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    Meloni premier da 989 giorni, superato Conte. Ecco quali sono i governi più longevi

    Ascolta la versione audio dell’articoloGiorgia Meloni ha sorpassato ieri Giuseppe Conte per numero di giorni in carica come presidente del Consiglio, con 989 contro 988. Fratelli d’Italia in un post su Facebook commenta: «Lo supera anche per serietà e lungimiranza». A guidare la classifica dei premier più a lungo in carica c’è Silvio Berlusconi con 3.339 giorni, seguito da Giulio Andreotti (2.678) e Alcide De Gasperi (2.591). Quarto Aldo Moro (2.279), poi Amintore Fanfani (1.659), Romano Prodi (1.608), Bettino Craxi (1.353), Mariano Rumor (1.104), Antonio Segni (1.088), Matteo Renzi (1.024) e, quindi, Meloni e Conte.Le permanenze a Palazzo ChigiL’esecutivo durato più a lungo di tutti resta il Berlusconi II con 1.409 giorni seguito da un altro governo del Cavaliere, il quarto: sostenuto da Pdl, Lega nord ed MpA durò dall’8 maggio 2008 al 12 novembre 2011 ovvero 1.283 giorni. Ancora sopra i mille giorni, medaglia di bronzo, al primo governo Craxi che durò dal 4 agosto 1983 al 27 giugno 1986, era sostenuto da Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli e durò 1058 giorni. Al quarto posto il governo Renzi con 1.019 giorni. Dietro a Renzi il governo Prodi I che durò 874 giorni, dal 18 maggio del 1996 al 9 ottobre del 1998. Di poco sotto, all’ottavo posto nella classifica dei governi più lunghi troviamo il terzo governo di Aldo Moro che durò 834 giorni, dal 23 febbraio del 1966 al 5 giugno 1968. A seguire il secondo governo di Romano Prodi che durò 617 giorni, dal 17 maggio del 2006 all’8 maggio del 2008. E ancora un governo De Gasperi, il settimo: sostenuto da Dc e Pri durò dal 26 luglio del 1951 al 29 giugno del 1953 con 705 giorni. Al nono posto il primo governo Segni con 688 giorni.Loading… LEGGI TUTTO

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    Veneto, Zaia pronto ad appoggiare un altro governatore ma con una sua lista che potrebbe sfondare fino al 45%

    Ascolta la versione audio dell’articoloIn Veneto oggi si naviga nel buio. È questa l’immagine scelta da Luca Zaia per fotografare lo stallo attuale in vista delle Regionali in autunno. Lui che di quella terra è il dominus assoluto da oltre 15 anni descrive un centrodestra chiuso “in una stanza buia” che si muove tra “acque torbidissime”, dove nessuno vede più nulla, dove «non si capisce più niente, almeno finché non ci sarà un po’ di limpidezza».Tradotto dal linguaggio della politica, significa che è al momento non c’è nessun accordo. Non c’è soprattutto il via libera a consegnare ai Fratelli di Giorgia Meloni la guida della Regione. Una pretesa che la premier fa valere forte del triplo dei voti ottenuti alle Europee rispetto a quelli della Lega. Ma quando si tratta di decidere chi dovrà governare il territorio dei veneti non basta: serve l’appoggio di Zaia che continua ad avere un gradimento altissimo vicino al 70%.Loading…E tra l’altro se non c’è accordo in Veneto non può esserci neppure nelle altre regioni chiamate al voto il prossimo autunno (Marche, Toscana, Campania, Puglia). Zaia – tramontata la prospettiva del terzo mandato che poi in realtà sarebbe il quarto – non è intenzionato a farsi da parte e rilancia la prospettiva di una Lista Zaia per cui i suoi sono già pronti a raccogliere le firme. Certo, Fratelli d’Italia chiude ogni porta: per loro, le liste civiche devono restare satelliti del candidato presidente. Punto. Zaia, con la flemma di chi è abituato a giocare su terreni scivolosi, dice e non dice. «Non è il momento di mettere altra carne al fuoco», sottolinea come a voler rassicurare gli alleati, salvo affondare il colpo appena dopo: «Ognuno poi capirà se le scelte che arriveranno da Roma saranno sostenibili o insostenibili».Insostenibili, ecco la parola chiave. Zaia fa capire che lo scontro non è più teorico, che l’ipotesi di correre da solo, o quasi, è più concreta di quanto si voglia ammettere: «Secondo l’ultima statistica, la mia lista vale il 40 o il 45 per cento». Non è una rivendicazione, è un avvertimento. E a chi gli chiede di fondare un altro partito, il governatore risponde con una cortesia che sa di minaccia: «Non vale la pena, adesso. C’è già abbastanza carne sul fuoco. Vedremo se le indicazioni saranno accettabili. Altrimenti…». LEGGI TUTTO

