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    Rimborso 730: ecco perché non arriva per tutti a luglio

    Con la chiusura di giugno, entra nel vivo la stagione dei rimborsi fiscali per chi ha presentato la dichiarazione dei redditi tramite il Modello 730/2025. A partire da luglio, i lavoratori dipendenti che hanno trasmesso il 730 entro il 20 giugno e indicato correttamente il proprio datore di lavoro come sostituto d’imposta potranno ricevere il rimborso Irpef direttamente nella busta paga. Il datore anticipa la somma per conto dello Stato, recuperandola poi con modello F24. Il rimborso riguarda, di solito, detrazioni per spese mediche, mutui, istruzione o familiari a carico.Le date di invio del modelloChi ha inviato la dichiarazione tra il 21 giugno e il 15 luglio riceverà l’accredito entro il 23 luglio, mentre chi la presenterà tra il 16 luglio e il 31 agosto lo vedrà arrivare entro il 15 settembre. Per chi invia il modello tra il 1° e il 30 settembre, la data prevista per il rimborso è il 30 settembre. Queste scadenze valgono solo per chi ha un sostituto d’imposta attivo: chi ne è privo dovrà attendere più a lungo. Nel caso dei pensionati, infatti, il rimborso arriverà non prima di agosto o settembre, in funzione della data di invio della dichiarazione. A gestire l’erogazione è l’Inps, che può anche rateizzare l’importo in caso di rimborsi elevati o pensioni di basso valore.Chi non ha indicato un sostituto d’impostaSituazione diversa per chi non ha indicato un sostituto d’imposta, come i disoccupati o alcuni autonomi: in questi casi, l’accredito verrà effettuato direttamente dall’Agenzia delle Entrate, ma non prima di dicembre 2025. È fondamentale, in questo caso, che sia stato fornito correttamente l’Iban nella dichiarazione; in assenza di questo dato, il rimborso sarà sospeso fino a regolarizzazione. Inoltre, per somme inferiori ai 12 euro, il rimborso non viene versato subito, ma accorpato ad eventuali crediti futuri. Può anche capitare che il rimborso non arrivi per intero a luglio. Questo accade, ad esempio, se il datore di lavoro non ha sufficienti imposte da versare per compensare il credito del dipendente: in tal caso, la parte restante verrà erogata nei mesi successivi, con un interesse mensile dello 0,33% a carico dello Stato. LEGGI TUTTO

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    Borse, Europa fiacca vede bassi rischi escalation Usa-Iran

    Borse europee fiacche a metà mattina, in scia con quelle asiatiche. I mercati scommettono su una bassa possibilità di escalation nell’area del Medio Oriente dopo l’attacco degli Stati Uniti all’Iran. Resta alta l’attenzione verso lo Stretto di Hormuz, da dove passa circa il 20% dei flussi di petrolio, dopo le minacce di chiusura da parte di Teheran. In questo contesto, sono poco mosse Londra (+0,02%), Parigi e Francoforte (-0,05%), Madrid (+0,2%).In netto calo Milano (-0,7%), dove pesa lo stacco delle cedole di alcune società del Ftse Mib. I principali listini del vecchio continente sono sostenuti dal comparto tecnologico (+0,9%) e dall’energia (+0,6%). In clima di incertezza si allentano anche le tensioni sulle materie prime. Sul fronte del petrolio il Brent è poco mosso a 77,02 dollari (+0,01%) e il Wti scende a 73,81 dollari (-0,03%). Resta invece in rialzo il gas che guadagna dello 0,54% a 41,15 euro al megawattora. In lieve rialzo l’oro che guadagna lo 0,3% a 3.363 dollari l’oncia. Le opzioni di Teheran appaiono “come limitate, con un evidente isolamento internazionale e la prospettiva di azioni di risposta da parte di Israele e Usa che potrebbero essere letali per la tenuta del regime”, spiega gli analisti di Mps market strategy.Il prezzo del petrolio è salito e i futures sulle azioni statunitensi sono scesi, mentre i mercati globali reagiscono all’attacco statunitense contro obiettivi nucleari in Iran. Il prezzo del greggio Brent, lo standard internazionale, è salito del 2,6% a 79 dollari al barile. Il greggio statunitense è salito del 2,6% a 75,76 dollari al barile. I futures sull’S&P 500 e sul Dow Jones Industrial Average sono scesi dello 0,4%, mentre i futures sul Nasdaq sono scesi dello 0,5%.Mercati asiatici in calo e prezzo dei petrolio che, seppur per un tempo limitato, ha toccato i massimi degli ultimi cinque mesi, mentre gli investitori attendono con preoccupazione una possibile ritorsione dell’Iran contro gli attacchi statunitensi ai suoi siti nucleari, con conseguenti rischi per l’attività globale e l’inflazione. L’indice Nikkei 225 di Tokyo è sceso dello 0,6%. Anche altri importanti mercati regionali hanno registrato cali moderati. Nelle contrattazioni asiatiche di lunedì mattina, il Taiex di Taiwan è sceso dell’1,5%, mentre il Kospi della Corea del Sud ha perso l’1%. Sia Taiwan che la Corea del Sud dipendono fortemente dal petrolio importato attraverso lo Stretto di Hormuz. LEGGI TUTTO

