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    Elezioni in Toscana, il campo largo punta sul bis di Giani dopo le sconfitte nelle Marche e Calabria

    Ascolta la versione audio dell’articoloSono 3 milioni i toscani chiamati alle urne in occasione delle elezioni regionali del 12 e 13 ottobre. Tra gli elettori iscritti nelle liste, oltre 17mila diciottenni e 203mila toscani residenti all’estero. A pesare l’incognita della partecipazione al voto. Dal 1970, anno di istituzione delle Regioni, l’affluenza alle urne alle regionali è passata dal 95,9% al 48,28% delle elezioni del 2015, il dato più basso in assoluto e la prima volta con meno della metà degli elettori, per poi risalire al 62,6% nella tornata 2020. Si vota domenica dalle 7 alle 23 e lunedì dalla 7 alle 15I candidati in pistaLa sfida è tra il presidente uscente di centrosinistra Eugenio Giani (Pd) in di cerca la riconferma (sostenuto da Pd, M5S, Avs e Casa riformista, quarta gamba del campo largo, senza Azione) e il candidato di centrodestra Alessandro Tomasi (FdI), sindaco di Pistoia. Con il primo di gran lunga favorito in base ai sondaggi. Due gli outsider: Antonella Bundu con la lista di sinistra radicale Toscana Rossa e il partito no vax Forza del popolo, che candida il medico Carlo Giraldi.Loading…Voto disgiuntoA differenza della maggior parte delle altre regioni dove non c’è una soglia e vince sempre al primo turno il candidato presidente che ottiene più voti, Toscana è previsto un ballottaggio se nessuno dei due candidati prende almeno il 40% dei voti (la data eventuale è il 26 ottobre). Tracciando un segno su una lista si esprime un voto per quella lista e per il candidato presidente ad essa collegato. Tracciando un segno solo su un candidato presidente si vota solo per questo candidato, senza esprimere alcun voto alle liste. Si può anche dare un voto disgiunto. Scegliere cioè un candidato presidente e poi una lista che risulta collegata ad un altro candidato presidente. In questo caso vale sia il voto per il candidato presidente che quello per la lista prescelta. Sono previste tre sono le soglie di sbarramento: 10% per le coalizioni, 3% per le liste all’interno di coalizioni e 5% per le liste singole.Le tensioni nel campo largoDa registrare, alla vigilia del voto, le tensioni nel campo largo, con un incontro tra Giuseppe Conte e Eugenio Giani fissato solo nell’ultimo giorno di campagna elettorale. Non sul palco principale dei cinque stelle a Firenze dove, nel tardo pomeriggio di venerdì, è salito da solo il leader Conte, ma qualche ora prima, a Scandicci, nell’hinterland. La mediazione è stata chiusa nel corso di un lungo e fitto faccia a faccia alla Camera tra Elly Schlein e lo stesso Conte, dopo che la notizia dell’esclusione del governatore dem, ricandidato, dall’iniziativa del Movimento aveva creato irritazione tra i democratici toscani (e non solo). In precedenza Giani aveva riferito di non essere stato mai contattato da Conte.La Lega vannaccizzata si «pesa»Sull’altro fronte, il voto in Toscana sarà un importante banco di prova per la Lega “vannaccizzata”. Nel Carroccio gli occhi sono puntati sul risultato della lista e sul cosiddetto “effetto Vannacci”: se farà realmente lievitare i consensi o no. Il vicesegretario è stato anche il coordinatore della campagna leghista sul territorio. E ha fatto il bello e cattivo tempo nella composizione delle liste. Imponendo il suo fedelissimo Massimiliano Simoni nel listino bloccato e scegliendo la maggior parte dei capilista. Con tanto di tensioni con Susanna Ceccardi, ex candidata governatrice, europarlamentare e punto di riferimento del partito sul territorio. E addii al partito in polemica con il generale LEGGI TUTTO

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    Meno paletti e burocrazia, la ricetta di Forza Italia per riformare il servizio Ncc

