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    Bonus Irpef 2025: requisiti, beneficiari e calcolo

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    I punti chiave

    Il bonus Irpef proseguirà anche nel 2025, continuando a rappresentare un’importante misura di sostegno per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 28.000 euro annui. L’importo massimo del bonus può raggiungere 1.200 euro all’anno. Tuttavia, per determinare l’importo esatto spettante è necessario effettuare un calcolo accurato delle detrazioni fiscali tramite la dichiarazione dei redditi. Vediamo come.Cos’è e a chi spetta, chi ne è esclusoFormalmente noto come Trattamento integrativo Irpef, questo incentivo viene accreditato mensilmente ai lavoratori dipendenti e assimilati fino a un massimo di 1.200 euro. Originariamente introdotto come “bonus 80 euro”, è stato successivamente trasformato nel “bonus Renzi” da 100 euro mensili. La misura è stata confermata nell’ultima manovra di bilancio anche per il 2025.Il bonus Irpef spetta a diverse categorie di lavoratori: dipendenti, soci lavoratori di cooperative, lavoratori in cassa integrazione (sia ordinaria che straordinaria, in deroga, assegno ordinario e di solidarietà), collaboratori con contratto a progetto o co.co.co, stagisti e tirocinanti, percettori di borse di studio, assegni o premi di studio; ancora: lavoratori socialmente utili, sacerdoti, disoccupati che percepiscono Naspi, Dis-Coll o indennità agricola, lavoratrici in congedo di maternità obbligatorio e lavoratori in congedo di paternità, revisori di società, amministratori comunali e addetti della PA.Non possono invece beneficiare del bonus i pensionati, i lavoratori autonomi, chi non raggiunge i requisiti minimi di reddito imponibile.Limiti di reddito e importiCome detto, il bonus viene riconosciuto ai lavoratori con un reddito annuo lordo fino a 28.000 euro. L’importo varia in base al reddito percepito, con queste modalità:redditi fino a 15.000 euro, diritto al bonus massimo di 1.200 euro annui, purché l’imposta lorda sia superiore alle detrazioni spettanti per lavoro dipendente, diminuite di 75 euro;redditi tra 15.000 e 28.000 euro, bonus parziale, calcolato in base alla differenza tra le detrazioni spettanti e l’imposta lorda;redditi superiori a 28.000 euro: non si ha diritto al bonus.Come si calcolaIl calcolo del bonus Irpef varia a seconda della fascia di reddito:per redditi fino a 15.000 euro, se l’imposta lorda supera le detrazioni per lavoro dipendente (ridotte di 75 euro), si ha diritto al bonus massimo di 1.200 euro, che viene erogato in rate mensili da 100 euro ciascuna per 12 mesi;per redditi tra 15.000 e 28.000 euro, in questa fascia, il bonus dipende dalla differenza tra le detrazioni spettanti e l’imposta lorda. Le detrazioni rilevanti sono relativte a: carichi di famiglia (escluso l’assegno unico), detrazioni da lavoro dipendente, interessi passivi su mutui per l’acquisto o la costruzione della prima casa, spese sanitarie, detrazioni per ristrutturazioni edilizie ed efficientamento energetico.È importante ricordare che non tutti i redditi concorrono al calcolo del reddito imponibile. Ad esempio, non vengono considerati il reddito derivante dall’abitazione principale e relative pertinenze, l’assegno di inclusione, l’assegno unico universale e gli assegni familiari.Come si ottieneIl bonus Irpef viene anticipato direttamente dal datore di lavoro, che lo inserisce in busta paga sotto la voce “Trattamento integrativo L. 21/2020”. Il calcolo effettuato dal datore di lavoro è presuntivo e si basa sui redditi lordi del dipendente. Alla fine dell’anno il lavoratore deve presentare la dichiarazione dei redditi per effettuare il conguaglio definitivo. Se il reddito complessivo comprende anche altre fonti, come affitti o redditi diversi, potrebbe essere necessario restituire una parte del bonus percepito.Se si sa già che il proprio reddito complessivo supererà i 28.000 euro, o si hanno altre fonti di reddito oltre a quella principale, è meglio dichiarare al datore di lavoro di non applicare il bonus Irpef, per evitare di doverlo restituire successivamente.Cosa fare se bisogna restituirlo LEGGI TUTTO

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    I grandi investitori rispolverano il mattone: tornano centrali case e centri commerciali