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    Stellantis, ecco cosa ha detto il nuovo ceo Filosa nel suo discorso di insediamento

    Il “Filosa Day” è arrivato. Puntuale, questa mattina, il nuovo ceo di Stellantis ha tenuto il suo discorso di insediamento e presentato il nuovo Leadership Team, “ formato da figure che incarnano la profonda competenza nel settore presente all’interno dei team del gruppo a livello globale”. Tra le novità l’uscita di scena del suo concorrente alla carica di ceo, il francese Maxime Picat (ex Psa), tra l’altro in corsa per sostituire Luca De Meo al vertice di Renault. Filosa, che manterrà la guida del fondamentale mercato Usa e dei marchi dell’area, ha confermato l’italo-francese Jean-Philippe Imparato a capo del mercato europeo di cui farà parte anche Maserati . LEGGI TUTTO

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    Recupero del sottotetto in condominio: quando scatta l’obbligo di indennità

    Convertire un vecchio sottotetto in una mansarda abitabile è il sogno di molti proprietari dell’ultimo piano. Ma attenzione: quello che sembra un semplice intervento edilizio può nascondere insidie giuridiche e obblighi nei confronti del condominio. Tra norme regionali e Codice Civile, il recupero del sottotetto si intreccia spesso con il delicato tema dell’indennità di sopraelevazione. Ecco cosa sapere prima di iniziare i lavori.Il sottotetto: bene privato o parte comune?Tutto parte da una domanda essenziale: di chi è il sottotetto?Secondo la giurisprudenza consolidata, il sottotetto è considerato parte comune dell’edificio quando serve da isolamento termico per l’intero immobile o è accessibile solo da spazi condominiali. Invece, se l’accesso è esclusivo e serve solo l’unità abitativa sottostante, può essere considerato pertinenza privata.Ma anche quando il sottotetto è privato, il suo recupero non è automaticamente libero da vincoli. Se l’intervento modifica la sagoma dell’edificio, altera l’altezza del fabbricato o incide sulle parti comuni (come la copertura), possono entrare in gioco i diritti degli altri condòmini.Quando il recupero si trasforma in sopraelevazioneIl recupero del sottotetto, disciplinato da specifiche leggi regionali, può consistere in un semplice adeguamento igienico-sanitario (isolamento, pavimentazione, aperture per l’illuminazione) o comportare una vera e propria trasformazione strutturale, ad esempio con l’alzamento del tetto per ottenere l’altezza minima abitabile. Ed è proprio in questi casi che si può configurare una sopraelevazione, ai sensi dell’articolo 1127 del Codice Civile:“Il proprietario dell’ultimo piano può elevare nuovi piani o nuove fabbriche sopra l’ultimo piano dell’edificio, salvo che risulti altrimenti dal titolo, purché la nuova opera non pregiudichi la stabilità del fabbricato, non ne alteri l’aspetto architettonico e non diminuisca in maniera notevole l’aria o la luce dei piani sottostanti.”Il legislatore, dunque, consente la sopraelevazione, ma la subordina a una serie di limiti tecnici e giuridici. E, soprattutto, prevede un obbligo economico ben preciso.L’indennità agli altri condòminiQuando si realizza una sopraelevazione, chi costruisce è tenuto a versare agli altri condòmini un’indennità, calcolata in proporzione al valore attuale del fabbricato e delle rispettive quote. Tale somma ha una logica compensativa: l’intervento incide infatti sull’utilizzo del suolo comune e può alterare l’equilibrio del valore tra le proprietà. Inoltre, è un modo per “comprare” quella porzione di spazio aereo che altrimenti sarebbe inaccessibile.Non importa se i lavori non toccano direttamente gli appartamenti degli altri: la sopraelevazione comporta comunque un beneficio esclusivo a favore di chi la realizza e un potenziale pregiudizio per il condominio, in termini di carichi, volumetrie e prospetti.La parola alla giurisprudenzaLa Corte di Cassazione, negli ultimi anni, ha chiarito che non basta un semplice intervento interno per evitare l’indennità. Se il recupero implica aumento del volume abitabile, creazione di una nuova unità immobiliare o alterazione visibile dell’edificio, si entra nel campo della sopraelevazione. E con essa, scatta il diritto degli altri condòmini a essere compensati.In particolare, la sentenza n. 19204/2015 ha stabilito che: “Il recupero del sottotetto è soggetto al pagamento dell’indennità ex art. 1127 c.c. quando comporta una modifica della sagoma o dell’altezza dell’edificio.”Sottotetto abitabile senza indennità: possibile, ma non scontatoIl recupero di un sottotetto può avvenire senza obbligo di indennità solo se:il sottotetto è esclusiva proprietà del richiedente;l’intervento non modifica l’altezza del fabbricato né la sua sagoma;non si crea nuovo volume o superficie calpestabile aggiuntiva;non vengono alterate parti comuni, come la copertura o la facciata.In tutti gli altri casi, il rischio di configurare una sopraelevazione vera e propria è concreto, con tutte le conseguenze del caso: necessità di autorizzazione condominiale, confronto con la normativa urbanistica e, appunto, pagamento dell’indennità. LEGGI TUTTO

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    Usa alla rivoluzione delle stablecoin