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    Elisabetta Belloni lascia la Commissione Ue: le ragioni dietro le dimissioni da consigliere diplomatico di Ursula von der Leyen

    Ascolta la versione audio dell’articoloUna portavoce della Commissione europea, Arianna Podestà, ha confermato oggi ad Askanews a Bruxelles che Elisabetta Belloni, consigliera diplomatica della presidente Ursula von der Leyen, ha annunciato le sue dimissioni, come riportato oggi dal quotidiano Repubblica. «Possiamo confermare che Elisabetta Belloni sta per lasciare il gabinetto della presidente von der Leyen», ha riferito la portavoce.L’ex direttrice del Dis, Elisabetta Belloni, era stata nominata chief diplomatic adviser – di fatto consigliere diplomatico – della presidente della Commissione Ursula von der Leyen nell’ambito del servizio di consulenza di Palazzo Berlaymont denominato “Idea”. Del nuovo incarico se n’era parlato proprio nei giorni delle dimissioni di Belloni dal vertice dei servizi segreti italiani. Per l’ex responsabile delle agenzie d’intelligence della Repubblica, nonché sherpa del G7 italiano, un contratto iniziale di due anni, rinnovabile, per un massimo di 220 giorni di lavoro all’anno e con «nessun ruolo» del governo italiano nella sua nomina. La scelta, era stato precisato, dipendeva infatti unicamente dalla Commissione e dal suo presidente.Loading… LEGGI TUTTO

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    Tajani: più che la rottamazione prioritaria è la riduzione dell’Irpef. «Sui dazi l’Ue tratta, poi Trump avrà l’ultima parola»

    Ascolta la versione audio dell’articoloI negoziati sui dazi tra Europa e Usa «sono in corso ma, alla fine, sarà il presidente Usa Donald Trump ad avere l’ultima parola per la parte americana». A parlare è il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, intervenendo al Forum in Masseria 2025. «Ci sono diverse opzioni al momento, una che può essere di un quadro generale senza entrare nel dettaglio, altre che riguardano più i dettagli, i vari settori con diverse possibilità. Però veramente è ancora presto perché poi alla fine, per la parte americana, sarà Trump a dire l’ultima parola, quindi ci verrà un negoziato che poi andrà da Trump e Trump dirà quello che pensa lui».Ucraina, cessate il fuoco di Putin difficile«La trattativa con la Russia è molto complicata, Putin non vuole il cessate il fuoco ma la stabilizzazione completa della situazione, non vuole Zelensky al governo, io credo che prima della fine dell’anno sarà molto difficile arrivare ad una soluzione». Se servano o meno nuove sanzioni è altra questione, per il responsabile della Farnesina. «Se non vuole fare la pace sì, se non vuole arrivare a più miti consigli». Che tipo di sanzioni? «Di tipo finanziario».Loading…Quanto all’altro fronte di conflitto soltanto la soluzione a due stati Israele-Palestina può garantire stabilità al Medio Oriente, ma il movimento islamista Hamas «deve stare fuori» dal futuro Stato palestinese. «Non bisogna mai rinunciare a questa prospettiva (la soluzione a due stati, ndr.), perché è l’unica che può garantire stabilità in quell’area», invita il vicepremier. «Noi siamo sostenitori, convinti, come governo italiano, del progetto egiziano, che poi è stato fatto proprio da tutti i Paesi arabi, per il dopo Gaza, dopo fine guerra. Noi riteniamo che si debba riunificare la Cisgiordania con Gaza, per dar vita ad uno Stato palestinese, con una fase di interregno che potrebbe essere sotto legge delle Nazioni unite, anche con una presenza militare tipo quello dell’Unifil in Libano. Abbiamo detto che siamo disposti anche a fornire eventualmente truppe, visto che siamo ben visti sia dagli israeliani sia dai palestinesi»Più che rottamazione prioritaria è riduzione IrpefL’intervista di Vespa all’evento organizzato assieme a Comin & Partners si sposta anche a temi di stretta attualità politica. E qui la diminuzione strutturale dell’Irpef, più che la rottamazione delle cartelle esattoriali, è esplicitata come questione irrinunciabile per Forza Italia. È Tajani a dire nel dettaglio che la riduzione dal 35% al 33% dell’Irpef, con allargamento della base fino a 60mila euro è «la priorità», perché «poi è una scelta stabile, più della rottamazione che è una scelta «occasionale».Integrazione e cittadinanza nel programma del centrodestraUn centrodestra moderno deve poi farsi carico del problema della cittadinanza e questo è anche «nel programma», sia pur non esplicitamente. «Noi dobbiamo dimostrare la forza della nostra identità e fare diventare queste persone italiane sul serio, non soltanto col passaporto. Altro che debolezza, altro che flessibilità. Un centrodestra moderno deve farsi carico di questo problema, che non è un problema che può risolvere la sinistra, quella sì, con proposte lassiste, perché dopo cinque anni tu non sei formato e non sei diventato un vero italiano. Dopo dieci anni sì, perché sei andato a scuola, non soltanto per le elementari, ma hai concluso la scuola dell’obbligo come tutti i ragazzi italiani», spiega Tajani. LEGGI TUTTO

