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    Chiara Ferragni fermata dalla gente per strada in India per fare selfie, ma non è come sembra: il racconto

    La 36enne lo confida nelle sue storie, meravigliata da quel che accade
    “La cosa più divertente è che qui ci sono sì alcune persone che mi riconoscono, ma…”

    Chiara Ferragni, tutta presa dal suo viaggio con gli amici, senza la famiglia al seguito, lo racconta, meravigliata da quel che accade. In India viene fermata dalla gente in strada per fare i selfie, ma non è come sembra. Non accade perché lei è famosissima, forte dei suoi quasi 30 milioni di follower. La maggioranze delle persone desiderano una foto con lei perché è caucasica e perciò ‘insolita’ per la gente del posto.
    Chiara Ferragni fermata dalla gente per strada in India per fare selfie, ma non è come sembra: il racconto
    “La cosa più divertente è che qui ci sono sì alcune persone che mi riconoscono e mi chiedono le foto, ma tantissimi che non hanno idea di chi io sia, però, visto che sono bionda, occhi azzurri, e quindi proprio strana per loro, mi chiedono la foto. Tantissimi bambini, bambine, tantissime donne e anche tanti uomini: mi chiedono la foto in giro per strada, pur non sapendo chi io sia”, rivela la 36enne. 
    Molti non hanno idea di chi sia: vogliono una foto con lei perché è caucasica, quindi insolita per la maggior parte di loro
    Chiara, a supporto di quel che ha appena fatto sapere, pubblica nelle sue storie uno scatto in cui è con due donne: una tiene in mano il cellulare per fare un selfie a tre. La signora in questione non ha riconosciuto affatto la fashion blogger e imprenditrice da milioni di euro, ma è rimasta colpita dai suoi ‘colori’. “Qui per esempio oggi a Jodhpur”, scrive lei.
    Nonostante sia famosissima, non tutti la riconoscono
    Chiara attendeva da tempo di andare in India. A causa del ricovero improvviso di Fedez è stata costretta a rimandare il viaggio. Alla fine, però, è riuscita a incastrare la vacanza. A Natale partirà invece con i suoi cari. LEGGI TUTTO

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    ”Tremendo dover partire così”: Chiara Ferragni in India senza la famiglia, ecco cosa le è successo

    La fashion blogger 36enne è salita sull’aereo con un problema enorme…
    “Stamattina mi sono svegliata con la cistite peggiore che io abbia mai avuto”

    Chiara Ferragni alla fine è riuscita a volare via per il viaggio che desiderava fare da sempre. E’ in India con alcuni amici, senza la famiglia al seguito. Non immaginava, però, di dover viaggiare con un improvviso problema che le ha causato un grande fastidio. “Tremendo dover partire così”, confessa ai milioni di follower sul social.
    ”Tremendo dover partire così”: Chiara Ferragni in India senza la famiglia, ecco cosa le è successo
    Ora sta leggermente meglio. L’inizio della sua vacanza è stato, però, rovinato dalla cistite, un’infiammazione della vescica. La 36enne nelle storie racconta: “Ciao guys, è l’una di notte qui. Sono appena arrivata nella mia stanza. L’India è stupenda. Questo era un viaggio che volevo fare da sempre, l’avevamo organizzato a metà ottobre, poi Fede è stato male e avevo l’ansia, non potevo partire due settimane dopo che era stato dimesso dall’ospedale. Abbiamo rimandato a novembre e sono super emozionata di essere qui”.
    L’imprenditrice digitale e fashion blogger poi confida il problema di salute: “Solo che stamattina mi sono svegliata con la cistite peggiore che io abbia mai avuto. Quindi ho fatto le prime ore in aeroporto in cui non mi reggevo in piedi. In aereo mi sono addormentata e ho dormito quasi tutto il tempo”. Viagiare così è stato quasi tragico: “Non mi capitava da anni di averla, veramente tremendo dover partire così. Adesso per fortuna va molto meglio, il farmaco che mi avete consigliato ha funzionato”.
    La 36enne è stata costretta a viaggiare con la cistite, un’infiammazione della vescica
    Chiara si gode i giorni nel luogo che l’attirava moltissimo. Prima è riuscita anche a traslocare nella nuova casa con i due figli e il cane. Fedez, rimasto qui, si occupa dei bimbi, Leone, 5 anni, e Vittoria, 2.  LEGGI TUTTO

