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    Referendum, l’8 giugno per la prima si potrà votare fuori sede. Oltre 67mila hanno fatto richiesta

    Ascolta la versione audio dell’articoloLunghi viaggi, costi proibitivi, impegni di lavoro, di studio o di cura sono ostacoli che in molti casi creano “astensioni involontarie” sul voto dei cittadini italiani che vivono fuori dal loro comune o provincia di residenza. Si stima che in Italia sono circa 4milioni e 900mila le persone “fuori sede”, di questi, quelli ammessi al voto nei comuni di temporaneo domicilio ammontano a 67.305 , di cui 28.430 per motivi di lavoro, 38.105 per motivi di studio e 770 per motivi legati alle cure mediche. In relazione al dato complessivo, che è in fase di consolidamento e di verifica da parte degli uffici elettorali comunali, si segnalano le province con maggior incidenza di elettori fuori sede: Milano con 10.980; Torino con 9.691; Roma con 9.890 e Bologna con 7.785. Le sezioni speciali riservate ai “fuori sede” (costituite in presenza di almeno 800 elettori fuori sede) saranno complessivamente 51 di cui 12 a Torino, 11 a Milano, 9 a Bologna, 7 a Roma e 2 a Firenze. I Comuni che non istituiscono sezioni speciali distribuiranno gli elettori fuori sede nelle sezioni elettorali ordinarie.Il trend è positivo?Secondo le analisi, le votazioni referendarie risultano solitamente meno “attraenti” per gli elettori, rispetto ad esempio alle elezioni europee. In merito a quest’ultime, nelle tornate elettorali del 2024, il numero di studenti fuori sede che hanno votato – per la prima volta, per le liste e i candidati della propria circoscrizione territoriale di origine (senza la necessità di rientrare nel comune di residenza), sono stati all’incirca 24mila. Nel confronto tra i due anni è possibile osservare un aumento del 58,77% di domande tra gli studenti fuori sede. «Osservando le prime sperimentazioni, avvenute già negli altri Paesi europei, si nota una richiesta iniziale di domande medio basse che va via via crescendo – afferma il direttore di The good Lobby, Federico Anghele – a giudicare dai dati che abbiamo a disposizione, per essere la prima sperimentazione del voto da fuori sede nella storia del nostro Paese, possiamo dire che è un buon risultato».Loading…Tempistiche problematiche Un problema sollevato da molti elettori fuori sede è stato certamente la finestra temporale con la quale hanno dovuto gestire la presentazione di richiesta per la domanda. L’arco temporale andava dal 30 aprile fino al 4 maggio – all’incirca 35 giorni – che però non prendono in considerazione le problematiche «legate alle festività ed i vari ponti che vi si sono presentati all’interno di questo periodo». Problematica ancora più importante però riguarda la scarsa informativa inerente alla novità della possibilità di voto fuori sede. «Se notiamo, la tipologia di elettore che più di tutti ha fatto domanda per il voto fuori sede sono gli studenti – afferma Federico Anghele. Questi ultimi infatti sono un bacino più informato e più facile da raggiungere attraverso campagne social, ecc.». Di fatto, la città di Milano, che è la città con più incidenza di elettori fuori sede, nel periodo tra il 30 aprile e il 4 maggio ha avviato una vera e propria campagna di sensibilizzazione, che ha prodotto 10.980 richieste.La situazione in Europa In Europa, il voto per corrispondenza è possibile in Spagna, Lussemburgo, Germania, Irlanda, Austria, Ungheria, Slovenia, Regno Unito e Polonia. Nella maggior parte di questi Paesi, il voto per posta costituisce uno dei canali disponibili per i fuori sede. Attualmente i Paesi europei che non hanno ancora adottato modalità di voto a distanza – che sia per posta o per delega – sono l’Italia, Malta e Cipro. Anche Paesi con una popolazione comparabile o superiore all’Italia, come la Spagna e la Germania, hanno avuto – all’inizio della loro fase di sperimentazione – poche richieste di voto che è via via cresciuto, come detto anche sopra da Federico Anghele. In Spagna il voto per corrispondenza nel 2000 ha coinvolto 500.000 votanti con i 2.6 milioni del 2023. Mentre in Germania il voto per corrispondenza nel 1957 era del 4,9%; nel 1990 del 9,4%; nel 2017 del 28,6% diventando nel 2021 il 47,3%. LEGGI TUTTO

