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    Riace, il Consiglio comunale respinge la richiesta di decadenza di Mimmo Lucano

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaMimmo Lucano resta sindaco di Riace. Il consiglio comunale, infatti, nella seduta dell’8 aprile ha respinto la decadenza con un voto a maggioranza, un solo astenuto e l’assenza dei tre consiglieri di opposizione, dopo il provvedimento di metà marzo della prefettura di Reggio Calabria in seguito alla condanna definitiva a 18 mesi per un falso contestato a Lucano nel processo “Xenia”. Lucano non era presente. Secondo il Viminale, seppur con pena sospesa la condanna rientrerebbe nella fattispecie della legge Severino per la quale Lucano sarebbe stato ineleggibile. La Prefettura può ricorrere al giudice civile.Lucano: spero che la vicenda della decadenza si chiuda qui«Non avevo dubbi sulla decisione del Consiglio comunale che avrebbe votato contro la mia decadenza. Spero che la vicenda si chiuda qui, ma se la Prefettura, come ha già annunciato, promuoverà l’azione popolare, ovviamente cercherò di far valere le mie ragioni in tutte le sedi opportune che la legge mi consentirà», ha commentato il sindaco di Riace ed europarlamentare Mimmo Lucano.Loading…Mimmo Lucano assolto: “Uscita da un tunnel”Sull’applicazione della Severino Lucano sta pensando di rivolgersi a Mattarella«Nel mio caso – ha aggiunto – l’applicazione della legge Severino, per come dicono tutti gli avvocati ed esperti di diritto amministrativo, è assurda. Proprio per questo stiamo pensando di rivolgerci al presidente della Repubblica Sergio Mattarella». LEGGI TUTTO

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    Terzo mandato di De Luca, la Consulta decide sul ricorso del Governo: ecco perché il caso si intreccia con quello di Zaia

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRiflettori della politica puntati sulla Corte costituzionale, chiamata a valutare la legge regionale campana del novembre scorso che autorizza il terzo mandato per Vincenzo De Luca. Una partita con ripercussioni non solo locali, visto il pressing della Lega sugli alleati a favore della ricandidatura di Luca Zaia e il secco no di Schlein all’ipotesi di tenere ancora in campo un De Luca ormai distante anni luce dal Nazareno. Oggi si terrà l’udienza pubblica della Consulta e la decisione potrebbe arrivare già in serata o, più probabilmente, giovedì.Scenari in casa dem A chiedere il giudizio della Corte è stato il Consiglio dei ministri, impugnando la legge campana che fa decorrere il computo dei due mandati da quello attualmente in corso. Nel caso di una bocciatura, per il Pd sarebbe più semplice cercare con lo stesso presidente uscente un’intesa su un nome condiviso che guidi un’ampia coalizione, sul modello di Manfredi a Napoli. Se invece l’ipotesi terzo mandato fosse confermata, De Luca potrebbe ipoteticamente correre anche senza il Pd, oppure dettare condizioni politiche molto più pesanti in cambio di un passo indietro volontario, come la scelta di un nome di sua assoluta fiducia.Loading…La partita nel centrodestraSpettatore interessato è ovviamente il centrodestra, chiamato a scegliere tra una candidatura politica (in campo finora Cirielli per FdI e Zinzi per la Lega, il ministro Piantedosi ha ribadito ieri di non essere interessato) e quella di un “civico”, ipotesi che Forza Italia potrebbe gradire dopo il ritiro del suo frontman Martusciello. Intanto, sul ricorso alla Consulta si è consumato l’ennesimo strappo tra il presidente campano e i dem, accusati di non aver protestato per l’impugnazione del Governo decisa nonostante per il via libera al terzo mandato in Veneto e Piemonte non fossero state avanzate obiezioni. «È vergognoso – ha detto nei giorni scorsi De Luca – che un partito di opposizione di fronte al calpestamento del principio che la legge è uguale per tutti non dica una parola. L’ennesima prova di ipocrisia di un gruppo dirigente che è arte povera».Il pressing dei GovernatoriOcchi puntati su Palazzo della Consulta anche da parte del Carroccio. La linea ufficiale del partito è quella del dialogo con gli alleati, ma la Lega non intenderebbe mollare né Lombardia, né Veneto malgrado le richieste di Fratelli d’Italia. «Dobbiamo dare ai cittadini la possibilità di scegliere da chi essere amministrati. Se una norma impedisce questa scelta, c’è un problema di democrazia», sostiene il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, anche lui al secondo mandato. LEGGI TUTTO