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    Il comparto degli investimenti immobiliari nel settore retail torna a ricoprire un ruolo centrale nelle scelte strategiche di investimento degli operatori istituzionali. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’EY Retail Property Investments Barometer, sondaggio annuale di EY in collaborazione del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (Cncc) che coinvolge i vertici delle principali società immobiliari, di gestione di fondi e di asset immobiliari e investitori finanziari del settore che rappresentano più di 20 miliardi di assets retail.Circa l’80% dei manager ha dichiarato di avere attese positive o neutre nel confronto con le altre asset class, per il comparto retail, ed oltre un terzo afferma di aver cambiato strategia di approccio e investimento, con una propensione per il 30% degli stessi ad effettuare investimenti per oltre 100 milioni di euro ciascuno nei prossimi 12 mesi, a testimonianza di un ritorno di appeal del comparto e delle performance positive dei retailer all’interno dei centri commerciali.Dall’analisi si riscontrano performance positive nei centri commerciali per circa l’80% degli intervistati, con benefici registrati in termini di incremento dell’occupazione degli spazi e dei canoni. I gestori e gli operatori specializzati dichiarano di essere pronti, nei prossimi 12 mesi, ad impiegare risorse in media pari al 35% delle masse in gestione o di proprietà per interventi di valorizzazione degli asset, di cui circa il 50% destinato a interventi di efficientamento energetico. LEGGI TUTTO

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    Commerz alza il prezzo, ma non chiude

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    Da Francoforte si preparano a vendere cara la pelle all’italiana Unicredit. Nessuno si aspettava un tappeto rosso per il tentativo di scalata di Andrea Orcel, ma l’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Handelsblatt dal presidente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank, Jens Weidmann, fa sembrare il fronte tedesco quasi una scalata all’Everest. Eppure la porta non è chiusa. «Come in ogni relazione, se l’inizio non è dei migliori, diventa difficile proseguire», ha detto Weidmann, ex presidente della Bundesbank (la banca centrale tedesca) dal 2011 fino alla fine del 2021.«Ci vorrebbe molto lavoro per creare abbastanza fiducia e consentire discussioni aperte», ha aggiunto il banchiere. Questo passaggio, infatti, è una sfumatura di significato che ambienti vicini alla banca italiana interpretano quanto meno come disponibilità a parlarne. Non è stato detto, infatti, che l’operazione non è possibile oppure che non è industrialmente valida (anche perché lo sarebbe eccome). «Cosa penso delle potenziali sinergie con Unicredit? Per valutarle, è necessario avere una visione dettagliata delle intenzioni dell’acquirente, delle strategie e dei suoi piani. Al momento, mancano molte di queste informazioni. Non possiamo speculare su qualcosa di così fondamentale». Insomma, il messaggio è chiaro: venite e spiegateci le vostre intenzioni, poi vedremo. «Quando si tratta di fusioni, è importante che i dirigenti parlino inizialmente tra loro in modo fiducioso e sviluppino un’intesa comune. Unicredit ha deciso di non farlo e ci ha sorpreso con il suo ingresso. Non è uno stile corretto».Il riferimento è a quando, nel settembre del 2024, Unicredit ha rilevato un primo 4,5% del secondo istituto tedesco dalla dismissione di una parte della partecipazione del governo federale. A luci spente, però, l’istituto italiano che in Germania è proprietario della terza banca del Paese, Hvb ha rastrellato un altro 4,5% sul mercato salendo al 9% del capitale. Una mossa che aveva provocato polemiche all’interno del traballante governo guidato da Olaf Scholz, il quale si era precipitato a definire «ostile» l’operazione di Unicredit. L’istituto di Piazza Gae Aulenti ha poi chiesto autorizzazione alla Bce per salire fino alla fatidica soglia del 30% e, nel frattempo, ha arrotondato la sua quota potenziale al 28% tramite strumenti derivati. Aspetto che peserà nell’assemblea dei soci del 15 maggio: se Unicredit convertisse i derivati, potrebbe anche avere già ora la maggioranza nell’assemblea – che tornerà a essere in presenza – se l’affluenza dovesse essere del 56% come è avvenuto l’anno scorso. LEGGI TUTTO

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    Ora è la Gran Bretagna a temere lo spread. La sterlina sotto attacco degli hedge fund

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    Lo spread fra i titoli di Stato britannici decennali e i Bund tedeschi è schizzato a 227 punti, con i gilt decennali che rendono il 4,86% (ai massimi da 17 anni). Per intenderci, oltre un punto di più dei Btp decennali italiani che, almeno all’epoca ormai lontana della crisi del debito sovrano, erano sotto i riflettori dei mercati. Dal 2011 sembra passato un secolo e oggi il mondo sembra rovesciato con la Gran Bretagna a essere bersagliata sui mercati finanziari: la settimana per il neo governo laburista di Keir Starmer (in foto) è iniziata sotto i peggiori auspici con la caduta della sterlina e l’allarme del debito, ma soprattutto con il rischio che la persistente incertezza possa a un certo punto scatenare il panico nei mercati. Il termometro della situazione problematica, derivante dal mix del livello di indebitamento, dell’inflazione ancora sopra il target della Bank of England e del Pil a crescita zero, continua a essere la divisa britannica, scesa ieri fino a 1,21 sul dollaro, il minimo dal 10 marzo del 2023, mentre i trader scommettono su un nuovo calo sotto la quota di 1,20. LEGGI TUTTO

