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    Un 2024 d’oro per le banche italiane

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    Il 2024 si conferma un anno d’oro per le banche italiane. I cinque principali gruppi bancari del Paese – Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Mps e Bper – chiudono l’anno con ricavi e utili in forte crescita: i proventi operativi segnano un +5,6%, mentre il risultato netto sale del 7,2% rispetto al 2023. Questo nonostante la discesa dei tassi d’interesse avviata dalla Bce a partire da giugno. A rivelarlo è l’analisi della Fondazione Fiba di First Cisl sui bilanci bancari dell’anno appena concluso.A trainare i conti sono soprattutto le commissioni nette, che registrano un incremento dell’8%, superando di gran lunga la crescita degli interessi netti, fermi al +4,6%. Questo dato segna un’inversione di tendenza rispetto al 2023, quando erano stati gli interessi netti a rappresentare il principale motore della redditività bancaria. Ancora più significativo è l’aumento delle commissioni su attività di gestione, intermediazione e consulenza, sintomo di una strategia chiara da parte degli istituti di credito.Secondo l’analisi di First Cisl, il rimbalzo delle commissioni nette è il risultato della volontà delle banche di compensare la riduzione del margine d’interesse con un incremento dei ricavi provenienti dal risparmio gestito. Un trend confermato dalla crescita del 9,3% della raccolta indiretta, che comprende sia il risparmio gestito che la raccolta amministrata, senza penalizzare la raccolta diretta, in aumento dell’1,3%.Anche sul fronte dei costi operativi si registra una crescita contenuta (+1,1%), che porta a un’ulteriore contrazione del cost/income ratio, passato dal 44,1% al 42,2%. In particolare, il costo del personale scende dal 27,4% al 26,4% rispetto ai proventi operativi complessivi.Le banche italiane beneficiano anche di una riduzione delle svalutazioni, la cui incidenza scende dallo 0,31% allo 0,28%, mentre il tasso di crediti deteriorati netti (Npl ratio) resta stabile all’1,4%. Nonostante la generosa distribuzione di dividendi e i corposi programmi di buyback, il sistema bancario mantiene un’elevata patrimonializzazione, con un Cet1 ratio al 14,90%, grazie anche alla riduzione dell’1,9% delle attività ponderate per il rischio. Tuttavia, il dato sugli impieghi mostra una diminuzione dell’1,9%, proseguendo una tendenza avviata nel giugno 2022 e che ha portato a una contrazione complessiva di 107 miliardi di euro (-8,8%).L’analisi di First CislIl segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani, sottolinea che l’aumento dei ricavi è “dovuto a un incremento in valore assoluto delle commissioni praticamente pari a quello degli interessi netti, che sono quindi cresciuti nonostante la riduzione dei tassi praticata dalla Bce lo scorso anno. Il rialzo significativo del risparmio gestito e lo spread elevato tra i tassi sui prestiti e quelli sui depositi sono i driver dell’aumento dei ricavi”.Colombani evidenzia inoltre che “completa il quadro dei risultati strabilianti un costo del rischio irrilevante, con rettifiche nette su crediti in diminuzione, in un contesto di continua riduzione dei rischi delle attività delle cinque big a livello aggregato, condizionata dalla riduzione dei prestiti alla clientela da parte di Intesa Sanpaolo, UniCredit e Banco Bpm”.Da un lato, quindi, emerge un chiaro obiettivo strategico delle banche di puntare sul risparmio gestito per ottenere laute commissioni. Dall’altro, la continua contrazione del credito, sebbene possa essere parzialmente attribuita a una debole domanda, è anche il risultato di una politica prudente sull’offerta di prestiti. “Se avessimo un mercato dei capitali efficiente – afferma Colombani – il risparmio potrebbe confluire nell’economia reale del Paese, ma purtroppo sappiamo che non è così”. LEGGI TUTTO

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    Unicredit prenota il 10% delle Generali