    Ascolta la versione audio dell’articoloDa anni, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è impegnato nella complessa attuazione delle norme di legge sul servizio taxi e Ncc, attuazione che procede accompagnata dalla esplicita opposizione degli autisti delle auto a noleggio con conducente e il giudizio spesso negativo della Giustizia amministrativa. Il ministro e il ministero stanno facendo una serie di decreti che stanno però incontrando forti battute d’arresto da parte dei giudici”, spiega il forzista Andrea Caroppo, primo firmatario di una proposta di legge per la riforma del settore delle auto a noleggio che ha da poco iniziato l’iter legislativo in commissione Trasporti a Montecitorio.Il Consiglio di Stato e altri organismi giudiziari ritengono infatti che i decreti attuativi della normativa Ncc portati avanti dal ministero di Porta Pia “non siano in linea con quella che è la normativa nazionale ed europea. Convinto “che il Parlamento debba prendere atto delle cose e non farsi dettare l’agenda da parte dei giudici”, Caroppo sottolinea quindi l’importanza della sua iniziativa, sottoscritta da più di 40 parlamentari di Forza Italia. E che punta, anche alla luce di un “confronto parlamentare che sarà certamente acceso e variegato” a “dare finalmente una riforma di un servizio che i cittadini in maniera pressante richiedono. Noi, aggiunge “siamo per la concorrenza e l’apertura al mercato”, e riteniamo che “quando si semplificano le regole e si fanno partecipare più persone al mercato migliorano i servizi cittadini e soprattutto si riducono i prezzi”.Loading…In estrema sintesi, la proposta di legge di Forza Italia (“Modifiche alla legge 15 gennaio 1992, n. 21, in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, servizi di taxi e di noleggio con conducente”, Atto Camera 2455) prevede il trasferimento dai Comuni alle Regioni della competenza per la disciplina del servizio di noleggio con conducente, in modo, spiega Caroppo in una intervista a Parlamento24, da avere “una programmazione più omogenea” e soprattutto una maggiore rapidità nella gestione dei bandi per le licenze di noleggio con conducente. Quanto al controverso obbligo di rientro in rimessa delle auto Ncc al termine di ciascun servizio, insieme alla pausa obbligatoria di 20 minuti tra un servizio e l’altro e la registrazione dei dati di ogni singolo passeggero-cliente sono “vincoli da superare”, in quanto “cose eccessivamente burocratiche”. LEGGI TUTTO

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    Accordo nel centrodestra: Stefani (Lega) in Veneto, Cirielli (Fdi) in Campania e Lobuono (civico) in Puglia. Meloni «prenota» la Lombardia

