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    L’elicottero della NASA Ingenuity ha concluso la sua missione su Marte

    Il piccolo elicottero sperimentale Ingenuity della NASA, l’agenzia spaziale statunitense, ha concluso la sua missione su Marte dopo tre anni. Ingenuity era arrivato su Marte insieme al rover Perseverance il 18 febbraio del 2021, e nell’aprile successivo era diventato il primo elicottero costruito sulla Terra a volare su un altro pianeta.La missione iniziale di Ingenuity (che vuol dire “ingegno” in inglese) era di effettuare 5 voli in 30 giorni. Aveva però superato le aspettative della NASA, e alla fine aveva compiuto 72 voli in tre anni. Aveva effettuato l’ultimo volo la settimana scorsa, ma aveva riportato danni irreparabili a una pala del rotore. Per questo motivo la NASA ha deciso di dichiarare ufficialmente conclusa la missione del piccolo elicottero. «Lo storico viaggio di Ingenuity, il primo veicolo a volare su un altro pianeta, è finito», ha detto l’amministratore della NASA Bill Nelson. «Quell’eccezionale elicottero ha volato più in alto e più lontano di quanto avessimo mai immaginato e ha aiutato la NASA a fare ciò che fa meglio: rendere l’impossibile possibile».
    Ingenuity ha una massa di circa 1,8 chilogrammi, ma su Marte risulta circa 2,5 volte più leggero che sulla Terra a causa della minore gravità. È alto poco meno di mezzo metro, e ricorda i droni telecomandati che utilizziamo qui per fare le riprese dall’alto. Per decollare e mantenersi in volo, Ingenuity utilizzava due coppie di pale con una lunghezza di 1,2 metri. Una coppia ruotava in senso orario e l’altra in senso antiorario, compiendo all’incirca 2.400 giri al minuto. LEGGI TUTTO

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    La missione spaziale SLIM del Giappone ha raggiunto la Luna, ma con qualche imprevisto

    Nel pomeriggio di venerdì la missione SLIM dell’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha raggiunto il suolo lunare, aggiungendo il Giappone alla lista molto ristretta di paesi che hanno tentato un atterraggio controllato sulla Luna. Il veicolo spaziale (lander) invia segnali verso la Terra, ma al momento ci sono dubbi sulle condizioni dei pannelli solari, che non stanno generando energia elettrica e di conseguenza non possono caricare le batterie di SLIM. JAXA sta effettuando alcune verifiche sullo stato delle strumentazioni del lander, che ha utilizzato un sistema di navigazione autonomo ad alta precisione per compiere l’allunaggio.Il lander SLIM (Smart Lander for Investigating Moon) era stato lanciato il 6 settembre 2023 dal Giappone e aveva poi trascorso alcuni mesi per avvicinarsi alla Luna ed entrare in un’orbita intorno al nostro satellite naturale il 25 dicembre scorso. In seguito aveva compiuto alcune manovre per predisporre l’attività di discesa sulla superficie. Intorno alle 16 (ora italiana) di venerdì, SLIM ha acceso i motori per rallentare la propria velocità sganciarsi dall’orbita e iniziare a perdere quota. I suoi sistemi di navigazione automatici hanno poi localizzato il punto scelto in precedenza per l’allunaggio e hanno controllato il lander per evitare collisioni con eventuali ostacoli lungo la traiettoria.
    La separazione tra SLIM e i due lander più piccoli, poco prima dell’allunaggio, in un’elaborazione grafica (JAXA)
    Non è chiaro se SLIM abbia raggiunto il suolo con un orientamento non previsto, cosa che potrebbe avere compromesso la funzionalità dei pannelli solari o il loro corretto orientamento per ricevere la luce solare. La sperimentazione del sistema automatico di navigazione era uno degli aspetti più importanti di SLIM, in vista di altre missioni lunari che in futuro avrebbero dovuto utilizzare lo stesso sistema. Nei prossimi giorni JAXA effettuerà nuove analisi e valutazioni per capire come utilizzare SLIM e due lander più piccoli, LEV-1 e LEV-2, lanciati da SLIM verso il suolo poco prima di tentare il proprio allunaggio. LEGGI TUTTO

