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    Il lander giapponese SLIM sulla Luna ha ripreso a funzionare

    L’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha fatto sapere che il veicolo spaziale (lander) SLIM che era arrivato sulla Luna venerdì 19 gennaio ha ripreso a funzionare. Dopo la riuscita dell’allunaggio erano emersi parecchi dubbi sulla possibilità che SLIM potesse continuare a funzionare, dato che i pannelli solari del lander avevano smesso di generare energia elettrica e di conseguenza non potevano caricarne le batterie. Domenica JAXA ha detto di essere riuscita a ristabilire le comunicazioni con il lander, quasi nove giorni dopo l’allunaggio. Secondo l’Agenzia spaziale giapponese probabilmente il lander è stato in grado di tornare a generare energia non appena la luce del Sole lo ha illuminato.Per l’allunaggio il lander (il cui nome è un acronimo per Smart Lander for Investigating Moon) aveva utilizzato un sistema di navigazione autonomo ad alta precisione. Era stato lanciato il 6 settembre 2023 dal Giappone e aveva poi trascorso alcuni mesi per avvicinarsi alla Luna ed entrare in un’orbita intorno al nostro satellite naturale il 25 dicembre scorso. In seguito aveva compiuto alcune manovre per predisporre l’attività di discesa sulla superficie. Intorno alle 16 italiane del 19 gennaio SLIM aveva acceso i motori per rallentare la propria velocità, sganciarsi dall’orbita e iniziare a perdere quota. I suoi sistemi di navigazione automatici avevano poi localizzato il punto scelto in precedenza per l’allunaggio e avevano controllato il lander per evitare collisioni con eventuali ostacoli lungo la traiettoria.

    Communication with SLIM was successfully established last night, and operations resumed! Science observations were immediately started with the MBC, and we obtained first light for the 10-band observation. This figure shows the “toy poodle” observed in the multi-band observation. pic.twitter.com/WYD4NlYDaG
    — 小型月着陸実証機SLIM (@SLIM_JAXA) January 29, 2024 LEGGI TUTTO

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    La missione spaziale SLIM del Giappone ha raggiunto la Luna, ma con qualche imprevisto

    Nel pomeriggio di venerdì la missione SLIM dell’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha raggiunto il suolo lunare, aggiungendo il Giappone alla lista molto ristretta di paesi che hanno tentato un atterraggio controllato sulla Luna. Il veicolo spaziale (lander) invia segnali verso la Terra, ma al momento ci sono dubbi sulle condizioni dei pannelli solari, che non stanno generando energia elettrica e di conseguenza non possono caricare le batterie di SLIM. JAXA sta effettuando alcune verifiche sullo stato delle strumentazioni del lander, che ha utilizzato un sistema di navigazione autonomo ad alta precisione per compiere l’allunaggio.Il lander SLIM (Smart Lander for Investigating Moon) era stato lanciato il 6 settembre 2023 dal Giappone e aveva poi trascorso alcuni mesi per avvicinarsi alla Luna ed entrare in un’orbita intorno al nostro satellite naturale il 25 dicembre scorso. In seguito aveva compiuto alcune manovre per predisporre l’attività di discesa sulla superficie. Intorno alle 16 (ora italiana) di venerdì, SLIM ha acceso i motori per rallentare la propria velocità sganciarsi dall’orbita e iniziare a perdere quota. I suoi sistemi di navigazione automatici hanno poi localizzato il punto scelto in precedenza per l’allunaggio e hanno controllato il lander per evitare collisioni con eventuali ostacoli lungo la traiettoria.
    La separazione tra SLIM e i due lander più piccoli, poco prima dell’allunaggio, in un’elaborazione grafica (JAXA)
    Non è chiaro se SLIM abbia raggiunto il suolo con un orientamento non previsto, cosa che potrebbe avere compromesso la funzionalità dei pannelli solari o il loro corretto orientamento per ricevere la luce solare. La sperimentazione del sistema automatico di navigazione era uno degli aspetti più importanti di SLIM, in vista di altre missioni lunari che in futuro avrebbero dovuto utilizzare lo stesso sistema. Nei prossimi giorni JAXA effettuerà nuove analisi e valutazioni per capire come utilizzare SLIM e due lander più piccoli, LEV-1 e LEV-2, lanciati da SLIM verso il suolo poco prima di tentare il proprio allunaggio. LEGGI TUTTO

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    Allevare i tonni rossi sulla terraferma è meglio o peggio che pescarli?

