«Se i dazi commerciali verranno mantenuti ai livelli attuali, è probabile che sul breve termine abbiano un effetto frenante sulla crescita economica e rialzista sull’inflazione». È questo il passaggio chiave della conferenza stampa di Jerome Powell (in foto), che ieri ha confermato i tassi sui Fed Funds al 4,25%-4,50% per la terza riunione consecutiva, all’unanimità. Parole che rivelano come l’attenzione della Federal Reserve si stia spostando sempre più dal solo fronte interno a quello geopolitico, dove si gioca la partita più delicata: la relazione con Pechino. La Fed, ha sottolineato il presidente, resta «ben posizionata per rispondere tempestivamente» agli sviluppi economici, ma «i rischi di un incremento della disoccupazione e dell’inflazione sono cresciuti». Tra questi rischi, si staglia l’ombra lunga delle tensioni commerciali con la Cina. Ed è su questo fronte che, proprio mentre Powell parlava da Washington, si è mossa la diplomazia economica americana: sabato e domenica prossimi, a Ginevra, il segretario al Tesoro Scott Bessent incontrerà il vicepremier cinese He Lifeng per un primo faccia a faccia sui dazi.
«Stavo andando in Svizzera per negoziare con gli elvetici. A quanto pare, il team cinese sarà anch’esso lì. Quindi ci incontreremo», ha detto Bessent a Fox News, minimizzando un appuntamento che segna invece una possibile svolta, almeno simbolica, nei rapporti tra le due superpotenze. Per la prima volta da mesi, Washington e Pechino si siedono a un tavolo in una sede neutrale e non casuale: Ginevra, cuore dell’Organizzazione mondiale del Commercio, è un luogo che richiama l’idea, oggi in crisi, di un sistema multilaterale basato su regole. L’amministrazione Usa cerca un approccio graduale. «Non vogliamo disaccoppiare le due economie ma un commercio equo», ha detto Bessent, parlando della necessità di una de-escalation e definendo gli attuali dazi «l’equivalente di un embargo».
Dal canto suo, Pechino risponde con una mossa di forza: la banca centrale cinese ha annunciato nuovi stimoli monetari da 140 miliardi di dollari e un taglio dei tassi, segnale che intende trattare da una posizione di forza.