More stories

  • in

    Caso Garofani, se il vero «complotto» è contro Schlein e non contro Meloni

    Ascolta la versione audio dell’articoloE se il complotto intravisto da Fratelli d’Italia dietro le parole del consigliere del Quirinale Francesco Garofani non fosse contro la premier Giorgia Meloni bensì contro la leader del Pd Elly Schlein?E se lo «scossone» evocato da Garofani fosse contro Schlein?Per intenderci: una volta posata la polvere sull’inedita frizione tra Palazzo Chigi e Colle, l’auspicato «scossone» e l’invocato intervento della «provvidenza» sembrano avere nel mirino più Schlein, considerata negli ambienti degli ex popolari del Pd (e non solo) inadeguata a guidare un centrosinistra realmente competitivo in vista delle elezioni politiche del 2027, che Meloni. Con la quale, va ricordato, l’inquilino del Colle ha dall’inizio della legislatura un proficuo rapporto di collaborazione sul fronte più rilevante in questa fase, quello della politica estera: nessuno più di Sergio Mattarella ha aiutato la premier a tenere la linea euroatlantica e di appoggio a Kiev, linea da cui non si è mai fin qui discostata nonostante le ambiguità del rapporto con la Lega di Matteo Salvini e le difficoltà con l’attuale amministrazione Usa.Loading…La preoccupazione degli ex Ppi: non affievolire l’euroatlantismoInsomma, lo «scossone» incautamente evocato da Garofani durante un’occasione privata potrebbe non servire a scalzare Meloni da Palazzo Chigi ma piuttosto Schlein da Largo del Nazareno. Non è d’altra parte un mistero che Garofani ha una storia politica, come è normale che sia, e che ha militato nella stessa “corrente” democristiana del Presidente: nel Ppi, nella Margherita, nell’Ulivo e poi nel Pd di cui è stato parlamentare. Il dato politico non è che Garofani abbia una storia politica, ma che consideri l’attuale dirigenza del Pd non adeguata, troppo schiacciata su posizioni radicali e sul M5s e a rischio di affievolire l’euroatlantismo che ha sempre caratterizzato il partito.Gentiloni, Prodi, Castagnetti, Zanda: tutti i critici di Schlein vicini al ColleLa preoccupazione degli ambienti democratici vicini al Colle è reale ed è ormai uscita all0 scoperto: gli ex premier Paolo Gentiloni e Romano Prodi hanno più di una volta avvertito nelle ultime settimane che al momento un’alternativa alla destra guidata da Meloni non c’è e che è necessario “deradicalizzare” l’offerta politica del centrosinistra per tornare a parlare al mondo cattolico e moderato, così come al ceto medio e ai ceti produttivi del Nord, per sperare di poter vincere le elezioni politiche del 2027. E quindi, di conseguenza, per tenere in mano il mazzo delle carte quando, nel gennaio del 2029, scadrà il secondo mandato di Mattarella al Quirinale. Come Gentiloni e Prodi la pensa anche un frequentatore del Presidente come l’ultimo segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti nonché un altro big della passata stagione democratica come Luigi Zanda.Il ruolo di Guerini e dei riformisti dem…E come loro la pensa Lorenzo Guerini, il più importante dei “soldati” dem del Presidente ancora in Parlamento (l’espressione fu usata da Enrico Letta quando fu chiamato da Giorgio Napolitano a ricoprire la carica di presidente del Consiglio dopo il fallimento del tentativo di metter su un governo Pd-M5s da parte dell’allora segretario dem Pier Luigi Bersani). Non a caso Guerini, già ministro della Difesa e ora presidente del Copasir e fiero euroatlantista, è stato tra i promotori – assieme a Giorgio Gori, Graziano Delrio, Pina Picierno, Lia Quartapelle, Filippo Sensi e altri – della nascita della nuova corrente ultra riformista “Crescere” a fine ottobre. Corrente che è stata non a caso benedetta da Prodi e che tornerà a riunirsi a fine mese a Prato, in contemporanea con la convention di Montepulciano del cosiddetto “correntone” pro Schlein di Dario Franceschini, Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano. Anche loro, fuor di taccuino, dubbiosi sul fatto che Schlein possa essere un candidato valido nella competizione con Meloni. LEGGI TUTTO

  • in

    Caso Garofani, incontro Meloni-Mattarella ma resta tensione. Nota di FdI: “Caso chiuso”

    “Il caso è chiuso”. È questa la frase riportata in una nota ufficiale di Fratelli d’Italia che sembra mettere la parola fine alle tensioni tra Quirinale e Palazzo Chigi. Tensioni che erano scaturite a seguito del commento del capogruppo FdI alla Camera Galeazzo Bignami su un’indiscrezione pubblicata da La Verità, secondo cui il consigliere di Mattarella, Francesco Saverio Garofani, avrebbe parlato di un presunto “piano del Quirinale contro Meloni”. La premier ha quindi incontrato il Capo dello Stato in una riunione al Quirinale durata circa venti minuti, esprimendo poi in una nota il suo “rammarico per le parole istituzionalmente e politicamente inopportune pronunciate in un contesto pubblico” da Bignami. L’incontro era stato richiesto da Meloni soprattutto per un chiarimento. 