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    Decreto sicurezza, Schlein: continueremo a opporci duramente. Oggi in piazza a Roma

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Il decreto sicurezza produce repressione del dissenso, anche manifestata in maniera pacifica. Hanno aumentato i reati, ci sono 14 nuovi reati in questo decreto». Così la segretaria del Pd Elly Schlein intervenendo ad “Agorà weekend” su RaiTre. «Abbiamo fatto un duro lavoro di ostruzionismo in Parlamento e continueremo a opporci a questo decreto ingiusto approvato con una forzatura senza precedenti»».Una delegazione del Partito Democratico domani ha partecipato a Roma alla manifestazione nazionale contro il dl sicurezza. Erano presenti il capogruppo al Senato Francesco Boccia e Cecilia D’Elia, Antonio Nicita, Matteo Orfini e Andrea Casu. Nella mobilitazione sono confluite diverse anime, tra cui i movimenti di lotta per l’abitare e quelli studenteschi partiti dall’università La Sapienza per unirsi al corteo di piazza Vittorio.Loading…Tajani: interviene su problema sociale profondoSul decreto sicurezza «andiamo a chiedere, non a chi manifesta, ma ai cittadini quali sono i problemi. I cittadini che vivono in periferia si sentono sicuri? Si sentono sicuri i genitori che mandano una figlia di 15-16 anni in giro per le stazioni, magari per andare la mattina a scuola? O a tornare la sera dal lavoro? Siamo sicuri di come come stanno le nostre mogli, le nostri figlie, le nostre mamme quando prendono un treno in un’estrema periferia». Lo ha detto il vicepremier e segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani rispondendo, a margine del congresso dei giovani del partito che da poco ha preso il via a Roma, a una domanda sulla manifestazione di oggi sul decreto Sicurezza.Perché il Governo sta intervenendo? «Perché c’è un problema sociale profondo, io vengo da una visita a Bergamo e Brescia ed uno dei punti fondamentali è stato posto è quello della sicurezza e allora se il Governo decide di intervenire per garantire la sicurezza dei cittadini credo che faccia bene, dopodiché l’opposizione che vuole, meno sicurezza? Sostenere quelli che distruggono le vetrine, quelli che che aggrediscono la polizia? O vogliamo avere il coraggio e la forza di fermare la delinquenza? Questo è quello che noi dobbiamo fare», ha concluso Tajani. LEGGI TUTTO

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    Stretta di Mantovano: via scorta 007 a ex premier. Ira di Renzi