    Ascolta la versione audio dell’articoloIntesa raggiunta nel centrodestra sui candidati per il mini-election day di fine novembre. Secondo quanto comunicato in una nota, a margine della riunione sulla legge di bilancio che si è tenuta oggi pomeriggio, i leader del centrodestra hanno deciso che a correre per la presidenza del Veneto sarà il leghista Alberto Stefani mentre in Puglia ci sarà il civico Luigi Lobuono. Confermato in Campania il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli di Fdi.L’accordo sulla Lombardia«Il candidato presidente in Lombardia non è legato al Veneto» dichiara Salvini. Ma Fdi incassa di fatto il diritto di rivendicare la Lombardia nel 2028, visto che indicare il nome – come prosegue la dichiarazione del segretario leghista – spetterà al partito «con il più recente maggiore peso elettorale» nel territorio «precedente le elezioni». Cioè, salvo capovolgimenti, a Giorgia Meloni, visto che Fdi oggi è il primo partito della coalizione in Lombardia – certificato da ultimo anche alle europee. A decidere questo derby saranno insomma i risultati delle politiche del 2027. Anche se i leghisti lombardi sembrano intenzionati a insistere fino all’ultimo per non cedere il candidato agli alleati.Loading…La scelta di Stefani in VenetoIl leghista Alberto Stefani, candidato ufficiale del centrodestra per le elezioni regionali in Veneto, scaldava i motori da settimane. Aveva già incassato a Pontida l’investitura del segretario Matteo Salvini. La vittoria del centrodestra nelle Marche e in Calabria, ha sbloccato l’impasse. Con i Fratelli d’Italia che si sono convinti a lasciare il Veneto al Carroccio. Ma Meloni e Salvini avrebbero limato il pacchetto di compensazioni sul territorio da affiancare alla dichiarazione sulla Lombardia. Il nuovo presidente del Veneto – dove la partita in favore del centrodestra è data per scontata da tutti – sarà quindi leghista ma Fratelli d’Italia, primo partito della coalizione agli ultimi test di politiche ed europee e pure con percentuali tra le più alte d’Italia, avrà un peso diverso dall’attuale nel governo della Regione. Oltre alla vicepresidenza, ai meloniani dovrebbero andare sei assessorati (o cinque con il presidente del Consiglio regionale) e alcune delle deleghe di peso come bilancio e sanità.Come si è arrivati alla candidatura di Cirielli in CampaniaMeloni, Tajani e Salvini hanno faticato a trovare la quadra per un candidato in Campania. Sono stati spesi, per non dire “bruciati”, nomi importanti della società civile: il presidente di Confindustria Campania, l’imprenditore Costanzo Jannotti Pecci; il Rettore dell’Università “Federico II” di Napoli Matteo Lorito e il suo omologo all’Università “Vanvitelli” di Caserta Gianfranco Nicoletti; perfino l’attuale prefetto di Napoli Michele Di Bari, dato quasi per certo fino a due settimane fa. Nonché Giosy Romano, attuale coordinatore della Zes (Zona economica speciale) del Mezzogiorno. Ma il nome di Cirielli non è mai tramontato. E alla fine, superate le resistenze di Forza Italia, che puntava su un candidato di centro per battere il candidato dei 5 Stelle in Campania (così come successo in Calabria), si è imposto come candidato della coalizioneL’opzione civica in PugliaSarà dunque l’imprenditore Luigi Lobuono il candidato del centrodestra per le elezioni regionali in Puglia del 23 e 24 novembre. Sarà lui a tentare la “mission impossible” di spuntarla sul candidato di centrosinistra Antonio Decaro. In quota Forza Italia, anche se non tesserato, Lobuono è stato presidente della Fiera del Levante. Il nome circolava da qualche giorno, ha preso quota venerdì sera per poi consolidarsi in via definitiva. Non prima però di aver chiesto al coordinatore regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, un’ultima disponibilità. Che non è arrivata. LEGGI TUTTO

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    Chi è il civico Lobuono, al bis in politica dopo 20 anni per strappare la Puglia a Decaro

    Ascolta la versione audio dell’articoloÈ l’imprenditore Luigi Lobuono il candidato del centrodestra per le elezioni regionali in Puglia del 23 e 24 novembre. Sarà lui a tentare la “mission impossible” di spuntarla sul candidato di centrosinistra Antonio Decaro. In quota Forza Italia, anche se non tesserato, Lobuono è stato presidente della Fiera del Levante. Il nome circolava da qualche giorno, ha preso quota venerdì sera per poi consolidarsi in via definitiva. Non prima però di aver chiesto al coordinatore regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, un’ultima disponibilità. Che non è arrivata.Candidatura civicaE D’Attis ne ha lanciato la candidatura sottolineando l’importanza di un approccio civico alla sfida elettorale («Anche l’opzione civica è la chiave per avviare subito la campagna elettorale. Noi siamo pronti a sostenere un candidato civico»). Per Lobuono, la campagna elettorale parte in salita, con poco più di cinquanta giorni a disposizione. Tanto più che il rivale è un “peso massimo” della politica pugliese: quell’Antonio Decaro ex sindaco dem di Bari, radicatissimo sul territorio e recordman di preferenze (500mila) alle europee del 2024.Loading…Imprenditore nell’editoria Classe 1955, Lobuono appartiene a una famiglia di editori storicamente vicina all’area socialista, attiva nella distribuzione dei giornali e negli anni 2000 con partecipazioni nel quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno.La sfida con Emiliano nel 2004Il “civico” Lobuono non è nuovo però alla politica attiva. Nel lontano 2004 fu lui a sfidare Michele Emiliano che da magistrato fece il salto in politica come sindaco di Bari. Sotto il simbolo del Polo delle Libertà, impostò la campagna elettorale su temi ambientali e di rigenerazione urbana, proponendo “un ambiente migliore” come priorità per Bari. Ma si fermò allora al 41% contro un Emiliano neofita della politica ma già favorito. Fu Raffaele Fitto, allora presidente della Regione e uomo forte di Forza Italia in Puglia, a imporre la figura di Lobuono. Quest’ultimo conservò lo scranno in Consiglio comunale per pochi mesi perché poi si concentrò nella guida della Fiera del Levante. Ne è stato presidente, infatti, dal 2001 al 2006. Anni in cui ha accompagnato due presidenti del Consiglio nella cerimonia del taglio del nastro, Silvio Berlusconi e Romano Prodi, e altrettanti governatori, Raffaele Fitto e Nichi Vendola LEGGI TUTTO