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    Unicredit porta la sua quota in Generali oltre il 5%, ma punterebbe ad avvicinarsi al 10 per cento. Il gruppo guidato da Andrea Orcel (in foto), nel giorno di presentazione dei conti di fine 2024 chiusi con 9,7 miliardi di utile netto (9,3 al netto dei crediti d’imposta), ha infatti dichiarato «stiamo per annunciare» che, «incluse le posizioni che deteniamo per conto dei nostri clienti», abbiamo «superato il 5%». Nonostante Piazza Gae Aulenti abbia precisato di non essere intenzionata ad acquisire il Leone di Trieste, ora potrebbe però rafforzarsi ulteriormente in quello che continua a definire solo «un investimento finanziario».Questa è la notizia principale in una giornata che si era aperta con il giallo del possibile addio al libro soci di un azionista storico come Delfin, la cassaforte degli eredi Del Vecchio titolare del 2,7% del capitale di Unicredit. Una circostanza poi smentita dalla stessa Delfin, che ha fatto trapelare di avere «piena fiducia nella leadership di Orcel» e che «al momento non è stata presa alcuna decisione relativa alla dismissione della quota detenuta in Unicredit». La scelta della parole, però, con quel «al momento» lascia intendere che nei prossimi mesi, in caso di apprezzamento del titolo oltre certe soglie, l’ipotesi potrebbe essere presa in considerazione. La decisione di non vendere ora, cosa che garantirebbe un’enorme plusvalenza a Delfin, è anche legata al fatto che i risultati pubblicati ieri – pur avendo superato diversi target – sono stati inferiori alle aspettative, per lo meno se paragonati a quelli dell’impetuosa corsa degli ultimi anni che ora sembra segnare il passo (l’utile previsto per quest’anno, infatti, è sostanzialmente in linea con quello del 2024). Non sarebbe poi stato opportuno un distacco così brusco in una fase tanto delicata rispetto agli equilibri del credito e del risparmio italiano. Fermo restando che il rapporto si sarebbe comunque un po’ raffreddato tra i due gruppi dopo che qualche anno fa Unicredit avrebbe tergiversato di fronte alla possibilità di lanciare un’Opa su Mediobanca sponsorizzata da Delfin medesima. Quanto alle due partite in corso, relativamente a Bpm il banchiere ha detto di «non aver mai escluso un rilancio» sull’Ops presentata. «Abbiamo fatto un’offerta a un prezzo che per noi è un premio del 15% sul prezzo undisturbed, perché l’operazione con Anima non è ancora completata». Mentre su Commerzbank, il banchiere ha detto di voler aspettare che «il nuovo governo in Germania sia formato». Fermo restando che «un’acquisizione di Commerz richiederebbe quasi due anni». LEGGI TUTTO

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    Generali, cortocircuito cda: conflitto d’interessi in vista

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    A metà della prossima settimana, probabilmente mercoledì o giovedì, la Consob scioglierà i dubbi interpretativi sulle nuove regole previste dall’entrata in vigore della legge Capitali. All’ordine del giorno della Commissione, secondo quanto risulta a il Giornale, figurano gli esiti della consultazione pubblica sull’attuazione dell’articolo 147-ter 1 del Testo Unico della Finanza (Tuf) in materia del consiglio di amministrazione. L’articolo, si ricorda, attribuisce alle società quotate la facoltà di prevedere negli statuti la presentazione di una lista da parte del cda uscente e detta una precisa disciplina applicabile in questa ipotesi. Su alcuni aspetti delle nuove norme è però sorto un dibattito tra gli operatori, per esempio su come interpretare le nuove regole e le osservazioni sono state raccolte con una consultazione pubblica con il mercato finanziario. Tra pochi giorni verrà dunque trovata la quadra delle risposte ricevute, così da consentire alla Consob di modificare il Regolamento emittenti in tempo utile per la stagione assembleare 2025, quando le nuove norme saranno in vigore per il rinnovo dei consigli in scadenza. A cominciare da quello delle Generali, terreno di scontro tra Mediobanca, Caltagirone e Delfin.Le nuove regole hanno comunque efficacia a decorrere da inizio anno. Tanto che alla riunione del 29 gennaio, il cda del Leone ha deciso di «non procedere alla presentazione di una lista per il rinnovo dell’organo di gestione della compagnia». Questo, si legge nella nota diffusa quella sera, «alla luce della circostanza che il quadro normativo di riferimento non risulta ancora completo ed i tempi, allo stato, non sarebbero compatibili con l’iter di autorizzazione ed approvazione delle modifiche dello statuto necessarie». Nello stesso comunicato veniva scritto che «la maggioranza dei consiglieri in carica, tra cui il presidente e l’amministratore delegato», ovvero Andrea Sironi e Philippe Donnet, «ha espresso la propria disponibilità a considerare una eventuale candidatura». Il giorno dopo, alla presentazione del nuovo piano industriale, lo stesso Donnet aveva spiegato agli analisti: «torneremo a liste proposte dagli azionisti». Ieri lo ha confermato l’ad di Mediobanca (primo socio di Generali con il 13%), Alberto Nagel, spiegando che, «data l’importanza del nostro investimento nella compagnia», i vertici di Piazzetta Cuccia lavoreranno a una lista di candidati da presentare all’assemblea di Trieste dell’8 maggio. LEGGI TUTTO