    Ascolta la versione audio dell’articoloDal 2026 via la scorta dei Servizi segreti agli ex premier per i quali resterà esclusivamente il dispositivo predisposto e curato dal ministro dell’Interno. Lo anticipa la versione online de Il Foglio che pubblica la fotografia della lettera con cui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano (autorità delegata agli 007), dispone la stretta. Ad esserne interessati – scrive il quotidiano – sono «una serie di ex presidenti del Consiglio: Paolo Gentiloni, Matteo Renzi, Mario Monti, Romano Prodi e Massimo D’Alema. C’è anche chi – precisa Il Foglio riferendosi a Mario Draghi e Giuseppe Conte – non beneficia della scorta mista, ma ha solo quella gestita dal Viminale».Il taglio delle scorteIl taglio delle scorte, si legge ancora nell’articolo, sarebbe stato motivato da Mantovano «come un atto dovuto, come l’applicazione di una circolare emanata dal governo Conte due». La lettera del sottosegretario invita dunque “gli ex premier interessati dal doppio dispositivo differenziato a prendere contatti con il ministero dell’Interno, “ai fini dell’attivazione delle previste procedure di legge per l’assegnazione del servizio di protezione”».Loading…La “fuga di notizie”Una “fuga di notizie” che manda su tutte le furie il leader di Iv ed ex primo ministro italiano, Matteo Renzi che se la prende con Mantovano, responsabile assieme a Meloni, sottolinea, della diffusione alla stampa della “velina” impugnata come arma di ritorsione nei suoi confronti. «In data 15 aprile 2025 – racconta Renzi – ho ricevuto una lettera riservata dal sottosegretario Mantovano. Conservo l’originale sulla mia scrivania. In data odierna ho risposto al sottosegretario anticipando via messaggio la mia missiva. Tre ore più tardi il sito de Il Foglio ha pubblicato la lettera di Mantovano mostrando l’immagine, da cui si evince chiaramente che solo Palazzo Chigi può aver passato la velina, perché nella mia copia non c’è il timbro azzurro simbolo del protocollo del sottosegretario». «Cosa significa tutto questo?», si chiede allora Renzi. Significa che «Mantovano usa le veline senza rispettare le regole di riservatezza e rendendo pubblica corrispondenza in teoria privata. La sicurezza del Paese è nelle mani di un signore che si diverte a veicolare veline ai giornali anche su argomenti delicatissimi come la scorta delle figure istituzionali di questo Paese» e che lascia “allibiti” ritenendo inoltre «l’atteggiamento di Mantovano pericoloso, superficiale, incomprensibile».La lettera pubblicataConcetti contenuti, assieme ad altri anche più affilati, nella lettera a Mantovano citata da Renzi che in serata ha poi deciso di rendere pubblica e in cui – parlando tra l’altro di democratura sudamericana – annuncia “formalmente e inderogabilmente”, anche la rinuncia alla scorta del Viminale: «Avevo una scorta, mi viene tolta, farò senza», conclude LEGGI TUTTO

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    Omicidio Martina Carbonaro, polemica sulla frase di De Luca: «12enne che si fidanza per me è un problema»

    Ascolta la versione audio dell’articoloLa 14enne Martina Carbonaro «era fidanzata da due anni con un ragazzo, da quando cioè aveva 12 anni. È normale che una ragazza di 12 anni, che è una bambina, si fidanzi senza che nessuno dica niente? Per me è un problema». Fanno discutere le parole del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca sul femminicidio di Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola uccisa con una pietra dall’ex fidanzato 19enne Alessio Tucci. Parole prunciate da De Luca a margine di un intervento agli Stati generali sull’ambiente 2025 in corso alla Mostra d’Oltremare di Napoli. Alla presentazione ha partecipato anche l’influencer Valeria Angione, che ha interrotto il governatore campano dicendo che «non è un problema della ragazza che aveva 14 anni ma del ragazzo che l’ha ammazzata».De Luca: 12enne che si fidanza per me è un problemaDe Luca ha proseguito: «Io direi a quelli della mia generazione di essere padri e madri, non finti giovani, soprattutto con i figli maschi. È normale che una ragazza di 12 anni, che è una bambina, si fidanzi senza che nessuno dica niente? Per me è un problema. Ovviamente concordo con il fatto che la violenza che eserciti, quale che sia l’interlocutore, è sempre violenza. Io sono d’accordo anche che la donna deve presentarsi come vuole, non c’è dubbio che abbia il diritto di fare come vuole. Poi posso dire, da padre, che siccome nel mondo ci sono anche persone che hanno un po’ di disturbi, che hanno un po’ di fragilità, forse è ragionevole avere un po’ di prudenza. Non contesto il tuo diritto, ti dico: cerchiamo di essere umani e capire qual è la realtà vera, altrimenti moriamo di ideologismi».Loading…Carfagna: da respingere parole De Luca su femminicidio AfragolaMa la polemica per le considerazioni di De Luca si è subito accesa. «Le parole del governatore De Luca sul femminicidio di Afragola ripropongono la vecchia giustificazione maschilista: è lei che se l’è andata a cercare. Spero siano respinte con forza da tutti: questo tipo di pensiero, più attento ai presunti ”peccati” della vittima che alle azioni ingiustificabili dell’assassino, è il segno più chiaro della cultura distorta e pericolosa di questi tempi» ha scritto sui social Mara Carfagna, segretario di Noi Moderati, a proposito delle affermazioni del presidente della Regione Campania. «Quanti ragazzi – ha aggiunto Carfagna – hanno sentito o sentiranno le stesse parole ripetute dai loro coetanei o nella cerchia degli adulti più vicina? Quanti si convinceranno che quando una donna viene uccisa in fondo è anche colpa sua? Ogni dato, statistica, esperienza, ci dice che non è vero: è indegno – conclude – continuare a proporre questo ragionamento, soprattutto da parte di esponenti istituzionali» LEGGI TUTTO

