in

Trump punzecchia la Cina. “Sono giusti dazi all’80%”


Le speranze di de-escalation della guerra commerciale danno fiato al rally dei mercati. Piazza Affari ha chiuso la settimana riavvicinandosi ai massimi dell’anno, con l’onda lunga dell’accordo bilaterale tra Stati Uniti e Gran Bretagna sui dazi che ha avuto la meglio rispetto ai riscontri in chiaroscuro arrivati dall’Istat. Una sponda importante al balzo dell’1% del Ftse Mib è arrivata anche dai riscontri migliori delle attese dalle trimestrali bancarie. In generale a fare la voce grossa sono state anche le altre Borse europee con il Dax di Francoforte (+0,63%) che ha toccato i nuovi massimi storici. Come detto l’intesa tra Washington e Londra ha alimentato le attese di futuri accordi in tempi relativamente brevi. I radar sono puntati principalmente sui colloqui Usa-Cina al via oggi a Ginevra. «È possibile che Stati Uniti e Cina si mettano d’accordo per una sospensione reciproca dei dazi, per la durata dei colloqui», ha rimarcato ieri Guy Parmelin, ministro dell’Economia della Svizzera. Un negoziato che si prospetta complesso e su cui il presidente statunitense ha ulteriormente acceso i fari con un post su Truth in cui ha indicato che un livello dei dazi sui beni importati dalla Cina all’80% «sembra giusto » e «dipende da Scott B», riferendosi al Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent che volerà in Svizzera per le delicate trattative con la delegazione cinese guidata dal vicepremier He Lifeng. «La Cina ha bisogno di noi e del nostro

mercato», ha ribadito la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt. L’attuale tariffa sui beni cinesi è del 145 percento. Da oltreoceano diversi media statunitensi hanno riferito che la reale intenzione della Casa Bianca è scendere a livelli ben più bassi. Il Washington Post riporta che l’Amministrazione Trump potrebbe arrivare al 54-50%, mentre Bloomberg parla di un livello inferiore al 60 per cento. Tra gli operatori rimane alta la cautela sui tempi per un accordo con la Cina, non facile da raggiungere come quello con Londra. «A breve potrebbe invece arrivare qualcosa sull’India, mentre Giappone e Corea sono comunque più complessi, per non parlare di Unione europea e Cina», ammonisce Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr.

Tornando all’Italia, ieri l’Istat ha certificato l’allungarsi della striscia nera della produzione industriale, arrivata a 26 mesi consecutivi di contrazione tendenziale (-1,8% a marzo) con in affanno quasi tutti i principali raggruppamenti di industrie, ad esclusione dell’energia. A parziale conforto c’è il frazionale rialzo congiunturale della produzione (+0,1% al netto dei fattori stagionali) e la variazione positiva anche su base trimestrale, la prima degli ultimi tre anni. «Ci sono alcuni dettagli poco incoraggianti – spiega Paolo Grignani, senior economist di Oxford Economics, raggiunto dal Giornale – paradossalmente legati all’imposizione dei dazi da parte degli Usa». L’economista rimarca come a marzo i dati doganali americani evidenzino infatti una

Spunta l’ipotesi di sospendere le tariffe durante i colloqui. Mercati positivi dopo l’accordo tra Usa e Gran Bretagna

IMPREVEDIBILE Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

forte crescita dell’import dall’Italia da parte delle imprese statunitensi in anticipazione dei dazi annunciati il 2 aprile. «Un effetto distorsivo che con ogni probabilità si invertirà con l’effettiva entrata in vigore dei dazi, e che potrebbe ulteriormente peggiorare se un non verrà trovato un accordo dopo i 90 giorni di sospensione. Per questo riteniamo che gli effetti deleteri della politica commerciale americana diventeranno più evidenti nel secondo e terzo trimestre dell’anno».

Sempre ieri l’Istat ha diffuso un focus sull’economia italiana che si sofferma anche sulla vulnerabilità alla domanda estera.

«L’uso crescente in molti Paesi di orientamenti protezionistici minaccia di influenzare negativamente la crescita del commercio internazionale, con impatti negativi sul tessuto imprenditoriale», spiega l’istituto di statistica che ricorda come siano più di 23mila le imprese italiane vulnerabili all’export, di cui quasi 3.300 alla domanda statunitense.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


Tagcloud:

Pilota napoletano a Stellantis, per Filosa pronto il posto di Ceo

“Lovaglio pensi a matrimoni con i suoi simili”