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    Passera in difesa contro Banca Ifis. “L’Opa frena la crescita di Illimity”

    Ascolta ora Va in archivio un «anno di transizione» per Illimity. Così lo ha definito lo stesso fondatore e attuale ceo della banca, Corrado Passera (in foto), non nascondendo che l’offerta di acquisizione presentata da Banca Ifis è arrivata proprio in un momento «certamente delicato» andando anche a rallentare alcuni progetti rilevanti «con inevitabili effetti […] LEGGI TUTTO

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    PopSondrio, in Valtellina si prepara la (vana) resistenza all’Ops di Bper-Unipol

    Nelle valli della Valtellina, dove le montagne sembrano toccare il cielo e il tempo scorre con il ritmo lento dei torrenti, si è scritta una pagina di storia che parla di identità, autonomia e resistenza. La Banca Popolare di Sondrio, nata nel 1871 come espressione di un territorio e delle sue comunità, oggi è oggetto dell’Ops di Bper che ne mette a rischio la secolare indipendenza. Il Comitato dei piccoli soci intende, però, dare battaglia.Un’operazione “distruttrice di valore”Il Comitato per l’autonomia e l’indipendenza della Banca Popolare di Sondrio, guidato dal presidente Stefano Zane e dal segretario Luca Soressi Serena, non ha usato mezzi termini nel definire l’operazione di Bper. «L’unico obiettivo vero è di spostare altrove i centri di comando e appropriarsi dei risparmi e dei profitti della Valle e dei Territori in cui opera Bps», si legge in un comunicato. Un’operazione che, secondo il Comitato, è «distruttrice di valore» e «ostile alla Banca», nonostante nel recente passato Bper avesse dichiarato il suo favore per l’autonomia di PopSondrio.«Il sistema economico italiano, ad alta prevalenza di piccole e medie imprese, si ritroverà un sistema bancario tra i più concentrati in Europa, se non il più concentrato: una situazione totalmente contrapposta all’interesse del Paese», si legge nel comunicato. Un monito che suona come un campanello d’allarme per un’Italia che ha sempre trovato nelle banche locali un pilastro del suo tessuto economico e sociale.La risolutezza del Ceo PedranziniMario Alberto Pedranzini, consigliere delegato e direttore generale di PopSondrio, aveva inviato una lettera ai dipendenti del gruppo, ribadendo il valore del personale e la determinazione a tutelare gli interessi di tutti gli stakeholder. «Il nostro personale è il primo valore di questa azienda e gli ottimi risultati ne sono la testimonianza», ha scritto Pedranzini, annunciando la convocazione di una riunione del cda per esaminare l’offerta di Bper e valutare le azioni da intraprendere.«Grazie alle qualificate competenze di tutte e tutti voi e al vostro lodevole impegno, continueremo a garantire alla clientela l’eccellenza dei nostri servizi, guardando con fiducia e determinazione agli obiettivi che abbiamo davanti», ha aggiunto Pedranzini in un messaggio che certamente non prefigura una resa incondizionata, ma piuttosto una determinata risolutezza nel perseguire gli interessi della Popolare.Unipol e un “matrimonio naturale”Carlo Cimbri, presidente di Unipol (azionista di Sondrio con il 19,7% e di Bper con il 19,8%), aveva definito l’operazione «un matrimonio naturale», sottolineando che «poter contare su una banca più forte vuol dire poter ambire a una distribuzione ancora più efficace dei nostri prodotti». Un chiaro segnale di voler perseguire economie di scala attraverso il consolidamento. Nel comunicato dell’offerta Bper prefigura 2 miliardi di utili nel 2027 per la combined entity con sinergie per 290 milioni. L’Ops valorizza PopSondrio 4,3 miliardi di euro ed è finalizzata ad acquisire una partecipazione almeno superiore al 50% del capitale al fine di esercitare il diritto di controllo.Gianni Franco Papa, amministratore delegato di Bper, ha spiegato che l’operazione è nata come una mossa difensiva nel risiko bancario: «Non appena sono ricominciate ad apparire queste operazioni sul mercato, ho ritenuto che fosse arrivato il momento per noi di muoverci. Se non l’avessimo fatta noi, magari l’avrebbe fatta qualcun’altra».Una banca, una storia, un territorioLa Banca Popolare di Sondrio non è solo un istituto di credito: è un simbolo, un’istituzione che ha saputo resistere alle trasformazioni del tempo mantenendo intatti i suoi valori. Dopo che il Creval è stato inglobato nel Crédit Agricole, è rimasto l’ultimo simulacro di un tempo che fu quando nelle relazioni annuali degli istituti presentate all’assemblea annuale trovava grande spazio la situazione dell’agricoltura locale più che l’andamento di Wall Street. Questo spiega perché la Popolare sia vista dai piccoli soci come un presidio di indipendenza e vicinanza al territorio. Basti pensare che è stato l’ultimo istituto cooperativo a trasformarsi in società per azioni il 29 dicembre 2021 dopo una lunghissima battaglia contro la legge del 2015, varata dal governo Renzi che obbligava gli istituti con attivi superiori agli 8 miliardi di euro a cambiare ragione sociale. All’inizio Sondrio non era da sola ma era fieramente accompagnata dal dominus della Banca Popolare di Bari, Marco Jacobini. Poi Bari – per le note ragioni – è venuta meno e la Valtellina si è trovata a battagliare da sola contro governi, Consiglio di Stato e Corte di Giustizia Ue, perdendo regolarmente. Chissà con quale tristezza sarà stato celebrato il 150simo della fondazione! Il Comitato piccoli soci nacque proprio allora, sotto la guida dell’economista Marco Vitale, per tenere vive le ragioni della lotta, per difendere un patrimonio che va ben oltre i bilanci: è la storia di una comunità, di un’identità, di un modo di fare banca che guarda alle persone prima che al credit score. Anche questa volta il confronto è impari sia perché c’è un azionista di peso da entrambe le parti che sicuramente farà valere le proprie ragioni anche con i fondi di investimento il cui peso è altrettanto determinante. LEGGI TUTTO