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    È stato confermato che centinaia di foche della Georgia del Sud, vicino all’Antartide, sono morte a causa dell’influenza aviaria

    La morte di centinaia di foche in Georgia del Sud, un’isola vicino all’Antartide, è stata confermata come causata dall’influenza aviaria. La diffusione del virus H5N, che causa l’influenza, fra i mammiferi come le otarie e gli elefanti marini (che fanno parte dei pinnipedi, la famiglia delle foche) è un segnale preoccupante: sia per la possibilità che il virus si trasmetta anche ad altri mammiferi, come gli umani, sia per i possibili danni ecologici che provocherebbe se arrivasse in Antartide. Al momento il contagio è sempre avvenuto fra uccelli e foche, e non fra foche. Il passaggio da un mammifero all’altro indicherebbe un maggiore adattamento del virus, e aumenterebbe i rischi di contagio.Una grande diffusione dell’influenza aviaria fra gli esseri umani non è considerata molto probabile. Una delle maggiori preoccupazioni dei biologi è invece la possibile espansione in Antartide dell’epidemia. I primi segnali che indicavano i contagi da H5N1 nella regione erano stati rilevati a ottobre e centinaia di elefanti marini con sintomi influenzali sono morti nelle isole della zona. Il timore maggiore è che l’epidemia possa fare grossi danni raggiungendo le popolazioni di pinguini dell’Antartide.
    Casi di influenza aviaria fra le foche erano già stati registrati in Nord America nel 2022 e in Sud America nel 2023. Le foche della Georgia del Sud probabilmente sono state contagiate da uccelli migratori provenienti dal Sud America. In Nord America erano state trovate prove della trasmissione del virus dell’influenza aviaria fra una foca e l’altra.

    – Leggi anche: Anche un orso polare è morto di influenza aviaria

    L’epidemia di influenza aviaria in corso è cominciata tra il 2020 e il 2021 e ha causato la morte di milioni di uccelli selvatici e di allevamento e migliaia di contagi tra i mammiferi, compresi alcuni esseri umani. La situazione è tenuta sotto controllo dalle principali organizzazioni sanitarie internazionali e non è ritenuta preoccupante per le persone, mentre è osservata con maggiore apprensione per quanto riguarda alcune specie di animali selvatici che in passato erano meno vulnerabili alle epidemie di influenza aviaria. LEGGI TUTTO

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    Il primo lancio del nuovo razzo Vulcan dagli Stati Uniti è stato un successo

    Nella mattina di lunedì il nuovo razzo Vulcan della joint venture United Launch Alliance (ULA) ha effettuato con successo il proprio lancio inaugurale da Cape Canaveral in Florida, negli Stati Uniti, trasportando oltre l’atmosfera terrestre la missione Peregrine per l’esplorazione della Luna con un lander per conto della NASA.Il primo lancio era atteso da tempo a causa di alcuni ritardi nello sviluppo di Vulcan, un razzo molto importante per l’esplorazione spaziale dagli Stati Uniti frutto della collaborazione tra le due grandi aziende aerospaziali Boeing e Lockheed Martin, che lavorano insieme nell’ambito di ULA. Il successo del lancio è una prima conferma dell’affidabilità di Vulcan, che sostituirà i precedenti lanciatori Atlas V e Delta IV, più costosi e meno efficienti.
    ULA ha già venduto più di 70 lanci con Vulcan, la maggior parte dei quali ad Amazon, che ha necessità di portare rapidamente in orbita centinaia di piccoli satelliti per attivare Project Kuiper, il proprio progetto per portare Internet dallo Spazio. ULA riceverà inoltre almeno un paio di commissioni da parte della United States Space Force, quindi per strumentazioni militari, ma a patto che anche il prossimo lancio di un Vulcan avvenga senza problemi.