    Il caso Bignami-Quirinale

    Il caso era scoppiato dopo che Bignami aveva commentato l’articolo pubblicato sul quotidiano La Verità, nel quale veniva riportato uno sfogo di Garofani e nel quale si parlava di un “piano anti-Meloni”. Il capogruppo FdI alla Camera aveva quindi chiesto al Colle di smentire la questione, ma la richiesta aveva provocato la dura reazione del Quirinale, che aveva respinto le illazioni mostrandosi irritato per il fatto che un dirigente di così alta fascia mettesse in dubbio la lealtà istituzionale del Colle. A seguito del colloqui, “Fratelli d’Italia ritiene la questione chiusa e non reputa di aggiungere altro. Rinnoviamo la stima nel presidente Mattarella e l’apprezzamento per la sintonia istituzionale tra il Quirinale e Palazzo Chigi”, hanno scritto.
    Fonti: “Per Meloni la richiesta di Bignami non era un attacco al Quirinale”
    Fonti di Palazzo Chigi, dopo il colloquio al Quirinale, hanno spiegato che Meloni “ha reputato che la richiesta di smentita formulata dall’onorevole Bignami non fosse un attacco al Quirinale, ma al contrario un modo per circoscrivere al suo ambito reale la vicenda, anche a tutela del Quirinale. Era intenzione, da parte del partito di maggioranza relativa, intervenire per fugare ogni ipotesi di scontro tra due istituzioni che invece collaborano insieme per il bene della nazione”. Si riteneva, riferiscono ancora le fonti, che “fosse il diretto interessato, ovvero il consigliere Garofani, a dover chiarire, per chiudere immediatamente la questione”. Tuttavia, hanno proseguito, la premier “ha rimarcato che non esiste alcuno scontro istituzionale” e ha ribadito “la sintonia istituzionale che esiste tra Palazzo Chigi e il Quirinale, mai venuta meno fin dall’insediamento di questo governo e della quale nessuno ha mai dubitato”. LEGGI TUTTO

  • in

    Il caso Garofani e l’incontro tra Meloni e Mattarella. Cosa è successo, dall’inizio

    Ascolta la versione audio dell’articoloUn articolo pubblicato martedì 18 novembre dal direttore della Verità Maurizio Belpietro e intitolato “Il piano del Quirinale per fermare Meloni” con scenari politici, attribuiti a Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica ed ex deputato Pd, carpiti – secondo il giornale – in un locale pubblico. E’ il casus belli che ha fatto impennare al livello massimo la tensione tra Fratelli d’Italia ed il Quirinale. Prima della parziale distensione propiziata da un incontro al Colle, il giorno successivo, tra Giorgia Meloni e Sergio Mattarella.Gli articoli sulla VeritàNell’articolo di Belpietro scrive che «consiglieri di Mattarella, a quanto pare si agitano nella speranza di fare lo sgambetto a Meloni». L’obiettivo sarebbe di non solo «di impedire una vittoria di Giorgia Meloni (alle prossime elezioni politiche, ndr) ma anche «che una maggioranza non di sinistra nella prossima legislatura possa decidere il sostituto di Sergio Mattarella». Ecco perché si «ragiona di “una grande lista civica nazionale”, una specie di riedizione dell’Ulivo». Ma questo «potrebbe non essere sufficiente e allora il consigliere di Mattarella, Francesco Saverio Garofani, invoca la provvidenza: «Un anno e mezzo non basta per trovare qualcuno che batta il centrodestra, ci vorrebbe un provvidenziale scossone”». Ma non è tutto, nella stessa pagina c’è un secondo pezzo firmato da Ignazio Mangrano, uno pseudonimo «per coprire le fonti», in cui si raccontano i dettagli «dell’incontro informale» in cui Garofani avrebbe spiegato ai suoi interlocutori altri dettagli auspicando tra l’altro «un intervento ancora più decisivo di Romano Prodi».Loading…La richiesta di smentitaA chiedere una smentita è il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami (ufficialmente di sua iniziativa e senza consultare preventivamente la premier) che senza giri di parole invita il consigliere del Capo dello Stato a chiarire quanto raccontato dal quotidiano.Lo stupore del ColleUna richiesta a cui risponde il Colle che in poche righe manifesta «stupore» per la dichiarazione del capogruppo meloniano «che sembra dar credito a un ennesimo attacco alla Presidenza della Repubblica costruito sconfinando nel ridicolo»La presa di posizione di FazzolariBignami prova a correggere il tiro precisando di non riferirsi al presidente della Repubblica «non mi permetto di tirare in mezzo il Colle». Ma insiste nel chiedere una smentita al diretto interessato: «Se non c’è – dice – ne prendiamo atto che è l’opinione di Garofani». Una linea condivisa anche dalla prima linea del partito, a partire dal potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, coordinatore della comunicazione di Fdi e del governo. Nessun dubbio del partito nè di Palazzo Chigi sulla lealtà istituzionale di Mattarella, mette a verbale Fazzolari, ma «Bignami ha semplicemente chiesto una smentita» di Garofani che avrebbe risolto ogni tipo di polemica. LEGGI TUTTO