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    Chi è Stefani, «enfant prodige» leghista candidato nel Veneto al posto di Zaia

    Ascolta la versione audio dell’articoloIl leghista Alberto Stefani, candidato ufficiale del centrodestra per le elezioni regionali in Veneto, scaldava i motori da settimane. Aveva già incassato a Pontida l’investitura del segretario Matteo Salvini. La vittoria del centrodestra nelle Marche e in Calabria, ha sbloccato l’impasse. Con i Fratelli d’Italia che si sono convinti a lasciare il Veneto al Carroccio. In una regione prima “feudo” democristiano e poi governata per 15 anni da Luca Zaia, è Stefani dunque l’uomo chiamato a raccogliere l’eredità del “Doge”. Compirà 33 anni il 16 novembre, una settimana prima delle elezioni regionali, e se eletto diventerà il più giovane presidente di Regione in carica. Stefani si è ricavato un ruolo di primo piano in tempi brevissimi, basti pensare che dall’anno scorso è anche uno dei quattro vice segretari federale del Carroccio. Identità e di territorio le sue parole chiave. In cima alla sua agenda c’è l’autonomia.Gli esordi nelle giovanili della LegaNato in provincia di Padova (a Camposampiero) nel 1992, è cresciuto in un altro comune del Padovano, Borgoricco. Ha all’attivo un brillante percorso di studi: dopo il diploma al liceo (100/100) si è laureato in giurisprudenza a Padova (110 e lode) con una tesi in diritto canonico. Stefani è entrato nella Lega quando aveva solo 14 anni appena: il colpo di fulmine, di fronte a un gazebo del partito. «Mi ha affascinato, ne condividevo le idee federaliste e mi sono iscritto», raccontava, qualche mese fa, in un’intervista al Mattino di Padova. Ha iniziato a fare politica nelle giovanili della Lega ed è diventato consigliere di minoranza a Borgoricco nel 2014, a 22 anni. Loading…Deputato più giovane del CarroccioDa lì, una lunga serie di incarichi: deputato dal 2018 (eletto per la prima volta a 26 anni è stato il parlamentare più giovane mai eletto tra le fila della Lega), sindaco di Borgoricco nel 2019, commissario regionale del partito nel 2020, segretario della Liga veneta dal 2023, presidente della commissione bicamerale sul federalismo, vicesegretario federale dal 2024. Stefani gode della piena fiducia di Salvini e ha ottimi rapporti con Zaia. Del «doge», Stefani condivide il profilo moderato. «Credo nel confronto leale fra idee, rifiuto lo scontro personale. In politica non cerco nemici da abbattere, ma avversari con cui dialogare» assicura.A Roma si occupa prevalentemente di temi sociali (cura degli anziani, diritti dei caregiver, lotta al disagio giovanile, violenza su donne e minori). Ha fondato “Veneto domani”, la prima scuola di formazione politica della Liga Veneta. Cattolico e con esperienze nell’Azione Cattolica, ha raccontato in un’intervista a Vanity Fair di avere un nonno, Aldo, operaio della Breda e orgogliosamente comunistaGli hobbyAppassionato di calcio (è tifoso del Milan) ha un passato da pallavolista. In occasione della vittoria dei campionati mondiali di volley a Manila ha scritto sui social un post per complimentarsi con la nazionale maschile, con una chiosa: «Ho praticato questo sport per molti anni e posso solo immaginare quanta passione, disciplina e spirito di squadra ci siano dietro un traguardo mondiale come questo. Impegno e sacrificio ripagano sempre». Stefani ha anche una vena artistica perché nel tempo libero dipinge e scrive. LEGGI TUTTO