    Caricamento playerLo scorso luglio l’Istituto spagnolo di oceanografia (IEO) ha annunciato di essere riuscito, per la prima volta a livello mondiale, a far riprodurre dei tonni rossi in cattività in un impianto di acquacoltura sulla terraferma. Questo successo del centro di ricerca ha subito suscitato l’interesse di alcune aziende che si stanno organizzando per aprire i primi grandi allevamenti terrestri di tonno rosso con la collaborazione dello IEO.La carne del tonno rosso infatti è molto richiesta, ma la pesca e l’allevamento in mare di questo pesce hanno grandi impatti ambientali: la possibilità di allevarlo “a terra” potrebbe rendere il settore più sostenibile. Però c’è anche chi pensa che acquacolture di questo genere potrebbero risultare più dannose rispetto ai metodi attuali, anche per il benessere dei tonni, che da adulti possono superare i due metri di lunghezza e alcune centinaia di chili di peso e, in natura, si spostano per migliaia di chilometri nell’oceano.Il tonno rosso è una delle varie specie di tonni che ci sono al mondo e vive nell’oceano Atlantico e nel mar Mediterraneo: il suo nome scientifico è Thunnus thynnus ed è detto anche “tonno pinna blu”. Non è una delle specie di tonno le cui carni sono vendute in scatolette (quelle sono il tonnetto striato, il tonno pinna gialla e il tonno obeso, economicamente meno costose e considerate meno pregiate), ma è una delle tre con cui si fanno il sushi e il sashimi di tonno. Le altre sono il tonno del Pacifico (Thunnus orientalis), che come suggerisce il nome vive nell’oceano Pacifico, e il tonno australe (Thunnus maccoyii), che vive in una fascia molto meridionale degli oceani del mondo, quasi fino ai limiti dell’oceano Antartico: esteriormente queste due specie sono praticamente indistinguibili dal tonno rosso e hanno a loro volta la carne di colore rosso.La maggior parte dei tonni rossi delle tre specie che viene consumata nel mondo è pescata, anche se negli ultimi anni si è diffusa una forma di allevamento basata sulla tecnica dell’ingrasso: si catturano giovani tonni liberi e li si fa crescere all’interno di grandi reti in mare fino a quando non raggiungono la taglia adatta per essere venduti sul mercato. Dal 2015 poi a questa forma di acquacoltura se ne è aggiunta una seconda, per ora minoritaria. In quell’anno l’azienda giapponese Maruha Nichiro ha venduto i primi tonni del Pacifico che ha allevato a partire dalla nascita, prima in strutture di acquacoltura sulla terra e poi all’interno di reti in mare: è stato possibile far riprodurre i pesci in cattività mettendo una certa quantità di ormoni nelle vasche in cui nuotavano gli individui adulti, che così sono stati spinti a produrre e fertilizzare uova.L’Istituto spagnolo di oceanografia è il primo ente che è riuscito a fare la stessa cosa anche con i Thunnus thynnus, i tonni rossi dell’Atlantico e del Mediterraneo, e due aziende europee, la tedesca Next Tuna e la norvegese Nortuna, stanno lavorando per creare acquacolture di tonni di scala con i suoi metodi. Next Tuna vuole realizzare un impianto vicino a Valencia, in Spagna, mentre Nortuna a Capo Verde, in Africa occidentale.Anche se per ora questo tipo di acquacoltura è agli inizi, ha attirato molto interesse perché il modo in cui è praticata la pesca dei tonni è considerato poco sostenibile per la conservazione delle specie.Il Giappone è il più grande importatore di tutte e tre le specie di tonni rossi e il principale consumatore al mondo, seguito dagli Stati Uniti, dove si stima si mangi tra l’8 e il 10 per cento del sashimi del mondo. Negli ultimi decenni del Novecento la grande domanda di Giappone e Stati Uniti ha notevolmente ridotto la quantità di tonni rossi delle tre specie, anche se poi le restrizioni alla loro pesca introdotte intorno al 2010 hanno migliorato la situazione. Secondo le stime dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione, il tonno australe è tuttora a rischio di estinzione e il tonno del Pacifico è minacciato.Invece il tonno rosso (quello che vive nell’Atlantico e nel Mediterraneo) non è più considerato minacciato, perché sebbene tra il 1966 e il 2018 la popolazione dell’Atlantico occidentale sia diminuita dell’83 per cento per l’eccesso di pesca, si stima che i tonni rossi dell’Atlantico orientale, la cui popolazione è molto maggioritaria considerando la specie nel complesso, siano diventati più numerosi dagli anni Sessanta a