtà i tasselli siano due e non uno solo, di conseguenza squalificando “il cappello” come einstein. C’è comunque un certo consenso sul fatto che un singolo tassello possa essere considerato tale anche se viene impiegata la sua versione speculare per riempire il piano.Lo studio di Smith e degli altri autori è stato molto commentato e per ora non sono stati rilevati errori o stranezze, ma la ricerca è comunque in attesa di una revisione formale prima di essere pubblicata su una rivista scientifica. Nel frattempo è già partita la corsa alla ricerca di un einstein che permetta di formare tassellazioni non periodiche senza dover utilizzare anche la sua immagine speculare. LEGGI TUTTO

  • in

    Come sette ponti portarono a una nuova matematica

    Nell’antica città prussiana di Königsberg, oggi l’exclave russa Kaliningrad, c’erano sette ponti che collegavano la terraferma e due grandi isole, circondate dal fiume Pregel. Si racconta che circa tre secoli fa gli abitanti della zona avessero tra i loro passatempi quello di provare ad attraversarli tutti e sette uno di fila all’altro, senza però percorrere lo stesso per due volte, ma che nessuno ci riuscisse mai veramente. Erano i primi sperimentatori inconsapevoli di un problema che avrebbe portato allo sviluppo di una nuova forma di matematica, e che avrebbe coinvolto uno dei più grandi matematici di tutti i tempi: Eulero.A dirla tutta non ci sono molti elementi storici per confermare che l’impresa fosse una fissazione degli abitanti della città. Di sicuro la faccenda dei ponti di Königsberg aveva appassionato Carl Gottlieb Ehler, un matematico che sarebbe poi diventato sindaco di una città vicina. Dopo essersi a lungo scervellato sul problema entrò in contatto tramite un amico con Eulero, e gli scrisse per porgli il problema dei sette ponti. Voleva capire se davvero non ci fosse soluzione e quale fosse la spiegazione matematica, tale da poter essere applicata anche in altri contesti.Inizialmente Eulero pensò che la richiesta non avesse nulla a che fare con la matematica e non le diede molto seguito. I problemi irrisolti o irrisolvibili esercitano però una certa fascinazione tra i matematici, di conseguenza Eulero non lasciò completamente perdere la storia di Königsberg, finendo infine per appassionarsi al problema. Osservò una mappa della città con i ponti che mettevano in comunicazione le due isole con la terraferma e un ponte che consentiva di passare anche da un’isola all’altra, chiedendosi quale fosse l’approccio migliore da seguire per venirne a capo. Sapeva che doveva semplificare il più possibile il problema, eliminando le distrazioni.(Zanichelli)Come prima cosa notò che il percorso seguito su ogni pezzo di terra era sostanzialmente irrilevante, perché ciò che contava era semplicemente la sequenza con cui venivano attraversati i sette ponti. Semplificò quindi il problema rendendolo in termini più astratti, usando i punti per i pezzi di terra e linee a simboleggiare ciò che li univa.(Zanichelli)Con quella semplificazione, Eulero aveva posto le basi per quella che oggi chiamiamo teoria dei grafi, fondamentale in numerosi ambiti – dalla matematica all’informatica – per schematizzare i processi e le soluzioni e dare loro un “senso” matematico. In termini più attuali, possiamo dire che Eulero identificò nei pezzi di terra quelli che nella teoria dei grafi si chiamano “nodi” (o “vertici”) e nei ponti quelli che nella stessa teoria sono detti “archi”.La nuova rappresentazione di Eulero poteva essere valida per molti altri ambiti, non solo per le vie e i ponti di Königsberg. Lo schema mostrava infatti che solamente le informazioni legate al modo in cui erano collegati i nodi era importante, mentre la forma complessiva del grafo e il modo in cui era rappresentato erano secondari. In altre parole, dipendeva tutto dai nodi e dagli archi che li mettevano in comunicazione.Ottenuto un nuovo modo di rappresentare