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    La reintroduzione dei ghepardi in India non sta andando affatto bene

    Tra il 17 settembre 2022 e il 18 febbraio 2023 venti ghepardi sono stati portati in India dalla Namibia e dal Sudafrica per un progetto di reintroduzione, cioè per cercare di far tornare la specie nel paese, dove è estinta almeno dal 1952. Il progetto è stato molto apprezzato dal primo ministro indiano Narendra Modi, che in occasione del suo 72esimo compleanno era stato invitato ad aprire la gabbia del primo ghepardo rilasciato in libertà in India. Ma per il momento non si può dire che il piano di reintroduzione stia andando bene, anzi.Da marzo sei dei ghepardi arrivati dall’Africa sono morti, così come tre dei quattro cuccioli che erano nati nel frattempo. Tra luglio e agosto tutti i ghepardi superstiti che erano stati lasciati liberi all’interno del Parco nazionale di Kuno-Palpur, che si trova nel centro dell’India, sono stati ricatturati dal gruppo di esperti che segue il progetto e ora sono tenuti all’interno di zone recintate.In passato i ghepardi erano presenti in gran numero non solo in Africa, ma anche in alcune zone dell’Asia, dalla penisola arabica all’Afghanistan, con la sottospecie dei ghepardi asiatici, Acinonyx jubatus venaticus secondo la nomenclatura scientifica. Oggi ne restano pochissimi e solo in Iran: negli anni Settanta erano circa 300, adesso, secondo l’ultimo conteggio ufficiale iraniano, ce ne sarebbero solo 12.La specie è praticamente scomparsa a causa della riduzione del suo habitat per via delle attività umane, della scarsità di cibo dovuta a una più generale riduzione delle popolazioni di animali selvatici e della caccia: durante la dominazione britannica dell’India, venivano uccisi per evitare che sbranassero il bestiame. Negli scorsi decenni si è provato più volte a reintrodurli, ma senza successo, e perché il Project Cheetah fosse approvato era stata necessaria l’autorizzazione della Corte Suprema indiana. Gli animali presi per la reintroduzione venivano dalla Namibia e dal Sudafrica perché sono due tra i paesi dell’Africa meridionale con le più grandi popolazioni di ghepardi.Il piano iniziale del Project Cheetah prevedeva che i ghepardi provenienti dall’Africa si acclimatassero nell’ambiente indiano gradualmente: prima all’interno di aree recintate ristrette, per un periodo di quarantena di 50-70 giorni, poi dentro aree recintate più ampie per uno o due mesi e infine in libertà nel Parco di Kuno-Palpur, dopo essere stati dotati di radiocollari per seguirne gli spostamenti. Sempre secondo il piano iniziale, prima sarebbero stati liberati i maschi e poi, dopo qualche settimana, le femmine. Nell’esecuzione del piano però ci sono stati ritardi e problemi, tanto che dei 20 ghepardi arrivati dall’Africa solo 12 sono stati liberati. E dopo che due di quelli sono morti, così come quattro di quelli ancora in cattività, i superstiti che erano liberi nel territorio del parco sono stati ricatturati.Le cause di morte dei ghepardi sono elencate nel primo rapporto annuale del Project Cheetah, ma non sono tutte note con esattezza. Il primo individuo morto, una femmina proveniente dalla Namibia, aveva problemi di insufficienza renale pregressi che non hanno risposto alle cure date all’animale. Il secondo ghepardo morto era un maschio sudafricano, deceduto improvvisamente all’interno della recinzione di acclimatamento più ampia: non si sa perché. Un’altra femmina, sudafricana, è stata uccisa da un maschio durante un tentativo di accoppiamento. Tre dei cuccioli nati in India invece sono morti a causa del caldo estremo dello scorso maggio; il quarto è sopravvissuto, ma essendo stato rifiutato