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    La maggioranza ritira l’emendamento per lo stop ai ballottaggi nei comuni?

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIl blitz in Senato per cambiare la legge elettorale per i Comuni con oltre 15mila abitanti abbassando la soglia al di sotto della quale si va al ballottaggio dal 50% al 40% è già rientrato: l’emendamento firmato dai quattro capigruppo della maggioranza al decreto elezioni sarà ritirato e trasformato in disegno di legge. L’annuncio arriva in serata dagli stessi capogruppo ed evita al presidente meloniano della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni il fastidioso compito di dover dichiarare inammissibile l’emendamento. Lo stesso presidente del Senato Ignazio La Russa, interpretando certamente il pensiero del Quirinale, aveva infatti già dichiarato nei giorni scorsi la sua contrarietà allo strumento del decreto: l’articolo 72 della Costituzione, infatti, vieta di intervenire per decreto sulle formule elettorali.Ma se la maggioranza rinuncia al blitz per decreto non rinuncia certo all’obiettivo, ossia quello di rendere i ballottaggi un’ipotesi residuale puntando tutto sul primo turno: chiaro che ad essere penalizzato in questa fase politica è soprattutto il centrosinistra, che fatica a mettere insieme larghe coalizioni ma che poi spesso si ricompone al secondo turno. Un’allergia a tutto campo, quella del centrodestra al ballottaggio, che ha fin qui bloccato anche la messa a punto della legge elettorale per l’elezione del premier facendo finire su un binario morto la stessa riforma costituzionale, visto che il Ddl Casellati giace da mesi in commissione alla Camera dopo il primo via libera del Senato del giugno scorso. L’unico modo per assicurare al premier una maggioranza certa, come recita il testo del Ddl Casellati, è infatti quello di prevedere il ballottaggio tra i primi due arrivati se nessuno raggiunge una certa soglia: la stessa premier Giorgia Meloni è favorevole ad un secondo turno se nessuno raggiunge una certa soglia, individuata appunto nel 40% come quella che si vuole inserire per i Comuni. Ma Forza Italia e soprattutto la Lega di ballottaggio non vogliono neanche sentir parlare, sia esso vero o residuale, e guardano piuttosto al modello delle Regioni dove vige un turno unico con premio di maggioranza. Anche per questo il testo del Ddl Casellati è piuttosto vago sul sistema di voto: «La legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, assegnando un premio di base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio». Stop. Non è fissata una soglia al di sopra della quale può scattare il premio per evitare che sia abnorme (la Consulta ha stabilito negli anni scorsi che non può superare il 15%), né quindi viene previsto che cosa accade se nessuno la raggiunge.Loading…Ed è così che in queste ore, quando ancora il confronto all’interno della maggioranza sulla legge elettorale che dovrà sostituire il Rosatellum non è formalmente iniziato, spunta una sorta di “lodo Donzelli”: è il fidato deputato meloniano, infatti, a lanciare l’ipotesi che se nessuno raggiunge il 40% semplicemente il premio non scatta, consegnando una fotografia tutta proporzionale. «Una soglia va certamente messa, visti i noti paletti della Consulta – è il ragionamento che Giovanni Donzelli fa con i suoi -. Se non è possibile inserire il ballottaggio residuale si può lasciare solo il premio sopra il 40%». L’idea di fondo è che il turno unico spingerebbe all’aggregazione dei partiti e dunque al superamento quasi certo della fatidica soglia. Certo, a quel punto occorrerebbe in seconda lettura togliere la parola “garantisca” dal Ddl Casellati.Il “lodo Donzelli” potrebbe sbloccare l’impasse e portare all’approvazione di una riforma elettorale che potrà essere usata già alle prossime politiche anche nel caso in cui la riforma del premierato non fosse nel frattempo entrata in vigore (l’ipotesi al momento più accreditata è che il referendum confermativo si tenga a prossima legislatura già iniziata). Turno unico con l’obbligo di indicare il nome del candidato premier della coalizione sulla scheda elettorale: ce n’è abbastanza per mandare in tilt un centrosinistra non solo diviso e litigioso ma in cui non c’è una premiership riconosciuta da tutti. La segretaria del Pd Elly Schlein, incalzata dal leader 5S Giuseppe Conte, dovrebbe quanto meno sottoporsi al rito pur sempre rischioso delle primarie di coalizione LEGGI TUTTO