il problema, Eulero provò a capire la questione dell’unico attraversamento di tutti e sette i ponti partendo da alcune considerazioni generali. Notò che fatta eccezione per i punti di partenza e arrivo, quando si raggiunge un nodo tramite un ponte lo si può poi abbandonare solo attraversando nuovamente un ponte. Detta più semplicemente, se raggiungi un’isola in mezzo a un fiume tramite un ponte, puoi abbandonare l’isola solo ripercorrendo lo stesso ponte (quindi lo percorri due volte). Se le regole del gioco sono di usare una sola volta un ponte, avrai bisogno di un altro ponte per lasciare l’isola (in questo caso percorri due ponti).Ne consegue che il numero di volte in cui si raggiunge un nodo (che non sia all’inizio o alla fine del percorso) è uguale al numero di volte in cui lo si lascia: ponte – isola – ponte.Se ogni ponte può essere attraversato una sola volta, allora il numero di ponti che collega ogni nodo eccetto quelli di partenza e di arrivo deve essere pari: metà consentono di raggiungerlo e metà di lasciarlo. Per intenderci, se un nodo fosse collegato da tre ponti, potrei arrivarci con il ponte 1, lo potrei poi abbandonare con il ponte 2 e tornarvi nuovamente col ponte 3, ma a quel punto per lasciare il nodo dovrei ripassare su un ponte già utilizzato non disponendo di un quarto ponte. Pessime notizie per Carl Gottlieb Ehler.I quattro nodi della città erano infatti toccati da un numero dispari di ponti: uno era toccato da cinque ponti, mentre gli altri tre da tre ponti. Considerato che al massimo due nodi possono fare rispettivamente da punto di partenza e di arrivo, non c’è modo di fare una passeggiata attraversando una sola volta tutti e sette i ponti.Il numero nella freccia indica l’ordine dei vari attraversamenti dei pontiUsando i termini della teoria dei grafi, possiamo dire che la possibilità di attraversare una sola volta ogni arco in un grafo dipende dai “gradi” dei nodi. Il grado di un nodo indica semplicemente il numero di archi che lo toccano. Per esempio, il nodo “A” nell’immagine qui sopra è di grado 5.Dai propri studi Eulero derivò una teoria, che oggi non a caso chiamiamo “cammino euleriano”, e che può essere applicata a tutti i grafi con almeno due nodi. Un cammino che tocchi tutti gli archi una sola volta è possibile solamente a una di queste due condizioni. La prima è che ci siano esattamente due nodi di grado dispari e i restanti di grado pari. In questo caso i punti di partenza e di arrivo sono i due nodi di grado dispari.Cammino euleriano, il numero nel cerchio indica il gradoLa seconda si verifica quando tutti i nodi sono di grado pari, cosa che consente di far coincidere il nodo di partenza con quello di arrivo, a prescindere da quello che viene scelto per primo. In questo caso il grafo viene definito un circuito euleriano.Circuito euleriano, il numero nel cerchio indica il gradoTornando a Königsberg, l’unico modo per creare un cammino euleriano è fare a meno di uno qualsiasi dei sette ponti della città. E in effetti nel corso della Seconda guerra mondiale il problema fu risolto in modo piuttosto drastico, quando i bombardamenti sovietici distrussero ben due ponti cittadini. Durante la guerra andò distrutta buona parte della città, che fu poi ricostruita quando passò sotto il controllo dell’Unione Sovietica e in seguito della Russia con il nome di Kaliningrad.Nonostante i traumatici sviluppi degli ultimi 80 anni, il precedente nome della città continua a essere ancora utilizzato ai giorni nostri, in parte grazie al proverbiale problema dei suoi ponti. Dimostrando l’impossibilità di attraversarli tutti una volta sola, Eulero mise le basi per la teoria dei grafi e per il successivo sviluppo della topologia, la parte della geometria che si occupa dello studio delle proprietà degli oggetti matematici, che non cambiano quando vengono deformati (a patto di non creare strappi, sovrapposizioni e incollature). LEGGI TUTTO