    We have liftoff! The first American commercial robotic launch to the Moon will deliver science instruments to study its surface, a critical part of preparing for future #Artemis missions. https://t.co/KoOZjXvqjD pic.twitter.com/Vo2Dnn6TwA
    — NASA (@NASA) January 8, 2024

    Peregrine raggiungerà la Luna nelle prossime settimane e se il suo lander toccherà regolarmente il suolo lunare avvierà alcune analisi, raccogliendo dati importanti per le nuove iniziative della NASA legate all’esplorazione della Luna anche con astronauti nei prossimi anni. La missione è totalmente gestita dalla società privata Astrobotic Technology, che ha ricevuto un appalto da 108 milioni di dollari da parte della NASA. LEGGI TUTTO

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    La sonda spaziale indiana Aditya-L1 ha raggiunto con successo la sua destinazione in orbita attorno al Sole

    Sabato la sonda spaziale indiana Aditya-L1 ha raggiunto con successo la sua destinazione in orbita attorno al Sole, a 1,5 milioni di chilometri di distanza dalla Terra. L’obiettivo della sonda è osservare il Sole con continuità, anche quando dalla Terra è nascosto a causa di eclissi, e portare avanti diversi studi: in particolare saranno analizzate la corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera solare, la fotosfera, ossia la superficie solare, e la cromosfera, cioè il sottile strato dell’atmosfera solare spesso 10mila chilometri fra corona e fotosfera.La missione di Aditya-L1 era partita il 2 settembre, a pochi giorni di distanza da un risultato storico per l’agenzia spaziale indiana ISRO: l’atterraggio sulla Luna della missione Chandrayaan-3, che prevede di esplorare il suolo del satellite con un robot automatico (rover) per un paio di settimane. Tale missione è stata la prima ad approdare con successo al polo sud della Luna.
    La sonda realizzata per studiare la stella del Sistema solare è stata chiamata Aditya in onore della divinità indù del Sole, conosciuta con questo nome oltre che con quello di Surya. La sigla L1 rappresenta il punto di Lagrange 1, cioè la destinazione finale raggiunta oggi. Tra le altre cose Aditya-L1 permetterà di capire meglio i venti e le eruzioni solari, fenomeni dell’attività del Sole che influenzano la Terra e gli oggetti nella sua orbita (satelliti compresi) attraverso radiazioni, calore, flussi di particelle e flussi magnetici.

    India creates yet another landmark. India’s first solar observatory Aditya-L1 reaches it’s destination. It is a testament to the relentless dedication of our scientists in realising among the most complex and intricate space missions. I join the nation in applauding this…
    — Narendra Modi (@narendramodi) January 6, 2024 LEGGI TUTTO

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    È morta a 95 anni Gao Yaojie, dottoressa cinese che contribuì a rendere nota l’epidemia di AIDS nella Cina rurale negli anni Novanta