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    Renzi-Calenda insieme in piazza il 6 giugno per Gaza: che cosa c’è dietro il riavvicinamento

    Ascolta la versione audio dell’articoloUna piazza tutta dalla parte dei palestinesi, quella del 7 giugno a Roma organizzata dal Pd di Elly Schlein assieme al M5s di Giuseppe Conte e ad Alleanza Verdi/Sinistra di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, e una contropiazza che tiene conto anche delle ragioni di Israele e che indica il rischio di antisemitismo, quella convocata per il giorno prima a Milano dai centristi di Azione e Italia Viva. Alla quale, confermando che il tema è divisivo anche all’interno del Pd, parteciperanno anche molti big della minoranza dem (da Lorenzo Guerini e Giorgio Gori, da Piero Fassino a Filippo Sensi, da Graziano Delrio a Lia Quartapelle, da Simona Malpezzi e Virginio Merola).Insieme a Milano contro l’antisemitismo: scoppia la pace tra Renzi e Calenda?Ma la notizia non è solo la solita divisione del campo largo sui temi internazionali: la manifestazione milanese del 6 giugno sembra segnare un riavvicinamento tra i due eterni amici-nemici del fu Terzo Polo, ossia l’ex premier Matteo Renzi e il suo ex ministro Carlo Calenda. Ed è un riavvicinamento che è stato segnalato ai cronisti proprio da quest’ultimo, il più deciso a suo tempo nel rompere il patto elettorale e scegliere la strada della separazione dei gruppi parlamentari: «Fonti di Azione fanno sapere che ci sono stati contatti diretti tra Calenda e Renzi per organizzare venerdì 6 giugno a Milano una iniziativa comune di condanna dell’azione del governo israeliano e di sensibilizzazione sul pericolo dell’antisemitismo e contro chi professa la distruzione dello Stato di Israele».Loading…Come funziona il Rosatellum: il salvagente dei collegi per i piccoli partitiInsomma, è scoppiata la pace tra Renzi e Calenda? Non proprio. Non c’è dubbio che sui temi internazionali, così come sul lavoro con il no ai quesiti sul Jobs act al referendum dell’8 e 9 giugno, i due leader centristi siano in sintonia tra di loro e distanti dalla linea di Schlein. Ma il leader di Italia Viva, a differenza di quello di Azione che continua a professare il “terzopolismo” pur essendo all’opposizione, è da mesi in fase di riavvicinamento al partito che ha guidato come segretario dal 2013 al 2018. E Schlein, immortalata con Renzi in un campo di calcio la scorsa estate a suggellare la ripresa del dialogo, ha da allora tenuto la linea del “testardamente unitari” nonostante i ripetuti veti di Conte proprio su Italia Viva. Ma fin qui si è ragionato sulla base della attuale legge elettorale, il Rosatellum, che prevede l’accordo tra partiti in coalizione per le candidature comuni nei collegi uninominali e una soglia del 3% per essere eletti nella parte proporzionale. Il partito di Renzi è quasi sempre poco sotto il 3% nei sondaggi, mentre Azione è poco sopra, ma con l’accordo qualche candidatura sicura nei collegi uninominali è scontata. Ma che cosa accadrebbe se davvero la maggioranza cambiasse la legge elettorale?Le ipotesi di riforma elettorale e la temuta soglia di sbarramento al 3%Il pour parler alla Camera e al Senato, che al momento è solo un modo per testare la reazione delle varie forze politiche da parte della premier Giorgia Meloni, ha disegnato un modello chiaro: base proporzionale, senza più collegi uninominali, con premio di maggioranza del 55% dei seggi alla coalizione che supera il 40% dei voti e obbligo di indicare il candidato premier sulla scheda elettorale. E, soprattutto, soglia di sbarramento non inferiore al 3%. E questo significa che, senza più il paracadute dei collegi sostenuti da tutta la coalizione, i centristi – e segnatamente Italia Viva – rischierebbero di restare fuori dal Parlamento.Per Renzi (e non solo) il rischio di restare fuori dal Parlamento: serve un piano BVa da sé che Renzi, che non è immune da difetti ma non ha quello della mancanza di intuito politico, ha preso molto sul serio il pour parler dei colleghi della maggioranza. E dunque si lascia tutte le porte aperte, anche quella di una federazione centrista con l’ex nemico Calenda e con altre formazioni che vogliano unirsi per tenere lontana la fatidica soglia (come ad esempio Più Europa). Una soluzione che, superate le vecchie ruggini, metterebbe a ben vedere al sicuro anche la calendiana Azione. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. LEGGI TUTTO