    La prospettiva è epocale, con centinaia di aziende private in grado di potersi creare una propria moneta alla stregua di uno Stato. Tutto questo sta prendendo forma in queste settimane negli Stati Uniti con una proposta di legge che si chiama Genius Act, con non pochi dibattiti e timori di chi vi si oppone. In Senato, la legge ha ottenuto il primo via libera, un’iniziativa voluta dall’amministrazione Trump che punta a incassare l’ok definitivo alla Camera dei rappresentanti entro la fine di luglio. L’obiettivo è creare una cornice legale alle stablecoin, monete digitali agganciate a una valuta ufficiale (in questo caso il dollaro).Se il Genius Act entrasse in vigore, istituti finanziari e aziende come Amazon o Walmart (che guardano interessate) potrebbero creare, ottenendo una licenza, le loro stablecoin per fare acquisti sulle proprie piattaforme, garantendole con asset come dollari o titoli di Stato americani. Le aziende con emissioni inferiori a 10 miliardi di dollari, sarebbero regolate dagli Stati federali. Se andassero oltre, entrerebbero in gioco le autorità federali. Le aziende taglierebbero le commissioni degli intermediari finanziari (un costo tra l’1 e il 3% delle vendite) e avrebbero una leva importante per fidelizzare i clienti che, ritrovandosi nel portafoglio monete Amazon o Walmart, finirebbero per usarle su queste piattaforme. Inoltre, quando il cliente acquista stablecoin paga con dollari veri che potrebbero essere investiti in titoli di Stato americani in grado di fornire fiumi di profitti alle aziende. Avere una stablecoin proprietaria, inoltre, abbatterebbe le barriere di costo e valutarie per i pagamenti transnazionali, cosa che sarebbe di certo attraente anche per aziende come Apple, Meta e Google. Per non parlare delle informazioni preziose che frutterebbe il tracciamento delle abitudini di spesa dei clienti in chiave di marketing su misura.E lo Stato americano cosa guadagnerebbe? Nell’immediato, rafforzerebbe la centralità del dollaro e si creerebbe un’enorme domanda di debito pubblico da parte di aziende private. Del resto, più stablecoin vengono emesse, più le aziende devono comprare Treasury per garantire i token. Secondo una stima del Segretario al Tesoro, Scott Bessent, gli emittenti potrebbero arrivare a detenere oltre 2mila miliardi di dollari in titoli di Stato. Secondo coloro che si oppongono al Genius Act, però, la prospettiva è inquietante. Per certi versi ci sarebbero delle similitudini con quanto avveniva nella Free Banking Era, fra gli anni Trenta e Sessanta del diciannovesimo secolo, quando ogni banca poteva emettere una propria valuta garantita da un collaterale. Il sistema poi fu abbandonato, a favore dell’attuale modello centralizzato, in quanto in diversi casi i beni utilizzati a garanzia si rivelarono privi di valore e questo portò alla circolazione in America di tante valute differenti e con valori diversi con una conseguente instabilità finanziaria. LEGGI TUTTO