    È morta a 95 anni Gao Yaojie, una dottoressa cinese che contribuì a rendere nota l’epidemia di AIDS nella Cina rurale negli anni Novanta. Gao scoprì che le scarse norme igieniche nelle cliniche per la donazione di sangue a pagamento avevano contribuito a diffondere l’AIDS anche nelle zone rurali della Cina. All’epoca in Cina era diffusa la convinzione che l’AIDS fosse trasmesso solo tramite i rapporti sessuali non protetti e dalla madre al feto durante la gravidanza. Gao, già in pensione, visitò cittadine e famiglie colpite dalla malattia, donò anche cibo e stampò volantini educativi sull’AIDS, spesso a sue spese.La vendita di sangue fu vietata negli anni Novanta, ma secondo Gao continuò in maniera illegale anche negli anni successivi. La dottoressa non fu la prima a scoprire l’epidemia, ma permise che fosse conosciuta in Cina e all’estero avvisando il New York Times. Nel 2009 Gao si trasferì a New York, negli Stati Uniti, a causa della crescente ostilità delle autorità cinesi nei suoi confronti, fra cui l’arresto e la detenzione per 20 giorni ai domiciliari da parte del governo provinciale dell’Henan, la provincia in cui fu più attiva, nel 2007. Il governo centrale in seguito annullò l’arresto.– Leggi anche: Dobbiamo parlare diversamente di HIVL’AIDS è una sindrome che porta il sistema immunitario a perdere la capacità di contrastare anche le infezioni più banali. Si raggiunge a uno stadio avanzato dell’infezione del virus HIV (Human Immunodeficiency Virus). Grazie alle moderne terapie antiretrovirali oggi chi è positivo al virus può condurre una vita quotidiana normale, anche dal punto di vista dell’attività sessuale. Le condizioni sono che l’infezione sia diagnosticata per tempo, e che ci sia la possibilità di accedere alle cure. (AP Photo/Greg Baker, File) LEGGI TUTTO

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    È stato eseguito il primo trapianto di un bulbo oculare completo

    Aaron James, un uomo che nel 2021 perse l’occhio sinistro in un grave incidente con un cavo elettrico, è diventato il primo uomo a ricevere un trapianto di un intero bulbo oculare. L’operazione è stata eseguita a maggio dai medici dell’NYU Langone Health, un centro ospedaliero dell’Università di New York, ma la sua riuscita è stata annunciata solo giovedì 9 novembre. È stata guidata dal dottor Eduardo Rodriguez, e ha coinvolto 140 sanitari. Mentre il trapianto di cornea, la membrana trasparente che sta davanti all’occhio, è una procedura relativamente comune, il trapianto dell’intero bulbo oculare, assieme ai muscoli, ai vasi sanguigni e al nervo ottico, non era mai stato fatto con successo sugli esseri umani.A diversi mesi di distanza l’occhio trapiantato è in buona salute, e anche se al momento non permette a James di vedere dall’occhio sinistro i medici non escludono questa possibilità (quello destro era comunque rimasto illeso). James, che nell’incidente ha perso anche il braccio sinistro e ha subito lesioni gravissime al volto, ha anche ricevuto un trapianto parziale del volto, un’altra procedura rara e complessa: è il diciannovesimo paziente a riceverlo negli Stati Uniti.Al momento gli effetti della procedura su James sono essenzialmente estetici, ma è possibile che col tempo la sua visione dall’occhio sinistro venga parzialmente ripristinata. L’operazione è comunque considerata dagli esperti un grande passo avanti, che avvicina la possibilità di ripristinare la vista di milioni di persone cieche.– Leggi anche: Storia del mio occhio di vetro Aaron James, che ha ricevuto il trapianto, con sua moglie Megan (AP Photo/Joseph. B. Frederick) LEGGI TUTTO

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    È morto a 95 anni l’astronauta statunitense Frank Borman, comandante della prima missione spaziale con a bordo persone a orbitare intorno alla Luna

    È morto a 95 anni Frank Borman, astronauta statunitense che fu il comandante della missione spaziale Apollo 8, la prima con a bordo un equipaggio di esseri umani a orbitare intorno alla Luna. La missione Apollo 8 – di cui facevano parte anche i piloti James Lovell e William Anders – partì il 21 dicembre del 1968 e impiegò tre giorni per raggiungere la Luna. Orbitò intorno al satellite per dieci volte nel corso di 20 ore, durante le quali l’equipaggio effettuò una breve trasmissione in diretta televisiva e scattò una famosissima fotografia della Terra vista dallo Spazio. Gli astronauti tornarono sulla Terra il 27 dicembre, ammarando nell’Oceano Pacifico.– Leggi anche: La storia della foto scattata dall’Apollo 8 (Larry Mayer/The Billings Gazette via AP) LEGGI TUTTO