dalla madre ora viene accudito dai responsabili di Project Cheetah.Le morti più problematiche per il progetto sono state quelle di una femmina e due maschi appena dopo essere stati messi in libertà: sono morti per setticemia, cioè per un’infezione, legata a ferite che si erano formate vicino e sotto i radiocollari. «Queste circostanze sono senza precedenti per la specie e non erano state anticipate dagli esperti internazionali di ghepardi», spiega il rapporto. I ricercatori del progetto ritengono che i radiocollari non siano stati l’origine dei problemi dei ghepardi, ma piuttosto che abbiano facilitato lo sviluppo di infezioni che potrebbero essere state causate da insetti o parassiti indiani a cui i ghepardi, provenendo da un altro ambiente, erano particolarmente vulnerabili.Le persone che si occupano del Project Cheetah sono comunque ottimiste sulla reintroduzione e nel rapporto sottolineano che «alcune morti sono eventi inevitabili». Tuttavia non era previsto che morissero così tanti ghepardi ancora nella fase in cattività. In un articolo pubblicato sul quotidiano indiano The Hindu l’esperto di animali selvatici Ravi Chellam, amministratore delegato di Metastring Foundation, una società che si occupa di raccogliere dati sulla biodiversità indiana, ha rivolto alcune critiche al Project Cheetah e ipotizzato che nel rapporto sul primo anno della reintroduzione si sia cercato di giustificare a posteriori le morti dei ghepardi.Secondo Chellam il fatto che una dei ghepardi sia morta per un problema di salute pregresso potrebbe indicare che la scelta degli animali dall’Africa non è stata fatta nel migliore dei modi, considerando peraltro che il trasporto da un continente a un altro e la permanenza in cattività sono esperienze stressanti per un animale selvatico anche quando non è particolarmente vulnerabile. Anche la nascita dei cuccioli e la morte di un’altra femmina durante un tentativo di accoppiamento fa pensare a una gestione scorretta degli animali: «Perché c’è stata fretta di farli accoppiare in cattività quando sarebbe potuto succedere una volta lasciati liberi nel parco?».In generale Chellam pensa che il fatto che nove morti siano avvenute con gli animali in cattività sia problematico e che i responsabili del progetto dovrebbero anche valutare se ghepardi che hanno passato così tanto tempo in aree recintate ristrette possano poi sopravvivere in autonomia una volta liberati.Anche altri esperti internazionali di fauna selvatica hanno dei dubbi sulla bontà della gestione del progetto. Tra questi c’è il veterinario sudafricano, esperto di ghepardi, Adrian Tordiffe, che ha fatto parte di una commissione di consulenza per il Project Cheetah. Ha detto alla rivista Time che lui e altri esperti stranieri a un certo punto sono stati esclusi dalle riunioni della commissione e hanno ricevuto in ritardo le informazioni sugli animali malati.Attualmente si sta considerando di proseguire il progetto di reintroduzione in un altro parco naturale, sempre nello stato del Madhya Pradesh in cui si trova quello di Kuno-Palpur. È possibile che alcuni ghepardi siano liberati nella riserva di Gandhi Sagar entro la fine dell’anno. Sono poi attesi altri ghepardi dall’Africa l’anno prossimo: da progetto ne dovrebbero arrivare più o meno una dozzina ogni anno per i prossimi cinque anni, con l’obiettivo di creare una popolazione di almeno 40 individui.I ghepardi sono una specie considerata «vulnerabile» all’estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione. Dovrebbero essercene circa settemila in natura in tutto il mondo. LEGGI TUTTO

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    L’India ha lanciato una sonda per studiare il Sole