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    Un anti Schlein alle primarie di coalizione: ecco come i riformisti Pd meditano la spallata alla segretaria

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Se si facesse la riforma della legge elettorale io sarei per una legge che vada bene anche per il premierato, e quindi con l’indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale. Il premierato andrà avanti, per questo non vale la pena fare una legge elettorale e poi farne un’altra dopo il referendum sul premierato». Se nel centrosinistra c’erano ancora dubbi sull’intenzione di Giorgia Meloni di cambiare il Rosatellum per votare alle politiche del 2027 con un sistema a lei più favorevole, questi sono stati fugati dalla stessa premier nella sua lunga intervista a Porta a porta del 7 ottobre.La sfida di Meloni: legge elettorale con indicazione del candidato premierLo schema è confermato: approvazione della riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del premier entro la fine della legislatura, in modo da celebrare il referendum confermativo dopo le politiche, e nel frattempo riforma del Rosatellum per superare la lotteria dei collegi uninominali per introdurre un sistema a base proporzionale con premio di maggioranza per chi supera il 40% e – appunto – l’indicazione del nome del candidato premier.Loading…Campo largo (e diviso) costretto alle primarie di coalizione?Con il via libera alla candidatura del leghista Alberto Stefani alla successione di Luca Zaia in Veneto sono cadute le ultime resistenze di Matteo Salvini: dopo la fine del ciclo delle regionali la proposta Meloni sarà ufficialmente sul tavolo dei partiti di maggioranza e anche di opposizione. Con un problema in più per un campo largo già in affanno: chi sarà il candidato premier della coalizione, il novello Prodi capace di d’accordo le varie anime e soprattutto i “grillini” con i dem? Dopo le sconfitte oltre le previsioni nelle Marche e in Calabria l’ipotesi di un congresso anticipato del Pd, accarezzata nei mesi scorsi dalla segretaria Elly Schlein per blindarsi alla guida del partito, sembra uscita di scena. E gli occhi sono ora tutti puntati sulle primarie di coalizione, necessarie a meno di un improbabile accordo a tavolino tra la stessa Schlein e il leader del M5s Giuseppe Conte su un nome terzo.Milano e Livorno: la minoranza anti Schlein riparte da due convegniEd è qui che si inserisce l’iniziativa, e la strategia, della minoranza riformista più agguerrita del Pd, ossia quel gruppetto di big (da Lorenzo Guerini a Graziano Delrio, da Sandra Zampa e Filippo Sensi, da Marianna Madia a Simona Malpezzi, da Giorgio Gori a Pina Picierno) che ha strappato con Energia popolare di Stefano Bonaccini giudicandola troppo schiacciata sulle posizioni della segretaria. Senza attendere le elezioni regionali in Veneto, Campania e Puglia di fine novembre, i riformisti doc cominceranno a contarsi già ad ottobre: il 24 a Milano sui temi economici con focus su ceto medio, professionisti, partite Iva e imprese – “classi” di riferimento del partito che fu, a loro avviso ora abbandonate da un Pd molto spostato a sinistra, sulle posizioni della Cgil di Maurizio Landini e dell’assistenzialismo targato M5s – e il 31 ottobre a Livorno, su iniziativa del think thank LibertàEguale di Enrico Morando, Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti, sui temi della sicurezza e della difesa comune europea. Un modo, anche, per bilanciare una narrazione tutta spostata sulla causa palestinese. «Di fronte all’aggressività delle autocrazie e agli orientamenti dell’amministrazione Trump il tema della difesa è assolutamente ineludibile per una coalizione che abbia l’ambizione di proporsi come credibile alternativa di governo per la legislatura – spiega Ceccanti -. Per un verso il tema va declinato necessariamente in chiave europea, l’unica dimensione di scala in grado di dare una risposta efficace e credibile; per altro verso il richiamo alla dimensione europea non può comunque portare a eludere le risposte che vanno date, senza ambiguità, sul piano nazionale».La strategia dei riformisti: prima puntellare i temi (economica e difesa Ue)…Insomma, intanto si puntellano i temi cari ai riformisti, dalle politiche per la crescita alla difesa Ue contro il pericolo Putin. D’altra parte, con un M5s che proprio in queste ore si appresta a votare a Strasburgo la mozione di sfiducia contro la presidente della Commissione Ue Ursula von del Leyen sostenuta invece dal Pd e con un Pd a guida Schlein a sua volta sempre più attratto dalle sirene pro Pal e “pacifiste a prescindere” del M5s, un chiarimento sulla collocazione internazionale dei dem è necessario. Come per altro sostengono ormai da tempo vecchi dirigenti come Luigi Zanda e lo stesso Romano Prodi. LEGGI TUTTO