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    Generali, Unicredit rafforza la presa: “Siamo oltre il 5%”

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    Da un lato annuncia che la partecipazione in Generali è “solo un investimento finanziario”, dall’altra rafforza sempre più la presa sul gruppo assicurativo. L’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, prende l’occasione della conferenza stampa post conti per rivelare le sue manovre: “Stiamo per annunciare per trasparenza che la nostra partecipazione in Generali, incluse le posizioni che deteniamo per conto dei nostri clienti, ha superato il 5%”. Dopodiché, il numero uno di Unicredit ha precisato che “la partecipazione resta finanziaria e non significa interesse ad acquisire” la compagnia.Sta di fatto che se si valuta la cosa in corrispondenza delle voci di un addio di Delfin – la cassaforte della famiglia Del Vecchio che detiene il 2,7% di Unicredit – allora la vicenda si ingarbuglia. Del resto, alla notizia del primo blitz di Unicredit sul Leone di Trieste, in molti si sono domandati da che parte Orcel avrebbe portato le azioni in vista del rinnovo dei vertici delle Generali, in programma il prossimo maggio con il riproporsi della sfida tra Mediobanca e la coppia Delfin-Caltagirone per determinare i vertici della compagnia. Molti analisti, poi, avevano osservato che la partecipazione in Generali sarebbe servita a Orcel per strappare un sì al governo sull’operazione lanciata su Banco Bpm. LEGGI TUTTO

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    Unicredit, profitti a 9,7 miliardi. E su Bpm: “Valutiamo il rilancio”

    Unicredit mantiene forte la sua redditività nel 2024. L’utile netto, ovvero senza l’apporto dei crediti d’imposta, è stato di 9,3 miliardi, in rialzo dell’8% al confronto con l’anno precedente. Mentre il dato contabile arriva a 9,7 miliardi (il migliore di sempre, sottolinea la banca). Quanto al risultato del solo quarto trimestre, i profitti sono stati […] LEGGI TUTTO