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    Meloni: l’Asia centrale è strategica, vertice con l’Ue sull’esempio italiano

    Ascolta la versione audio dell’articolo Tra Italia e Asia centrale c’è una «collaborazione strategica su molti temi» ed è «un momento storico nei nostri rapporti». Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni intervenendo all’Astana International forum, seconda tappa della sua missione in Asia centrale, sottolineando che l’Italia è stata «la prima nazione in Ue a decidere di investire nelle relazioni con l’Asia centrale e i suoi Paesi» e «il nostro esempio ha guidato il cammino per il primo summit Ue-Asia centrale che ha elevato a partenariato strategico le relazioni. Siamo orgogliosi di questa scelta: creare ponti esplorando strade che altri non hanno avuto coraggio di esplorare è nel Dna degli italiani, è l’eredità di Marco Polo». «È – ha aggiunto – un momento decisivo per intensificare le relazioni per renderle più durature e strategiche».Loading…«Tempi difficili, Asia centrale ponte con l’Occidente»«Uno dei padri della geopolitica moderna, Halford Mackinder, sosteneva che l’Asia Centrale rappresenta uno dei cardini attorno a cui ruota il destino del mondo. Non sono una studiosa di geopolitica, ma osservo la realtà» dice la premier «che questa regione è da sempre un crocevia tra Occidente e oriente, e occupa un ruolo strategico nello scenario globale. Inoltre, in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, l’Asia Centrale è sempre stata un ponte.La presidente del Consiglio ha sottolineato che «le trasformazioni e i cambiamenti che questa parte del pianeta ha attraversato nei secoli l’hanno resa ciò che è oggi: tra due continenti, punto di contatto tra Europa e Asia, raccordo tra mondi che un tempo erano molto distanti e che oggi sono più interconnessi che mai». «E so bene cosa significa. Lo dico da italiana, da figlia di una nazione che occupa una posizione centrale tra Europa e Africa, al cuore di quel Mediterraneo globale la cui rilevanza va ben oltre il suo spazio geografico. Credo, quindi, che non ci sia luogo migliore di questo per riflettere sulle connessioni che ci uniscono e su quelle che possiamo costruire, senza paura di superare gli schemi ai quali siamo stati abituati».Con Asia centrale cooperiamo su energia e materie prime«Se vogliamo davvero dare forma al futuro dobbiamo avere il coraggio di guardare oltre i nostri confini geografici e tracciare nuove strade. Partendo, naturalmente, da ciò che già ci unisce e rende il nostro rapporto estremamente forte. Penso al settore energetico, dove la nostra cooperazione può contribuire a fare la differenza, sia nei settori più tradizionali che in quelli più innovativi, in linea con quel principio di neutralità tecnologica che ci impegniamo ad affermare per garantire sistemi economici e sociali sostenibili» ha detto Meloni nel suo intervento, citando anche le «materie prime critiche, dove la nostra collaborazione mira a generare benefici condivisi e opportunità reciproche». «Non dimentico – ha aggiunto – le sfide ambientali, come quella che ci vede in prima linea negli sforzi di rigenerazione del Lago d’Aral, patrimonio che è nostro compito e dovere proteggere. Il Fondo Italiano per il Clima è uno strumento importante che vorremmo sfruttare ancora di più per rafforzare ulteriori progetti comuni. Le nostre interconnessioni guardano anche alle infrastrutture digitali e fisiche, di cui il Middle Corridor rappresenta probabilmente la sfida più promettente e affascinante. Crediamo fermamente nel potenziamento di questo progetto, che è al centro del partenariato strategico avviato con l’Ue a Samarcanda e può dare un contributo significativo alla sicurezza e alla stabilità della catena di approvvigionamento, sia da che verso l’Europa». LEGGI TUTTO