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    Foti: con Green deal rischio deindustrializzazione dell’Italia

    Ascolta la versione audio dell’articolo«L’Europa deve essere, non una macchina per vietare, ma uno strumento che effettivamente favorisce la crescita delle imprese. L’errore di fondo è che noi stiamo pagando una politica del Green Deal che non ha senso: se teniamo questa strada abbiamo la deindustrializzazione del paese». Con il rischio di tensioni sociali. A dire così è il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione, Tommaso Foti, intervenendo al Forum in Masseria. «L’automotive – ha aggiunto – pesa in Europa e 13 milioni di famiglie traggono sostentamento dal settore, per tacere di tutte le filiere. Se continuiamo a parlare del sesso degli angeli, sarà molto affascinante filosoficamente, ma politicamente fallimentare».Per Coesione serve programmazione più veloce«La Coesione agisce su un periodo medio di sette anni. In termini di programmazione persino l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche si fermava a piani quinquennali. Se si va con un piano di programmazione più veloce e si hanno risultati superiori». Lo ha sottolineato il ministro per gli affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione, Tommaso Foti, intervenendo al Forum in Masseria di Manduria. «Stiamo parlando – ha proseguito – del periodo di programmazione 2028-2034, che è un periodo abbastanza decisivo per quanto riguarda la possibilità per l’Europa di recuperare gap. In questa ultima fase, con la programmazione prevista da Fitto, si possono destinare ad altri ambiti le risorse della coesione. Per la parte regionale occorre acquisire singolarmente le adesione di tutte le Regioni. C’è il problema che le risorse regionali vanno contrattate Regione per Regione».Loading…Casa, ministero dedicato? Taglio norme e rigenerazionePer fare la casa «servono due cose: disboscare tutta una serie di norme che suggeriscono di non fare nuove case. Poi il tema vero è quello della rigenerazione urbana, che non può non essere accompagnata da misure fiscali». Il ministro risponde circa la necessità della creazione di un ministero ad hoc per quest’ambito. «Penso poi alla misura a cui pensava il vice presidente Fitto che era quella di dire alle Regioni: abbiamo capoluoghi tutti in sofferenza, anziché utilizzare risorse europee per misure quantomeno opinabili usiamole per colmare il gap housing».Deldossi (Ance): sull’energia necessaria governance forteA giudizio del vicepresidente Ance Massimo Angelo Deldossi, presente al Forum, «per incidere davvero sui costi dell’energia e consentire a imprese e famiglie un risparmio significativo sulle bollette dobbiamo abbattere i consumi energetici. La direttiva case green ci offre l’occasione di tagliare i consumi almeno del 50%, ma per realizzare questi obiettivi serve una governance forte, mettendo a sistema tutti i fondi a sostegno della riqualificazione che già ci sono: europei, nazionali, fondi d’investimento e capitali privati. Questo è il primo punto del decalogo che Ance ha messo a punto per l’efficienza energetica». LEGGI TUTTO

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    Ius scholae, Forza Italia tira dritto. Ma la Lega rilancia con rottamazione fiscale e flat tax