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    Governo: perché Salvini vuole tornare al Viminale, anche se per ora resta al Mit

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaMatteo Salvini, acclamato segretario della Lega per la terza volta, vuole tornare al Viminale. Lì lo reclamano militanti e vertici del Carroccio. E lui stesso non si è tirato indietro quando domenica dal palco di Firenze il vicepremier si è detto “a disposizione” per un eventuale ritorno. E’ ormai caduto lo stigma dell’accusa di sequestro di persona grazie all’assoluzione al processo Open Arms di Palermo. L’aspirazione è legittima. Ma implicherebbe che l’attuale titolare del ministero, Matteo Piantedosi, facesse un passo indietro. Cosa che, almeno al momento, non sembra intenzionato a fare, forte anche del sostegno di FdI e Forza Italia che ne difendono l’operato.Le motivazioni di SalviniDa tempo Salvini è convinto che solo da ministro dell’Interno potrà rilanciare le percentuali della Lega e sperare così nell’altro obiettivo, inscritto nel nome del partito: Lega primo partito della coalizione e Salvini premier. Con un solo altro tentativo a disposizione, quello delle prossime elezioni. Perchè questo mandato, ha fatto intendere, sarà l’ultimo: «Al prossimo congresso sarò qui da delegato, e qui in sala c’è chi sarà il prossimo segretario, anche se non so chi» ha dichiarato infatti Salvini che alle assise previste nel 2029 dunque non correrà da segretario.Loading…La retromarcia della LegaMa tra gli alleati di governo, la proposta viene vista come un rimpasto ad personam né necessario né voluto. Salvini al Viminale? «Io ho grande considerazione del ministro Piantedosi, sta lavorando benissimo» dichiara gelido il ministro degli Esteri Antonio Tajani al margine del Consiglio Ue Commercio. E la stessa premier ha sempre fatto capire di non gradire nessun rimpasto. Davanti al muro degli alleati e al silenzio di Meloni, la cautela diventa d’obbligo e dalla Lega spiegano che se, da un lato, «il desiderio del partito è chiaro», «Salvini non intende fare forzature o accelerazioni», è «totalmente immerso nel suo lavoro al Mit» con un approccio sempre costruttivo a beneficio della maggioranza». Conclusione: il partito «non pone e non porrà problemi a Giorgia Meloni». Per ora Salvini resta al Ministero delle Infrastrutture.La telefonata con PiantedosiEd è probabilmente per disinnescare eventuali tensioni che lo stesso Salvini sente il ministro dell’Interno, Matteo Piantendosi (suo capo di gabinetto quando il leader della Lega era il titolare del Viminale ai tempi del governo Conte I) come riferiscono fonti della Lega, assicurando che «tra i due c’è stima, amicizia e sintonia. Il feeling umano, professionale e politico non verrà mai meno e non è in discussione». E Salvini, ospite di ’Cinque minuti’ su Raiuno, frena ancora: «Io ritengo che Piantedosi, oltre a essere un leale servitore dello Stato, sia anche un ottimo ministro. Noi le risposte le diamo anche approvando il decreto sicurezza».Per la vulgata leghista, in caso di rimpasto, Piantedosi potrebbe lasciare il ministero dell’Interno e correre per la presidenza della Campania alle prossime regionali. Una prospettiva che, però, il titolare del Viminale sembra non considerare affatto. Almeno per ora: «Io fuori dal ministero ambirei solo ad un ruolo all’Avellino Calcio, è l’unica passione che coltivo al di fuori del Viminale», risponde LEGGI TUTTO