    Caricamento playerSabato l’India ha fatto partire la sua prima missione spaziale di osservazione del Sole: si chiama Aditya-L1, è partita dal Centro spaziale Sriharikota, nell’India meridionale, e trasporterà una sonda a 1,5 milioni di chilometri di distanza dalla Terra. Il nuovo lancio è arrivato a pochi giorni di distanza da un risultato storico per l’esplorazione spaziale indiana: l’atterraggio sulla Luna della missione Chandrayaan-3, che prevede di esplorare il suolo del satellite con un robot automatico (rover) per un paio di settimane. La missione indiana è stata la prima ad approdare con successo al polo sud della Luna.Alle 11:50 ora locale (le 8:20 in Italia) il razzo Pslv Xl, che pesa 320 tonnellate ed è stato progettato dall’ISRO (Indian Space Research Organistation) è decollato con successo, iniziando un viaggio che durerà quattro mesi: la missione Aditya-L1 prevede alcune orbite intorno alla Terra prima di raggiungere l’obiettivo, posto a circa l’1 per cento della distanza totale che ci separa da Sole. In quella posizione, indicata come punto di Lagrange, le attrazioni gravitazionali di Sole e Terra in parte si compensano, permettendo alla sonda di raggiungere una situazione di “stallo” e di orbitare intorno al Sole, alla stessa velocità della Terra, con un consumo di carburante molto limitato.🌞 Aditya-L1: India’s Sun Gazer 🚀🌠🤩 With the launch of Aditya-L1, ISRO will enter the most elite club of space faring nations.👉 The Aditya-L1 mission is a solar mission by the Indian Space Research Organisation (ISRO).👉 It is the first Indian mission to study the Sun… pic.twitter.com/dnLTrXcmSP— Raj Malhotra (@Rajmalhotrachd) September 2, 2023Da quella posizione Aditya-L1 sarà in grado di osservare il Sole con continuità, anche quando dalla Terra è nascosto causa eclissi, e di portare avanti diversi studi: in particolare verranno analizzati la corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera solare, la fotosfera, ossia la superficie solare, e la cromosfera, cioè il sottile strato dell’atmosfera solare spesso 10mila chilometri fra corona e fotosfera.Uno degli obiettivi è studiare l’attività solare, e in particolare i venti e le eruzioni solari che influenzano la Terra e gli oggetti nella sua orbita attraverso radiazioni, calore, flussi di particelle e flussi magnetici. I venti solari possono influenzare anche il funzionamento dei satelliti in orbita intorno alla Terra: l’India ne ha 50, che svolgono funzioni fondamentali di comunicazione, studio e prevenzione di fenomeni atmosferici potenzialmente pericolosi per la popolazione.La missione è stata chiamata Aditya in onore della divinità indù del Sole, conosciuta con questo nome oltre che con quello di Surya. La siglia L1 rappresenta il Lagrange point 1, destinazione finale.#WATCH | Indian Space Research Organisation (ISRO) launches India’s first solar mission, #AdityaL1 from Satish Dhawan Space Centre in Sriharikota, Andhra Pradesh.Aditya L1 is carrying seven different payloads to have a detailed study of the Sun. pic.twitter.com/Eo5bzQi5SO— ANI (@ANI) September 2, 2023Se la missione sarà completata con successo l’India entrerà in un gruppo ristretto di paesi che hanno realizzato studi di questo genere sul Sole: il primo fu il Giappone nel 1981, seguito dagli enti spaziali statunitense ed europeo (NASA e ESA) a partire dagli anni Novanta. Nel 2020 La sonda Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha iniziato da  il suo viaggio verso il Sole, che la porterà ad esplorarne i poli. Nel 2021 la sonda della NASA Parker Solar Probe è entrata per la prima volta nell’atmosfera solare.La partenza della missione Aditya-L1 (AP Photo/R. Parthibhan)L’India ha celebrato vivacemente il successo del lancio, confermando la grande attenzione alle missioni spaziali del governo di Narendra Modi: con l’atterraggio controllato sulla Luna del 23 agosto è stato il quarto paese a riuscirci dopo Stati Uniti, Russia (quando era ancora Unione Sovietica) e Cina.– Leggi anche: Parker Solar Probe è entrata nell’atmosfera solare LEGGI TUTTO