    Ascolta la versione audio dell’articoloDopo le scintille sotterranee sull’aumento dei pedaggi autostradali, con l’emendamento di maggioranza prima presentato e poi ritirato, gli alleati di governo tornano a litigare sullo ius scholae. Antonio Tajani, in particolare, risponde indirettamente alle parole della premier Giorgia Meloni, che aveva sottolineato come la cittadinanza non fosse «tra le priorità indicate nel programma», sostenendo esattamente il contrario. La riforma dello Ius Italiae «è assolutamente in sintonia con il programma del centrodestra» che «all’articolo 6» parla di «integrazione». Inoltre, rimarca sempre il leader di FI, «nella scorsa legislatura, anche Fratelli d’Italia era favorevole” al percorso di dieci anni di istruzione come viatico per diventare cittadini italiani. Dichiarazioni a cui ribatte duramente la Lega («Se Tajani vuole, se ne riparlerà forse fra dieci anni. Con noi per diventare italiani non possono esserci scorciatoie di alcun tipo»), mentre FdI risponde con il silenzio.Alleati in ordine sparsoNon servono polemiche, è il mantra che ripete più di un meloniano. Sottotesto: l’esito dei referendum parla chiaro, passiamo oltre. Ma il vicepremier azzurro tira dritto e, pur sottolineando che che la priorità ora è la riforma della giustizia, ribadisce la volontà di portare il testo dello Ius Italiae in Aula: «Vogliamo aprire un dibattito a livello parlamentare» e «non c’entra nulla il governo». Ma i leghisti non sono della stessa opinione: «Altro che Ius Scholae, avanti tutta con pace fiscale, rottamazione delle cartelle e flat tax!», il post con cui i salviniani avviano lo scontro di giornata. Arricchito, nel corso delle ore dalle argomentazioni di Claudio Borghi e Fabrizio Cecchetti: «Con la Lega al Governo, la priorità resta la nostra gente. Lo ius scholae lo lasciamo a chi sogna un Paese senza identità e senza regole».Loading…I paletti sul FiscoAd inserirsi nel dibattito sulle priorità dell’esecutivo interviene, da Fratelli d’Italia, il viceministro Maurizio Leo che pone paletti ben precisi alla Lega sulla rottamazione. «Non è che siamo contrari», ma ormai è una questione per la prossima legge di Bilancio perché «il perimetro finanziario del 2025 si è esaurito», e inoltre «la rottamazione si può fare, ma non deve essere erga omnes» bensì rivolta solo a chi si trova veramente in difficoltà. Tajani rilancia sul taglio dell’Irpef per il ceto medio: la battaglia – promette – partirà dopo l’estate (periodo in cui Forza si concentrerà sul dossier sanità). E si abbinerà ad un’iniziativa sulla giustizia civile «perché la lentezza del processo civile ci costa il 2-3 % del Pil», soldi con cui «si possono fare tante altre cose: abbassare le tasse, alzare i salari».Pedaggi, polemiche non sopiteSullo sfondo resta la polemica – interna ed esterna alla maggioranza – sull’aumento dei pedaggi autostradali contenuto in un emendamento al Dl Infrastrutture, prima presentato dai relatori e poi ritirato. Una vera e propria patata bollente per il governo Meloni che ha creato frizioni tra FdI e Lega sulla paternità della misura e che ha visto le opposizioni salire sulle barricate contro la «nuova tassa sulle vacanze». «Mi pare un problema risolto, ma noi non siamo stati coinvolti», si tira fuori Tajani. Mentre la segretaria del Pd Elly Schlein, nell’annunciare il ritiro ufficiale dell’emendamento della discordia, mette il dito nella piaga. «Giorgia Meloni si impegni a non presentare più l’aumento dei pedaggi per gli italiani nemmeno sotto altre forme, anche nei prossimi provvedimenti. E se ci riproveranno, li fermeremo di nuovo». Dal M5s Giuseppe Conte si dice certo che il governo «riproverà ad infilare nuove tasse e rincari nei conti delle famiglie già alla canna del gas. Pensano che le persone siano stupide. Manteniamo alta la guardia». LEGGI TUTTO

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    Parlamento Ue, anche ong italiane tra le donazioni irregolari del gruppo ID

