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    Alleanza finanziaria tra Pignataro e Azimut. Ion pronta a rilevare il 6% della banca Tnb

    Aumenta l’interesse intorno a Tnb, la banca digitale creata da Azimut della quale lo scorso mese fondo di private equity Fsi aveva accettato di rilevarne l’80,01% con un’operazione da 1,2 miliardi. Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, infatti, la Ion guidata da Andrea Pignataro è pronta ad acquisire una quota di circa il 6% dell’impresa rilevandola dalla quota in mano a Fsi (mentre la società guidata da Pietro Giuliani manterrebbe il 19,99%). La notizia ha inevitabilmente spinto il titolo di Azimut, che ha chiuso la seduta di ieri con un +3,8% a 26,6 euro (con picchi raggiunti nel corso della giornata del 5,3%, ai massimi da più di due mesi).L’accordo fa parte del piano imbastito da Azimut di scorporare una parte della sua rete di consulenti finanziari e fonderla in una nuova banca digitale in grado di fornire servizi di advisory sugli investimenti di livello avanzato. La nuova società avrà un patrimonio complessivo di circa 26 miliardi di euro. Certo è che Tnb ha le caratteristiche giuste per finire nel radar di Ion, che negli ultimi anni ha condotto molte acquisizioni interessanti. Una delle ultime in ordine di tempo è arrivata un anno fa, quando è stata acquisito il gestore di fondi alternativi e crediti deteriorati Prelios. In precedenza, nel 2021, si era assicurato, in partnership con Fsi, il fornitore di software bancario e servizi It per le banche Cedacri per 1,5 miliardi. Pochi mesi più tardi era arrivata l’acquisizione di Cerved, che si occupa di informazioni commerciali e creditizie, sulla quale ha lanciato un’Opa volontaria per un valore di 2 miliardi anche in questo caso sostenuta da Fsi. Un ventaglio di acquisizioni con le quali Ion (che tra le varie operazioni degli ultimi anni ha anche partecipato all’aumento di capitale di Mps versando circa 100 milioni) ha creato un polo fintech e credit tech. Ion, a oggi, è un gruppo da 13mila dipendenti che genera un fatturato di 3,7 miliardi l’anno. Pignataro, probabilmente, ha visto come un possibile tassello della sua strategia un’alleanza con la nuova banca digitale creata da Azimut. LEGGI TUTTO

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    Tassi Usa, scontro tra governatori Fed

    Lo scontro interno alla Federal Reserve sulla direzione della politica monetaria si accende dopo le parole di Christopher Waller, membro del board e figura di peso nel Fomc. In un’intervista alla Cnbc, Waller ha aperto esplicitamente alla possibilità di un taglio dei tassi già il mese prossimo. “Siamo in una posizione tale per cui potremmo iniziare a tagliare i tassi già a luglio. Questa è la mia opinione, anche se non so se il comitato sarà d’accordo”, ha detto.L’apertura del governatore nominato da Trump nel 2020 e potenziale candidato alla successione di Jerome Powell ha immediatamente alimentato letture politiche, tanto più che il presidente, tornato a martellare sulla Fed, ha definito Powell “stupido” per non aver già agito. Trump invoca da tempo un taglio aggressivo dei tassi, di almeno due punti percentuali, per alleggerire il peso del debito federale, oggi vicino ai 36mila miliardi di dollari.Pur parlando con toni moderati, Waller ha espresso preoccupazione per il possibile deterioramento del mercato del lavoro. “Se stai iniziando a preoccuparti dei rischi al ribasso per l’occupazione, allora agisci ora, non aspettare”, ha dichiarato. “Perché dovremmo aspettare un crollo prima di tagliare? Forse dovremmo iniziare a pensarci già alla prossima riunione, perché non vogliamo arrivarci tardi”, ha rilevato.Quella di Waller è una posizione minoritaria all’interno del Fomc. Lo stesso comitato, incluso Waller, ha votato all’unanimità questa settimana per mantenere invariati i tassi tra il 5,25% e il 5,50%. Il cosiddetto dot plot, che raccoglie le previsioni dei singoli membri, mostra un quadro diviso: sette membri non prevedono tagli nel 2025, due ne stimano uno, mentre i restanti dieci ne indicano due o tre.La cautela prevale ancora, anche per via dell’incertezza sugli effetti dei nuovi dazi proposti da Trump. Waller, tuttavia, ha ridimensionato l’allarme. “Abbiamo fatto una pausa di sei mesi pensando a un grande shock tariffario sull’inflazione. Non lo abbiamo visto. Seguiamo i dati”, ha aggiunto evidenziando che “anche se le tariffe dovessero arrivare, l’effetto sarebbe una tantum, non persistente; non credo sia il caso di aspettare ancora molto”.Powell, nella conferenza stampa di mercoledì, ha invece ribadito l’opportunità di restare in modalità wait and see, considerando la tenuta del mercato del lavoro e la recente moderazione dell’inflazione. A sostegno della prudenza anche l’indice manifatturiero della Fed di Filadelfia, pubblicato ieri e rimasto stabile a -4 a giugno: una lettura debole, con calo dei nuovi ordini e, soprattutto, una flessione dell’indice occupazionale, sceso ai minimi da maggio 2020. LEGGI TUTTO