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    Chi è Cirielli, il generale sponsor del «Principato di Salerno» candidato del centrodestra in Campania

    Ascolta la versione audio dell’articoloManca solo l’ufficialità. Ma sarà Edmondo Cirielli (Fdi), attuale viceministro degli Esteri, il candidato del centrodestra alle elezioni regionali in Campania del 23-24 novembre. Se la vedrà con il candidato del campo largo Roberto Fico, già in pista da varie settimane. Nato a Nocera Inferiore nel 1964, laureato in Giurisprudenza, in Scienze Politiche e in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna, Cirielli è figlio di un generale dell’esercito. Ed ha a sua volte alle spalle una prestigiosa carriera militare.Generale dei carabinieriE’ Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri in Ausiliaria. Ha frequentato la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, l’Accademia Militare di Modena, la Scuola militare di Alpinismo di Aosta, la Scuola militare di Paracadutismo di Pisa, la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma.Loading…La carriera politicaLa carriera politica inizia nel 1995 candidandosi con Alleanza nazionale alle elezioni regionali in Campania (viene eletto a furor di popolo con 16mila preferenze). Deputato alla Camera dal 2001, ricoprendo svariati incarichi parlamentari. Nel 2005 si è fatto promotore di una controversa legge di riforma del codice penale del cui testo approvato però si dissocia successivamente a causa delle profonde modifiche apportate dal Parlamento. La legge Cirielli (o meglio “ex Cirielli”), nota anche come «Salva Previti», è al centro di molteplici critiche, in particolare per quanto riguarda la riduzione dei termini di prescrizione che porta ad un aumento dei casi di estinzione dei reati. Cirielli è stato presidente della Provincia di Salerno dall’8 giugno 2009 al 22 ottobre 2012. Nel dicembre 2012 ha partecipato alla fondazione di Fratelli d’Italia, entrando a far parte dell’ufficio di presidenza.Il Principato di SalernoDa presidente della provincia di Salerno Cirielli si è fatto notare per un’iniziativa legislativa singolare adottata dal consiglio provinciale: la creazione di una nuova regione, corrispondente all’attuale provincia di Salerno, chiamata “Principato di Salerno”. Ma sia la Consulta che la Cassazione bocciarono l’ipotesi del referendum ritenendo ’’non legittima’’ la proposta che avrebbe cambiato i connotati della Campania.  LEGGI TUTTO

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    Forza Italia calamita al centro: da Bicchielli a Silli, la carica dei transfughi verso gli azzurri