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    Dazi, vertice di governo: sul tavolo le ipotesi per sostenere le imprese –

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaNella riunione a Palazzo Chigi «per un approfondimento sul tema dei dazi imposti dagli Stati Uniti e le possibili implicazioni per l’economia italiana», i ministri «hanno illustrato» alla premier Giorgia Meloni «le diverse ipotesi allo studio per sostenere le filiere produttive e rilanciare la competitività delle imprese. Proposte che saranno al centro del confronto con le categorie produttive, in programma per domani». Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi. Al vertice di governo hanno partecipato i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, i ministri Giancarlo Giorgetti (Economia), Tommaso Foti (Affari Ue), Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), Francesco Lollobrigida (Agricoltura). I ministri interessati hanno discusso inoltre «degli strumenti necessari per sostenere le imprese, intervenendo sulle regole ideologiche e poco condivisibili del Green Deal e sulla necessità di semplificare il quadro normativo».Vertice sui dazi: guerra commerciale non avvantaggia nessuno Loading…«È stato ribadito che una “guerra commerciale” non avvantaggerebbe nessuno, né l’Unione Europea né gli Stati Uniti. È emersa la necessità di affrontare il tema con determinazione e pragmatismo, perché ogni allarmismo rischia di causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi» riferisce ancora la nota di Palazzo Chigi al termine della riunione fra la premier Giorgia Meloni e i ministri «per un approfondimento sul tema dei dazi imposti dagli Stati Uniti e le possibili implicazioni per l’economia italiana»A Palazzo Chigi vertice con Meloni e ministriAd annunciare la nuova riunione della ’task force’ sui dazi era stata la stessa presidente del Consiglio in occasione del Cdm di venerdì scorso. «Ho deciso di chiedere ai due vicepremier, al ministro dell’Economia, dell’Industria, dell’Agricoltura, delle Politiche europee, di vederci lunedì pomeriggio e di portare ciascuna per la propria competenza uno studio sull’impatto che questa situazione può avere per la nostra economia», aveva detto Meloni. Lo stesso gruppo di lavoro si confronterà anche con i rappresentanti delle categorie produttive, che saranno ricevuti domani a Palazzo ChigiVerso missione Meloni a Washington il 16 aprileIntanto prende sempre più quota la missione negli Usa della premier. Giorgia Meloni andrà a Washington il 16 aprile. Lo confermano all’Adnkronos fonti informate, in attesa dell’annuncio ufficiale di Palazzo Chigi e della Casa Bianca. Incrociando le agende della premier e del presidente americano sarebbe stata individuata questa data per l’incontro con Donald Trump, che avverrà solo due giorni prima dell’arrivo in Italia del vice presidente JD Vance. La missione di Meloni a Washington, con ovviamente al centro la questione dei dazi che ha stravolto l’agenda di un incontro a cui si lavorava da tempo, cadrà anche all’indomani della data individuata dall’Unione Europea per cominciare ad applicare i controdazi decisi in risposta ai dazi americani. LEGGI TUTTO

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    Tajani: no a una guerra commerciale, governo è operativo in difesa delle imprese italiane