oggi. Le preoccupazioni sulla sostenibilità della pesca comunque rimangono, per via del calo della popolazione occidentale.Per le aziende che si occupano di acquacoltura dei tonni rossi o sono interessate a praticarla, l’uso delle tecniche che consentono la riproduzione dei pesci in cattività ridurrebbe la pressione sulle popolazioni selvatiche e per questo dovrebbe essere favorito. Tenere i tonni in età da riproduzione in vasche sulla terraferma significa poter regolare sia la temperatura dell’acqua che l’illuminazione. In questo modo, secondo chi sta lavorando ai progetti di acquacoltura, si potrà allungare il periodo dell’anno in cui i tonni rossi si possono riprodurre. In natura lo fanno per circa 45 giorni tra giugno e luglio: se negli allevamenti lo faranno per più tempo si otterranno popolazioni in cattività più numerose di quelle che si fanno ingrassare dopo aver catturato giovani tonni in mare.Tuttavia alcuni scienziati hanno espresso delle preoccupazioni riguardo alla nuova forma di allevamento, che riguardano sia il benessere degli animali sia gli impatti ambientali del settore che si potrebbe sviluppare.Per quanto riguarda direttamente i tonni, l’ong spagnola per i diritti degli animali Observatorio de Bienestar Animal ritiene che anche vasche molto grandi e spaziose non siano un ambiente adatto per i bisogni di una specie migratoria come i tonni rossi, che si spostano per migliaia di chilometri per cercare cibo e riprodursi.In un articolo pubblicato su The Conversation Wasseem Emam, ricercatore dell’Istituto di acquacoltura dell’Università di Stirling, ha spiegato che è difficile giudicare l’esperienza di vita dei tonni nelle vasche perché le aziende che le hanno non diffondono troppe informazioni in merito. Ma «generalmente le specie di pesci non domesticate sperimentano forme maggiori di stress in cattività e quando sono gestite da personale umano rispetto alle specie che si sono adattate all’allevamento nel tempo». Emam cita anche alcuni studi secondo cui i pesci possono essere stressati dal rumore e da certe vibrazioni, che sono probabilmente presenti all’interno di impianti di allevamento a terra. Però sarebbe nell’interesse degli allevatori evitare questo tipo di stress perché si sa che la carne dei pesci stressati ha una qualità minore. In particolare è noto che se prima di essere uccisi i tonni rossi provano a scappare, il loro corpo produce grandi quantità di acido lattico che peggiora il gusto della loro carne.Alle preoccupazioni sul benessere dei tonni si aggiungono poi quelle sull’impatto ambientale e la sostenibilità di eventuali grandi allevamenti a terra. La prima è legata all’alimentazione dei tonni in cattività: attualmente i tonni rossi all’ingrasso sono nutriti in grandissima parte con specie ittiche che potrebbero essere usate anche nell’alimentazione umana e in Giappone per produrre 1 chilogrammo di carne di tonno del Pacifico allevato servono tra i 2,5 e i 3,5 chili di altri pesci. Significa anche che per allevare i tonni a terra in grande quantità bisognerebbe aumentare la pesca di altre specie.Maruha Nichiro sta facendo delle ricerche per migliorare l’efficienza nell’alimentazione dei tonni in cattività. Il presidente di Nortuna Anders Attramadal ha invece sminuito questo problema parlando con il Guardian perché sostiene che i tonni allevati a terra mangino meno di quelli in mare; Andrew Eckhardt di Next Tuna invece ha detto che la sua azienda cercherà di ridurre la quantità di pesce necessaria a nutrire i tonni creando mangimi a base di altri ingredienti, come proteine vegetali, alghe e insetti.Altre preoccupazioni riguardano l’uso di antibiotici che sarà richiesto negli allevamenti per evitare la diffusione di malattie (molto alto in tutti i generi di allevamenti di animali su scala industriale) e l’inquinamento delle acque legato agli scarichi degli impianti di acquacoltura. Next Tuna dice di non voler usare antibiotici, e Nortuna dice che ne farà un uso minimo. Riguardo all’inquinamento delle acque, la prima azienda progetta un sistema per prelevare acqua marina che poi però non sarà riscaricata in mare. Per il momento non si conoscono i dettagli né dell’impianto di Next Tuna né di quello di Nortuna. Con i tonni del Pacifico Maruha Nichiro ha un approccio diverso, perché una volta che i pesci hanno raggiunto una certa dimensione nelle vasche a terra li sposta all’interno di reti in mare. LEGGI TUTTO

