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“Una vera politica industriale si contrappone al green deal”

Maurizio Casasco, deputato responsabile di Forza Italia per l’Economia, a tutto campo sul piano industriale presentato dagli azzurri.

Onorevole Casasco, lei ha criticato il Pd per l’intempestivo risveglio sul tema della politica industriale.

“Il Pd ha fatto tardive scoperte sulla politica industriale, soprattutto dopo anni passati a sostenere scelte ideologiche e anti industriali, adottando un modello basato sull’economia di Stato, con un intervento pubblico forte e assistenzialista. FI, al contrario, ha presentato il proprio Piano industriale per l’Italia e per l’Europa già a gennaio, proponendo una ricetta liberale, con una visione strategica pluriennale e di sistema. Un piano che è stato divulgato e distribuito a tutte le forze politiche, compreso il Pd, e che il vicepremier Tajani ha presentato anche in occasione del Congresso del Ppe di Valencia, adottato dal Ppe come emendamento sulla competitività. Il nostro modello punta sulla crescita e sull’innovazione, un Growth Deal che si contrappone al Green Deal della sinistra e propone azioni immediate per rafforzare la competitività e la produttività, stimolando gli investimenti in ricerca e sviluppo, attraverso precise priorità che rappresentino valore aggiunto al sistema Paese: indice di competitività, brevetti, crescita dell’occupazione qualificata e surplus commerciale”.

Lei parla spesso di capitale privato come leva fondamentale della crescita. In che modo FI intende mobilitare queste risorse?

“L’Italia dispone di circa 6.000 miliardi di risparmio privato, ma una buona parte è ferma in depositi. Vogliamo creare un sistema che incentivi l’investimento di questo risparmio nell’economia reale del Paese, attraverso venture capital, fondi di investimento in equity, mercato assicurativo e fondi pensione, che oggi investono di più in fondi internazionali, con il rischio poi di acquisizioni di aziende strategiche italiane da parte degli stessi. Il valore di questi ultimi è di 250 miliardi e sarebbe opportuno promuovere questi investimenti in Italia, con vantaggi fiscali pari ai titoli di Stato. Solo così si potrà alimentare la crescita reale, aumentare salari e consumi”.

L’innovazione è al centro del vostro piano industriale. Quali leve intendete attivare per favorire un ecosistema competitivo e tecnologicamente avanzato?

“La crescita oggi si concentra attorno alle imprese più innovative. L’Europa investe ancora poco in ricerca e sviluppo rispetto ai suoi principali competitor. Basti pensare che nell’ultima media le spese in ricerca e sviluppo sono state pari al 3,5% del Pil negli Usa e del 2,5% in Cina, mentre la media Ue è ferma all’1,5%. Le imprese europee non solo investono meno in ricerca e sviluppo, ma sono concentrate su settori a media tecnologia, che garantiscono ritorni di crescita più contenuti rispetto ai settori ad alta tecnologia. Non è un caso che l’Italia sia l’ottava economia mondiale e sia al 33esimo posto per unicorni. Per questo va aumentato il numero di start up, ricercatori e dottorati; snellito l’apparato amministrativo; e creato un vero ecosistema tra università, centri di ricerca e aziende. Prendiamo esempio da iniziative come la francese Station F, Eth di Zurigo, l’Unternehmen Tum di Monaco, dove grandi aziende tradizionali, aziende innovative e startup convivono e collaborano. Le startup sono il vero motore di innovazione. Ottima l’iniziativa analoga che sta nascendo a Milano, promossa dalla Tech Europe Foundation, alla quale partecipano l’Università Bocconi, il Politecnico di Milano e capitali privati. Inoltre, serve potenziare strumenti come il patent box”.

Tajani ha rilanciato la proposta di un Quantitative easing europeo. In cosa consiste e come può sostenere la politica industriale dell’Italia e dell’Ue?

“La proposta di Tajani prevede un Quantitative easing mirato, pensato per un momento di difficoltà della competitività internazionale come quello attuale, e come avvenuto per il Covid. Si tratta dell’acquisto da parte della Bce di titoli di Stato specifici, destinati a finanziare settori strategici quali difesa, sanità e industria. Questo strumento permetterebbe di aumentare gli investimenti pubblici e privati, favorendo infrastrutture, sicurezza e innovazione tecnologica. Oltretutto permetterebbe, per via indiretta, di intervenire per contrastare le svalutazioni di dollaro, yen, yuan”.

Nel piano si parla di mercato interno, salari e produttività.

“La competitività si sostiene con riforme strutturali: meno burocrazia e incentivi all’innovazione tecnologica. La domanda interna va rilanciata anche attraverso una detassazione selettiva degli aumenti salariali legati alla produttività, non con sussidi assistenziali che non creano crescita. Parallelamente, è fondamentale migliorare la qualità dell’occupazione e potenziare la formazione professionale. Solo con la crescita e la competitività e la produzione, si potranno creare salari ricchi, come più volte ha affermato Tajani e non con il salario minimo. Un’altra battaglia di FI riguarda la detassazione dell’Irpef, con la riduzione dall’aliquota del 35% al 33% fino a 60mila euro per il ceto medio, su cui grava da anni il peso della maggior parte del gettito fiscale, misura che potrebbe favorire anche il mercato”.

Sicurezza e sanità sono per voi pilastri strategici.

“Sanità e sicurezza devono diventare motori di innovazione tecnologica e produttiva. In sanità puntiamo a investimenti in tecnologie mediche avanzate, digitalizzazione, biotecnologie e intelligenza artificiale. FI ha presentato inoltre, pochi giorni fa un piano dettagliato e strategico per il Sistema Sanitario nazionale.

Nel campo della sicurezza, rafforzeremo la filiera industriale nazionale, con particolare attenzione alla cybersecurity e ai comparti strategici della difesa e dell’aerospazio, favorendo la collaborazione con i privati”.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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