    Ascolta la versione audio dell’articoloL’ormai defunto ID – il gruppo al Parlamento europeo che riuniva, tra gli altri, Lega Nord e lepenisti, sciolto e risorto col nome di Patrioti – è finito nel mirino dell’ufficio amministrativo dell’Eurocamera per una serie di irregolarità finanziarie, compresi donazioni ad associazioni varie, anche in Italia, in contrasto con le regole del Parlamento. Nel documento finale di revisione – visto dall’ANSA – si citano gli esempi di una scuola dell’infanzia di Caorle, il Lions Club di Sabaudia e ong varie. Tutte donazioni – per un totale di oltre 700mila euro – “non connesse alle attività politiche o informative del gruppo ID”.L’inchiestaLo scandalo è stato scoperchiato per primo da “Le Monde”, in partnership con media tedeschi ed austriaci, secondo cui, in tutto, il Rassemblement National e soci avrebbero ’’indebitamente speso’’ oltre 4,3 milioni di euro tra il 2019 e il 2024. “L’amministrazione – si legge nel rapporto – ha esaminato tutte le spese registrate nel 2024 sotto gli stanziamenti decentrati ”articolo 68” che contengono donazioni destinate esclusivamente a organizzazioni locali e regionali, quali un’organizzazione che promuove le tradizioni studentesche fiamminghe, un’associazione che pratica il karate tradizionale Shitoryu in Austria o un’associazione che sviluppa il ciclismo e il turismo in Veneto”. Ebbene, lo stesso tipo di donazioni è stato rilevato “per gli anni dal 2019 al 2023”, con esempi di spese irregolari elencate in un apposito allegato.Loading…La destinazione dei fondi“L’intera spesa iscritta alla voce ”articolo 68” non è conforme al requisito secondo cui tutte le spese per attività politiche e di informazione devono riguardare attività ’del gruppo politico” ed essere “connesse alle attività politiche dell’Unione europea’”, dice il rapporto. Al di là del capitolo donazioni irregolari, gran parte del denaro sarebbe andato a favore di due società legate all’entourage della Le Pen. LEGGI TUTTO

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    Meloni: ho sentito Trump, spero sviluppi positivi con Kiev

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Gli Stati Uniti non hanno interrotto la fornitura di armi e il sostegno all’Ucraina, hanno rivisto la decisione di fornire specifiche componenti» un fatto «rilevante ma ben diverso dal totale disimpegno americano che si è raccontato. Io stessa ho sentito Donald Trump con cui ho parlato» di Kiev e anche di dazi: «Spero in sviluppi positivi sulla questione». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni intervenendo al Forum in Masseria.«Sui dazi vediamo, lavorato a ricostruire dialogo»«Che cosa accadrà non posso dirlo, come sa bene la competenza è in capo alla Commissione Ue che sta seguendo la trattativa con gli Usa, da parte italiana abbiamo lavorato per fare in modo che il rapporto fosse certamente franco ma costante, teso a cercare di risolvere insieme i problemi» ha affermato la presidente del Consiglio. «Siamo soddisfatti di avere ricostruito un dialogo che sembrava interrotto e ora è continuativo, stiamo facendo tutti la nostra parte ma non posso entrare in merito a quelli che saranno gli accordi».Loading…«Non c’è iniziativa governo sulla legge elettorale»«Per come la vedo io – ha sottolineato Meloni – le leggi elettorali sono materia di competenza parlamentare, non c’è nessuna iniziativa del governo, personalmente credo che sarebbe positivo avere una legge elettorale che vada bene anche quando venisse approvato il premierato, in quel caso il proporzionale con indicazione del premier e premio di maggioranza sarebbe una legge “giusta”. Sulle preferenze “la mia posizione è conosciuta la me posizioni sono variegate non so dire quale sarebbe l’esito».«Guardiamo il programma, cittadinanza non c’è»A proposito dello Ius Scholae proposto da Forza Italia Meloni ha precisato: «Il centrodestra è formato da forze politiche diverse, su alcune questioni ci sono sensibilità diverse: penso sia normale altrimenti saremmo un partito unico ma è la ragione per cui abbiamo deciso di stilare un programma e la ragione per cui io penso che sarebbe utile per tutti» concentrarsi «sulle priorità indicate nel programma su cui siamo tutti d’accordo, la cittadinanza non è tra queste».«Il piano Albania va avanti: idea di successo»Il Piano «Albania va avanti, nonostante gli abbastanza evidenti tentativi» per evitare «che questa iniziativa non abbia successo, dovrebbe farci riflettere sul ruolo della politica e di altri poteri dello stato». Ma resta una «idea di successo e non è un caso che» altri Paesi ci stiano pensando, ha sottolineato ancora Meloni. LEGGI TUTTO