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«Ci sarà con effetto dal 15 aprile una lista di prodotti americani su cui mettere i dazi. È una vecchia lista congelata, io ho chiesto il rinvio ma mi pare che la posizione prevalente sia di cominciare dal 15». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine del consiglio Affari esteri in formato Commercio a Lussemburgo. Se nella lista c’è il whiskey? «Ho chiesto che non ci sia, la lista verrà stilata tra stasera e domani, diciamo che sono moderatamente ottimista», ha spiegato Tajani aggiungendo che la seconda serie di contromisure dovrebbe entrare in vigore il 15 maggio ma, «da qui al 15 c’è ancora tempo per la trattativa».No ad una guerra commercialeInvestire negli Usa è un modo per «proteggere» le esportazioni italiane. Lo dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a margine del consiglio Ue commercio. Per il Ministro una guerra commerciale «sarebbe esiziale per gli Usa come per la Ue e noi dobbiamo proteggere le nostre esportazioni e il sistema industriale, per questo occorre trattare con gli Usa e lo deve fare l’Europa unita».Loading…La fiducia verso il commissario Sefcovic (responsabile del commercio in rappresentanza della Commissione europea che agisce su mandato dei governi sulla politica commerciale) è sulle mosse che si stanno compiendo in questi giorni, «l’obiettivo ideale sarebbe trovare un accordo con zero tariffe da una parte e dell’altra, una via intermedia potrebbe essere la riduzione dei dazi del 10% da parte americana. Con un’Europa unita, l’Italia può lavorare per una dilazione dell’imposizione della reazione europea, cioè una lista (di contromisure) congelata». In tal quadro «lavoreremo perché la lista non sia perniciosa per le nostre imprese, per dazi che non provochino reazioni da parte americana».Meloni a WashingtonTajani ha ripetuto che «è il momento di mostrare grande equilibrio, serietà, evitare reazioni scomposte che provocherebbero danni non solo al commercio americano ma anche europeo e italiano». E più volte ha battuto il tasto sul concetto che da parte italiana «c’è voglia di lavorare con la Ue: non prenderemo alcun atteggiamento in contrasto con la Ue, daremo un contributo di equilibrio, di assoluta contrarietà a una guerra dei dazi». Il riferimento quasi ossessivo all’unità della Ue e alla fiducia verso Bruxelles si spiega con la necessità di smarcarsi dalle posizioni della Lega.Chiarendo come sia possibile trattare in questa fase, visto che un negoziato implica una volontà da entrambe le parti di farlo, il ministro degli esteri ha detto: «La trattativa è aperta, Sefcovic ha già avviato una interlocuzione con gli Usa, non mi pare che il dialogo si sia interrotto, ora dobbiamo andare avanti cercando comunque la trattativa». Poi ha fatto riferimento alla missione della premier Meloni a Washington: «Mi auguro possa essere utile, tutti noi governi europei dobbiamo convincere gli Usa ad avere una posizione dialogante, poi la trattativa la fa la Commissione». LEGGI TUTTO

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    Mattarella: qualità dei servizi per contrastare denatalità

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di lettura«Il tasso di mortalità materna e infantile in Italia è incoraggiante e testimonia la presenza di un sistema sanitario diffuso, in grado di garantire cure di alta qualità e supporto a future madri e neonati. La crescente denatalità che affligge il nostro Paese impone tuttavia un impegno costante e mirato per assicurare la continuità e la qualità dei servizi, a beneficio di tutte le generazioni, in aderenza al carattere universalistico del nostro sistema sanitario». Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio in occasione della giornata mondale della salute.Il Capo dello Stato sottolinea che «il diritto alla salute è una conquista della nostra civiltà, frutto di decenni di impegno civile e mobilitazione popolare, riforme sociali e progressi scientifici. La recente esperienza pandemica ha evidenziato come la salute globale sia vulnerabile e quanto sia cruciale investire in sistemi sanitari robusti, pronti a fronteggiare le emergenze».Loading…«Il tema scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – prosegue il Capo dello Stato – per celebrare la giornata odierna ci invita a concentrarci sulla salute delle madri e dei nuovi nati: “Un inizio sano, un futuro pieno di speranza”. Migliorare l’accesso alle cure prenatali, formare operatori sanitari qualificati e garantire infrastrutture efficienti ai neonati, significa promuovere un ciclo virtuoso dando la possibilità ai bambini di crescere in una società prospera e dinamica. Tutelare il diritto alla salute sin dalla nascita è condizione imprescindibile per garantire un futuro a tutti i cittadini, riconoscendo che il benessere di ogni individuo contribuisce alla vitalità della comunità». LEGGI TUTTO