    Ascolta la versione audio dell’articoloAntonio Tajani lo aveva detto il 23 febbraio 2024, al primo congresso di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi: «C’è un grande spazio fra Meloni e Schlein, quello spazio abbiamo il dovere di occuparlo». Per un obiettivo: creare – o ricreare, rispolverando il sogno del Cavaliere – una «dimora dei moderati». Quella casa, mattone dopo mattone, transfuga dopo transfuga, non fa che crescere. E il successo alle elezioni regionali nelle Marche, con il sorpasso della Lega, assieme al trionfo in Calabria fanno alzare la testa agli azzurri, che con il loro segretario rivendicano di essere ormai «il secondo partito della coalizione di centrodestra», ma soprattutto la «casa» dei centristi di ogni colore.I gruppi parlamentari si ingrossanoParlano i numeri: Fi è il gruppo parlamentare cresciuto di più in questa legislatura, nonostante i regolamenti di Camera e Senato siano diventati più restrittivi rispetto al passato sui cambi di casacca. La campagna acquisti è stata massiccia soprattutto a Montecitorio, dove i deputati sono passati dai 44 originari ai 52 attuali. Ha cominciato Giuseppe Castiglione, in fuga da Azione di Carlo Calenda, seguito poco dopo da Enrico Costa e da Isabella De Monte (quest’ultima era stata eletta con Italia Viva, ma era transitata in Azione). Dal M5S di Giuseppe Conte sono arrivati alla Camera Giorgio Lovecchio e al Senato Antonio Trevisi. Alla Lega sono stati scippati due deputati: prima Davide Bellomo e poi il presidente della commissione Difesa, Nino Minardo, che era già passato al Misto. Ma i passaggi più “dolorosi” per le tensioni tra gli alleati sono stati quelli da Noi Moderati di Maurizio Lupi: il trasloco del deputato salernitano Pino Bicchielli ha comportato una valanga in Campania, dove hanno lasciato Nm per Fi i segretari provinciali di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno. Sempre da Noi Moderati ha fatto rientro in Fi la vicesindaca di Arezzo, Lucia Tanti.Loading…Il ritorno di Silli e lo scontro frontale con LupiSoprattutto, è tornato in Forza Italia il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. Un rientro di peso, perché vale una poltrona nel Governo. «Ricordo che il sottosegretario Silli è stato da me designato a rappresentare il nostro partito nel governo Meloni, designazione tanto più politica in quanto Silli non è parlamentare», ha tuonato Lupi. «Pertanto mi aspetto, in coerenza con la sua scelta, le immediate dimissioni da sottosegretario, per permettere al nostro partito di continuare a partecipare attivamente all’azione di governo con un nuovo rappresentante, in particolare nella politica estera». In zona esteri, va segnalato anche l’ingresso in Fi dell’ex viceministra pentastellata Emanuela Del Re. Tra i ritorni ufficiali, anche quello dell’ex ministro Claudio Scaloja.Le mire sui cattoliciNon è un mistero che Tajani punti ad accreditarsi come il riferimento dei centristi di ogni schieramento, in particolare dei cattolici delusi e insofferenti alla gestione dem di Elly Schlein. Lo ha detto esplicitamente anche alla kermesse nazionale di Telese Terme, dove è stato presentato il nuovo Manifesto della Libertà: una versione 5.0 dei valori della tradizione azzurra, a partire da euroatlantismo e difesa delle «idee liberali, cristiane, riformiste». Con l’economia sociale di mercato come faro, l’«assoluta parità dei diritti per ogni essere umano» come convinzione, la riduzione della pressione fiscale come sempreverde e la giustizia «non vendetta, ma garanzia di libertà» come priorità. Una piattaforma costruita per attirare i moderati lontani dal nazionalismo di Giorgia Meloni, seppur “gentile”, e dagli eccessi antisistema della Lega di Matteo Salvini, con o senza Vannacci, ma anche i riformisti non più a loro agio dentro il campo largo. Non è un caso che il dialogo più proficuo corra con Calenda: le posizioni, in politica estera e in politica economica, sono spesso vicine. La strategia condivisa con i figli del CavaliereDietro la nuova Forza Italia – all’insegna del “rinnovamento” e dell’“apertura”, parole d’ordine come fu “cambiamento” ai tempi della discesa in campo di Berlusconi nel 1994 – c’è lo zampino dei figli del Cavaliere, Marina e Pier Silvio. Che da mesi, nei ripetuti incontri con Tajani, alla presenza di Gianni Letta, hanno contribuito a ridisegnare la linea lungo l’asse Roma-Cologno Monzese. Lo sguardo è alle elezioni politiche del 2027, dove gli azzurri sperano di tornare ai fasti del passato: il 20 per cento. Alla fine della tornata delle regionali, il 24 novembre, si tireranno le prime somme per capire quanto sia alla portata. LEGGI TUTTO