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    Banche, il terzo polo serve al Paese

    Ha ragione il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, quando afferma che il cosiddetto risiko bancario si sta trasformando in un Far West. Ciascuna delle operazioni lanciate tra inverno e primavera scorsa, paiono arenate o devono cambiare le condizioni o addirittura impediscono altre fusioni. Eppure un consolidamento bancario, in presenza ancora di molte centinaia di istituti bancari sul territorio, servirebbe eccome all’intero sistema finanziario del Paese.La rigidità delle proposte in campo, associata agli interventi dei regolatori, imporrebbe che le offerte non fossero solo scambi azionari, i cui multipli tra offerente e preda tendono a innescare valori esagerati alle azioni e inducono a mettere in difficoltà pure le cedole bancarie da risultato, le cui percentuali sui valori reali dei singoli titoli sono stellari, ma nel caso questi valori crescano tra il 30 e il 40% ne abbattono sostanzialmente la redditività imponendo una corsa al rialzo per i dividendi 2026.Se le partite prevedessero una parte in contanti, sicuramente i valori rimarrebbero ancorati a quelli di inizio proposta e darebbero maggiore credibilità alla convinzione che l’offerta sia aderente ai valori espressi dalla preda. Lo scenario del consolidamento avrebbe dovuto avere come progetto ispiratore la nascita di un terzo polo che raccoglie due-tre delle maggiori banche che sono dietro ai due giganti Intesa Sanpaolo e Unicredit, invece nessuna delle quattro operazioni in corso prevede l’opzione terzo polo.L’unica che si avvicina, ma con molti distinguo, è quella di Mps su Mediobanca, che sicuramente punta ad arricchire reputazione fornendo buone opportunità di crescita in un settore ora poco arato dalla banca senese; ma nel frattempo Piazzetta Cuccia si è posizionata per lanciare una Ops su Banca Generali, con l’obiettivo di allargare la fascia di clientela del wealth management. L’Ops di Unicredit su Banco Bpm è puramente aggregante per aumentare le dimensioni della prima e migliorare il comparto della media e piccola clientela per le quali Bpm è solidamente la migliore. Infine, Bper su Pop Sondrio ha gli stessi presupposti di ingrandimento della prima, senza però raggiungere le dimensioni del terzo polo bancario italiano.Un terzo polo che nasce deve tenere conto delle caratteristiche della grande maggioranza della clientela italiana, costituita da famiglie e persone e da imprese, sotto varie forme giuridiche, ma che nel 90% o oltre dei casi è costituita da medie, piccole e micro imprese, il cui rapporto con il credito è fondamentale, seppure in molti casi presenta dei meriti creditizi al limite della sostenibilità. La loro crescita patrimoniale e dimensionale è indispensabile per rafforzarle e consentirle di aderire a progetti fondamentali di modernizzazione e digitalizzazione che nascono solo grazie al rapporto praticamente sartoriale con il sistema bancario. LEGGI TUTTO