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    Top Manager Reputation, Pier Silvio Berlusconi si conferma leader della classifica

    Pier Silvio Berlusconi si conferma tra i leader con la reputazione più solida tra i vertici delle grandi aziende italiane

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    Secondo l’osservatorio “Top Manager Reputation” che analizza mensilmente la reputazione online dei principali manager italiani, stilando una classifica che premia le figure con la migliore percezione pubblica e digitale, Pier Silvio Berlusconi si conferma tra i leader con la reputazione più solida tra i vertici delle grandi aziende italiane.Da 18 mesi al verticeDa 18 mesi domina stabilmente il primo posto nella categoria “Media e Telco”, mentre nel 2024 ha consolidato ulteriormente il suo successo, scalando ben 6 posizioni nella classifica generale e raggiungendo il podio in 4 occasioni, fino a chiudere l’anno al secondo posto. Questo anche grazie all’utile di MFE che cresce del 38.7% nei primi 9 mesi del 2024 e un orizzonte di sviluppo internazionale che lo hanno portato ad un punteggio di 81.40. La classifica è data dall’analisi di dati, trend e contenuti online, valuta le performance, la leadership e le competenze dei leader delle maggiori aziende italiane.Gli altri in classificaIl “podio” della classifica vede al primo posto stabile Andrea Orcel (85.65) a seguire Pier Silvio Berlusconi e al terzo posto con (80,93) Carlo Messina, AD di Intesa Sanpaolo. In top-5, Claudio Descalzi e Giorgio Armani (che guadagna una posizione), mentre scorrendo le prime dieci posizioni da segnalare il balzo di Luca de Meo in settima (+5) e Urbano Cairo che ne perde due, ma resta saldamente nei primi 10 (al nono). LEGGI TUTTO

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    Concorsi, nuove assunzioni: in arrivo 26mila posti 

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    I punti chiave

    Il 2025 si apre con una nuova ondata di assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Nei primi mesi dell’anno, saranno banditi concorsi per quasi 20mila posti, con ministeri e enti pubblici impegnati a potenziare il proprio personale. Tra le realtà più attive, il Ministero della Giustizia e Palazzo Chigi, ma è l’Inps a spiccare con oltre mille nuovi ingressi. Il settore della difesa e della sicurezza, con oltre 16mila assunzioni previste, rappresenta il cuore pulsante di questa fase di reclutamento. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Le candidatureUn totale di 2,3 milioni di candidature è stato registrato, anche se va precisato che molti hanno fatto domanda per più selezioni. Prima delle festività natalizie, il ministro della Funzione pubblica, Paolo Zangrillo, ha firmato un Dpcm che autorizza il reclutamento e l’assunzione a tempo indeterminato di 19.615 persone. Le assunzioni riguarderanno diversi corpi: 4.801 carabinieri, 2.961 membri della Guardia di finanza, 2.326 della Polizia penitenziaria, 5.096 della Polizia di Stato e 1.404 vigili del fuoco.Le assunzioni previsteNel mese di dicembre, Palazzo Vidoni ha autorizzato 2.952 assunzioni in 19 amministrazioni. Tra queste, spiccano il reclutamento di 121 unità alla Presidenza del Consiglio, 800 al Ministero della Cultura e 110 al Ministero della Giustizia. È stata anche approvata l’assunzione di 53 persone al Ministero degli Esteri, tra cui 35 segretari di legazione e 18 professionisti di alta qualificazione. L’Inps prevede l’assunzione di 403 funzionari e 920 operatori sanitari, tra cui psicologi e infermieri. Inoltre, l’ente dovrà reclutare 142 funzionari amministrativi, 16 esperti legali e 15 dirigenti. Le domande per questi concorsi dovranno essere presentate online tramite la piattaforma InPA. Entro la fine del mese, scadono oltre 7.000 posti per laureati e diplomati, con scadenze imminenti, come quella del 29 gennaio per 200 assunzioni al Ministero della Giustizia e il 15 gennaio per 1.435 posti al Ministero dell’Istruzione e del Merito. LEGGI TUTTO