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    Separazione carriere e premierato, le due riforme in aula a luglio: cosa cambierà

    Ascolta la versione audio dell’articoloDopo il primo via libera (della Camera) al decreto sicurezza, bandiera della Lega la maggioranza accelera sulle due riforme costituzionali in cantiere. Lo fa avanzando in conferenza dei capigruppo l’ipotesi di inserire nel calendario di luglio della Camera la separazione delle carriere dei magistrati (fortemente sponsorizzata da Forza Italia) e il premierato, “madre di tutte le riforme” per Fdi. Ma sui tempi e la procedura portata avanti dalla maggioranza, è scontro con l’opposizione che accusa il centrodestra di andare avanti in maniera “autoritaria” comprimendo le prerogative del Parlamento. «Crediamo sia una forzatura – ha detto la capogruppo Dem Chiara Braga – e non siamo disponibili ad accettare compressioni. Evidentemente dopo il decreto sicurezza la spartizione tra le forze di maggioranza si è rimessa in moto e questo è un altro tassello di quel disegno volto a mettere in discussione l’equilibrio delle nostre istituzioni». Non casuale il riferimento al decreto sicurezza, che dopo il via libera a Montecitorio, la maggioranza è intenzionata ad approvare al Senato in tempi record (sarà già in Aula già il 3 giugno).Premierato fermo in commissioneIl Ddl Casellati, che oltre a prevedere l’elezione diretta dà di fatto al premier il potere di determinare lo scioglimento delle Camere, non sta procedendo spedito in Parlamento: dopo il primo via libera del Senato è fermo in commissione Affari costituzionali della Camera dal luglio scorso. La riforma dovrebbe arrivare al via libera definitivo in Parlamento a fine legislatura, mentre il referendum confermativo si terrà dopo le politiche. Al momento è esclusa l’ipotesi di unire il premierato alla riforma sulla separazione delle carriere dei magistrati, per la quale invece si prevede il voto popolare di conferma a giugno 2026.Loading…L’intreccio premierato-autonomia differenziataNon solo. La strada del premierato si incrocia con l’iter della legge sull’autonomia differenziata: era questo il patto di inizio legislatura e la Lega non perde occasione per ricordarlo. Salvini, anche al congresso della Lega di aprile, ha associato l’Autonomia alla riforma del Premierato: “Vanno insieme, mano nella mano”. E lo scorso 19 maggio il Consiglio dei ministri ha approvato la legge delega sull’Autonomia che recepisce le indicazioni della Corte Costituzionale per la definizione dei Lep.I contenuti della riformaElezione «a suffragio universale e diretto» del premier, che resta al potere per cinque anni grazie ad un sistema elettorale che “garantisce” la maggioranza dei seggi in Parlamento e che non può essere rieletto dopo due mandati consecutivi. E, soprattutto, che può essere sostituito solo una volta nella legislatura, e solo se sarà lui stesso a decidere di passare la mano, da un parlamentare che fa parte della coalizione vincitrice delle elezioni. Tradotto: niente più governi tecnici e di larghe intese guidati da personalità non elette dai cittadini (leggasi Mario Monti nel 2011 e Mario Draghi nel 2021, ma anche Giuseppe Conte nel 2018). Al netto dell’elezione diretta, la novità più rilevante del Ddl Casellati è l’attribuzione al premier eletto del potere di scioglimento delle Camere, che è il vero potere deterrente delle crisi politiche, allineandolo in questo ai colleghi dei maggiori Paesi UeCosa è la separazione delle carriereIl disegno di legge costituzionale “Norme in materia di ordi+namento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare” modifica invece il titolo IV della Costituzione con l’obiettivo di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti. A tal fine, vengono previsti due Csm: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. Ulteriori novità sono i componenti dei Csm estratti a sorte e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare. Il provvedimento ha avuto il primo via libera della Camera lo scorso gennaio, è ora in Commissione al Senato. L’intenzione della maggioranza è portare il testo in Aula l’11 luglio. In tempo per il ritorno in Aula alla Camera per la terza lettura a luglio. LEGGI TUTTO