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    Dazi, ecco la strategia del governo per aiutare le imprese

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaGiorgia Meloni si prepara a riunire oggi pomeriggio la task force di ministri per valutare, settore per settore, le ricadute dei dazi Usa sulle produzioni italiane. Ci saranno Giancarlo Giorgetti (Economia), Adolfo Urso (Imprese), Francesco Lollobrigida (Agricoltura) e Tommaso Foti (Affari europei), oltre ai vicepremier. Poi, con Matteo Salvini e Antonio Tajani, dovrebbe avere un incontro ristretto, in cui potrebbero prendere forma le mosse successive, dalle tutele per le categorie più colpite a una possibile missione a Washington su cui, dietro il massimo riserbo, sono in corso interlocuzioni diplomatiche e valutazioni di opportunità politica.Possibile missione a Washington per affrontare i daziNel calendario a breve termine potrebbe invece entrare la missione a Washington. Secondo varie fonti potrebbe essere collocata nella prima metà della settimana di Pasqua, prima dell’arrivo del vicepresidente americano JD Vance a Roma. Dalla Casa Bianca sarebbe arrivata una disponibilità di massima a calendarizzare il bilaterale con Donald Trump, e per questo motivo non è ancora ufficialmente confermato il vertice intergovernativo con la Turchia, previsto il 16 e 17 aprile. Ma sul viaggio sono in corso riflessioni approfondite. Dai meloniani da giorni filtra la convinzione che, se la leader volerà negli Usa, sarà per esercitare quel ruolo di pontiere fra Washington e Bruxelles predicato in questi mesi. Non è detto, però, che la vedano così alcuni partner europei come Francia, Germania e Spagna. E in ambienti di governo il tema è trattato con la massima cautela, senza nascondere il rischio di un bilaterale nello Studio Ovale proprio nei giorni in cui l’Ue (il 15) lancerà le contromisure ai dazi su acciaio e alluminio.Loading…Il pressing in UeLa premier definisce il governo pronto «a mettere in campo tutti gli strumenti – negoziali ed economici – necessari per sostenere le nostre imprese e i nostri settori che dovessero risultare penalizzati». Ribadendo che chiede «con forza all’Europa di rivedere le normative ideologiche del Green Deal e l’eccesso di regolamentazione in ogni settore, che oggi costituiscono dei veri e propri dazi interni che finirebbero per sommarsi in modo insensato a quelli esterni».No ad allarmismiOgnuno dei ministri della task force sta preparando un report sui segmenti di esportazioni più esposti, evitando, si ragiona nell’esecutivo, “letture generaliste” e “allarmismi”. Alla riunione (prevista per le 17.30), si collegherà da Lussemburgo Tajani, che nelle prossime ore al consiglio Affari Esteri in formato Commercio incontrerà per la quarta volta in pochi giorni il commissario Ue Maroš Šefčovič.A caccia di risorseDomani a Palazzo Chigi, nel confronto con le categorie imprenditoriali, si parlerà soprattutto di soluzioni interne, con le imprese che premono anche per lo spostamento di risorse dal Piano Transizione 5.0 ai contratti di sviluppo. Tuttavia il governo vuole muoversi in una cornice europea, per evitare che i singoli Paesi di muovano in maniera autonoma, ampliando ancora di più le differenze a favore dei paesi che hanno più spazi di manovra nei conti pubblici. È in corso intanto una ricognizione delle risorse nelle pieghe del bilancio. Ed è considerato cruciale il pressing del governo, esplicitato anche dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, per la sospensione o un allentamento del Patto di stabilità. Una partita decisamente complessa, ma che, se vinta, potrebbe consentire, secondo i ragionamenti diffusi nella maggioranza, di effettuare interventi in deficit. LEGGI TUTTO