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    Il lander della società spaziale privata giapponese Ispace si è probabilmente schiantato sulla Luna

    La società spaziale privata giapponese Ispace ha detto che il tentativo di far atterrare sulla Luna il suo veicolo lunare Hakuto-R M1 è fallito: a pochi metri dalla superficie lunare le comunicazioni con il robot (lander) si sono interrotte, cosa che ha fatto presumere che sia precipitato e si sia quindi distrutto. Se la missione fosse stata completata, questo sarebbe stato il primo lander privato a raggiungere la superficie della Luna.Durante la trasmissione in diretta dell’evento il fondatore e amministratore delegato di Ispace, Takeshi Hakamada, aveva ipotizzato che la missione non fosse andata a buon fine. Dopo alcune ore, un comunicato diffuso dall’azienda ha confermato «un’elevata probabilità» che alla fine il lander si sia schiantato sulla superficie lunare.A oggi nessun veicolo di una società spaziale privata è riuscito ad allunare, mentre ci sono riuscite solo le agenzie spaziali di tre paesi: quella dell’ex Unione Sovietica, la NASA (Stati Uniti) e la CNSA (Cina). Nell’aprile del 2019 il lander israeliano Beresheet precipitò sulla superficie lunare durante una missione che aveva l’obiettivo di compiere alcune rilevazioni sulla Luna. Giovedì scorso invece è esploso poco dopo il lancio un prototipo di Starship, l’enorme astronave progettata dalla società spaziale privata statunitense SpaceX, che dovrà essere impiegata per il primo allunaggio con equipaggio del programma lunare Artemis (previsto non prima della fine del 2025).– Leggi anche: L’astronave Starship è esplosa poco dopo il lancio (AP Photo/ Eugene Hoshiko) LEGGI TUTTO

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    La fioritura dei ciliegi in Giappone è anticipata dal cambiamento climatico