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    Se la Corte non sa fare i conti

    Ma come lavora la Corte dei Conti nel nostro Paese? La domanda è tutt’altro che peregrina visto che parliamo di un organo di vigilanza e controllo decisivo per mantenere in carreggiata l’italica macchina pubblica. Sia in materia giurisdizionale e sia a riguardo degli scottanti compiti politico amministrativi. La clamorosa esposizione debitoria dello Stato e una storica opacità a proposito del suo bilancio ci porta a nutrire più di un dubbio (per essere buoni!) sul livello di efficienza dell’organismo. Infatti, la macchina ha ormai la deprecabile consuetudine a finire fuoristrada. Questa viziosità non è attribuibile alla qualità delle maestranze. Piuttosto come ha rilevato nei giorni scorsi anche il professor Sabino Cassese il problema risiede nella quasi esclusiva presenza e competenza degli addetti in campo giuridico. Con la conseguente assenza di professionalità in materia economica, statistica e delle discipline sociali. Mi chiedo, allora, come possa funzionare a dovere la macchina pubblica a livello finanziario se l’organo di controllo è pressocché privo di competenze specifiche? E infatti il motore di questa macchina è fuori giri. Con i travagli e le negatività che il cittadino è costretto a subire. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, ecco a quanto ammonta il cedolino di luglio

    Ogni estate, milioni di italiani pensionati e lavoratori attendono la quattordicesima come un’importante boccata d’ossigeno. Non si tratta però di un diritto universale: la mensilità aggiuntiva, infatti, non è prevista per tutti i lavoratori, ma solo per coloro il cui contratto collettivo nazionale o accordo aziendale lo stabilisce. I settori che la prevedono più frequentemente sono il commercio, il turismo, l’alimentare, l’artigianato e la logistica. Diversamente, nel pubblico impiego la quattordicesima non è generalmente inclusa. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.La misura per i pensionatiAnche i pensionati possono riceverla, ma solo se hanno almeno 64 anni e un reddito annuo inferiore a circa 15.700 euro (dato aggiornato al 2025 in base al trattamento minimo Inps). In questo caso, la somma viene erogata direttamente dall’Inps nel mese di luglio, mentre chi matura i requisiti nei mesi successivi la riceverà a dicembre.L’importoPer i lavoratori, il pagamento della quattordicesima avviene tra la fine di giugno e metà luglio, spesso insieme allo stipendio. L’importo è proporzionale alla retribuzione lorda mensile e ai mesi effettivamente lavorati nell’anno: per calcolarla si moltiplica la retribuzione lorda per i mesi di lavoro e si divide per 12. Chi ha lavorato tutto l’anno riceverà l’equivalente di uno stipendio, mentre chi ha lavorato meno mesi otterrà una cifra ridotta. La mensilità è soggetta a tassazione IRPEF e contributi, come un normale stipendio. Per i pensionati, invece, l’importo varia in base agli anni di contribuzione: si va da circa 437 euro per chi ha meno di 15 anni di versamenti, fino a 655 euro per chi ha superato i 25 anni. A differenza dei lavoratori, questa somma è esente da imposte. LEGGI TUTTO