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    La maggioranza accelera sulla separazione delle carriere con il «canguro»: che cos’è e a che serve

    Ascolta la versione audio dell’articoloIn Commissione Affari Costituzionali del Senato la maggioranza ha fatto ricorso alla tecnica cosiddetta del ’canguro’ per far avanzare la riforma della separazione delle carriere dei magistrati. Con la decisione del presidente Alberto Balboni di ricorrere a questa tecnicalità, già minacciata nelle precedenti sedute, sono ’saltati’, cioè considerati preclusi 7 emendamenti. Le opposizioni protestano. «E’ una vergogna – ha dichiarato il capogruppo Peppe De Cristofaro di Avs – non si era mai applicato il ’canguro’ in Commissione e poi su una riforma costituzionale».La protesta delle opposizioniSi stringono insomma gli spazi di agibilità parlamentare in Senato per le opposizioni dopo la decisione presa dal centrodestra in Giunta per il Regolamento di poter ricorrere al canguro – cioè a una tecnica taglia-emendamenti – anche in Commissione, come già avviene in Aula e ad applicarla da subito alla riforma costituzionale della separazione delle carriere dei magistrati.Loading…La tecnica del canguroLa tecnica consiste nel permette di far decadere tutti gli emendamenti simili quando ne viene bocciato il primo. E serve alla maggioranza per disinnescare l’ostruzionismo delle opposizioni. La richiesta era stata avanzata dal centrodestra infatti per fronteggiare i 1.300 emendamenti delle opposizioni alla separazione delle carriere. Una cifra significativa, ma comunque ben inferiore ad esempio alle diverse migliaia presentati sul premierato.I tempi della riformaSulla riforma la maggioranza punta ad arrivare in Aula al Senato l’11 giugno. Ed è soprattutto Forza Italia ad accelerare su quelle che reputa una riforma bandiera. Risale al 16 gennaio alla Camera il primo dei quattro via libera parlamentari richiesti per l’ok al disegno di legge che modifica il titolo IV della Costituzione prevedendo carriere separate di magistrati requirenti e giudicanti, due Csm distinti, l’estrazione a sorte dei loro componenti e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare. Il referendum per la riforma costituzionale della separazione delle carriere dei magistrati potrebbe tenersi nella primavera 2026 LEGGI TUTTO