    A Kawazu, una città giapponese a sud-ovest di Tokyo, stanno fiorendo certi tipi di ciliegi. Il vero e proprio hanami, l’usanza di ammirare la fioritura di questi alberi che ogni anno attraggono anche molti turisti stranieri in Giappone, si svolgerà tra qualche settimana ma in molte parti del paese comincerà prima del 20 marzo, cioè prima dell’inizio della primavera astronomica. Le date di fioritura cambiano di anno in anno, e variano nelle diverse parti del paese a seconda del clima locale, ma negli ultimi decenni in media sono state precoci rispetto al passato, e come per tante altre specie vegetali c’entra l’aumento delle temperature globali causato dalle attività umane.Abbiamo il primo Sakura dell’anno!Proprio nel tempio davanti casa今年初#ultragiappone #sakura #桜 pic.twitter.com/3adPbElnQz— フラ -pesceriso- (@pesceriso) February 28, 2023Secondo le previsioni dell’Associazione meteorologica giapponese (JWA) a Kyoto, l’antica capitale del Giappone e una delle principali mete turistiche del paese, la fioritura dei ciliegi quest’anno inizierà il 22 marzo. La piena fioritura, il momento migliore per ammirare gli alberi, è invece attesa per il 30 marzo. Non sarà estremamente anticipata rispetto alla media come quella del 2021, quanto avvenne il 26 marzo e fu la più precoce nei circa 1.200 anni da cui si registrano dati sui ciliegi di Kyoto (che erano tenuti in grande considerazione dalle corti imperiali giapponesi già più di un millennio fa), ma comunque ci andrà vicino.Le previsioni su quando avverrà la piena fioritura dei ciliegi nelle diverse parti del Giappone nel 2023 aggiornata al 2 marzo (JWA)Proprio a seguito del record del 2021, l’Università di Osaka aveva collaborato con il Met Office, l’agenzia meteorologica nazionale del Regno Unito e una delle più autorevoli istituzioni del mondo nel suo ambito, per stabilire se il cambiamento climatico avesse un’influenza sui tempi della fioritura dei ciliegi. In uno studio pubblicato l’anno scorso sulla rivista Environmental Research Letters, avevano dimostrato come dagli anni Trenta del Novecento in poi le conseguenze delle attività umane hanno determinato un’anticipazione delle fioriture di 11 giorni a Kyoto e avevano stimato che entro il 2100 potrà aumentare di altri 6.A influire non è solo l’aumento generale delle temperature causato dalle emissioni di gas serra, che riguarda tutto il mondo: c’entrano anche le maggiori temperature che si registrano a Kyoto come nelle altre città del mondo rispetto alle aree di campagna, e che sono dovute principalmente all’alta percentuale di superfici scure che assorbono molta più radiazione solare rispetto al terreno non edificato o asfaltato. Secondo lo studio dell’Università di Osaka e del Met Office, senza la particolare situazione urbana l’effetto del riscaldamento globale sulla fioritura dei ciliegi di Kyoto si sarebbe cominciato a vedere solo alla fine del Novecento invece che già settant’anni prima.Questi risultati sono stati ottenuti grazie ai numerosi dati sulle fioriture dei ciliegi e a quelli sulle temperature di Kyoto, registrati a partire dalla fine dell’Ottocento. Per appurare le differenze tra gli alberi di città e quelli di campagna sono stati usati dati relativi a Kameoka, una località rurale vicina a Kyoto. In passato i due luoghi avevano temperature simili, che però cominciarono a differenziarsi dagli anni Quaranta.La variazione rispetto alla media storica delle date di piena fioritura dei ciliegi nel corso del tempo: in azzurro sono indicati i dati relativi a Kameoka, in rosa quelli che riguardano Kyoto (Met Office)I ciliegi del Giappone (lì chiamati sakura) non sono gli stessi di cui si mangiano le ciliegie, ma appartengono a una specie da cui non si ricavano frutti commestibili (Prunus serrulata). Sono tuttavia noti in tutto il mondo per la bellezza dei loro fiori, che sono uno dei simboli del Giappone all’estero. Negli anni le autorità giapponesi ne hanno più volte regalati ad altri paesi: è il caso dei ciliegi del parco dell’EUR, a Roma, e di quelli del National Mall di Washington, negli Stati Uniti, l’area in cui si trovano la sede del Congresso americano e vari monumenti. LEGGI TUTTO