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    La missione spaziale indiana Chandrayaan-3 è partita verso la Luna

    Intorno alle 11 di venerdì mattina è partita verso la Luna la missione spaziale indiana Chandrayaan-3, il cui scopo è portare un rover (un robot automatico) per esplorare il polo sud lunare. La regione finora è stata poco esplorata, ma è considerata interessante per la presenza di acqua, sotto forma di ghiaccio, che in futuro potrebbe essere sfruttata per il mantenimento di una base con esseri umani.Se Chandrayaan-3 riuscisse a compiere un atterraggio controllato, l’India diventerebbe la quarta nazione nella storia a essere riuscita a raggiungere la Luna, dopo gli Stati Uniti (gli unici ad averlo fatto con esseri umani), la Cina e la Russia. L’allunaggio è previsto tra il 22 e il 23 agosto e il rover condurrà vari esperimenti e rilevazioni nel corso di un paio di settimane. ISRO, l’Agenzia spaziale indiana, ha detto che l’obiettivo generale della missione è sviluppare e testare nuove tecnologie necessarie per ulteriori missioni, anche interplanetarie. Oltre agli scopi scientifici, il governo indiano spera che l’iniziativa aumenti il prestigio internazionale del paese in ambito scientifico, e che sostenga il settore delle imprese spaziali private.È la seconda missione lanciata dall’India per arrivare sulla Luna. La prima, chiamata Chandrayaan-2, partì nel 2019. Arrivò con successo nell’orbita lunare, ma il lander, la parte di razzo che doveva atterrare sulla superficie, si schiantò. (AP Photo/Aijaz Rahi) LEGGI TUTTO

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    L’India ha ricevuto dal Sudafrica 12 ghepardi per il suo progetto di reintroduzione della specie

    Sabato 12 ghepardi provenienti dal Sudafrica sono arrivati alla base dell’aeronautica indiana di Gwalior, nell’India settentrionale, e prossimamente saranno portati nel vicino Parco nazionale di Kuno-Palpur: fanno parte dell’ambizioso piano per la reintroduzione della specie nel paese e saranno aggiunti agli otto ghepardi che l’India aveva ricevuto dalla Namibia a settembre.In passato i ghepardi erano presenti in gran numero non solo in Africa, ma anche in alcune zone dell’Asia, dalla penisola arabica all’Afghanistan: oggi la popolazione asiatica di ghepardi è praticamente scomparsa a causa della riduzione del suo habitat per via delle attività umane, della scarsità di cibo legata a una più generale riduzione delle popolazioni di animali selvatici, e della caccia. Durante la dominazione britannica dell’India, i ghepardi venivano uccisi per evitare che sbranassero il bestiame e nel paese non ce ne sono più almeno dal 1952: da allora si era provato più volte a reintrodurli, finora senza successo. Nel 2020 la Corte Suprema indiana aveva stabilito che la specie potesse essere reintrodotta, a patto che il tentativo venisse condotto in un «territorio scelto accuratamente». Sono stati chiesti alla Namibia e poi al Sudafrica perché sono i paesi in cui vivono le più grandi popolazioni selvatiche di ghepardi; in Sudafrica in particolare si stima che ce ne siano troppi per le risorse a loro disposizione e per questo anche in passato ne sono stati donati alcuni ad altri paesi. A gennaio l’India ha detto che progetta di accogliere 12 ghepardi all’anno dai due paesi africani per i prossimi 8-10 anni.Quelli arrivati in India sabato saranno portati in elicottero al parco di Kuno-Palpur e inizialmente saranno liberati in una zona recintata per un periodo di quarantena.I ghepardi sono una specie considerata «vulnerabile» all’estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione. Dovrebbero essercene circa settemila in natura in tutto il mondo.– Leggi anche: Anche i ghepardi fanno le fusa Due ghepardi all’interno di un’area recintata in una riserva vicino a Bella Bella, in Sudafrica, il 4 settembre 2022: erano in quarantena in attesa di essere portati all’estero (AP Photo/Denis Farrell, LaPresse) LEGGI TUTTO