Meglio tardi che mai. Certe affermazioni, però, avrebbero dovuto essere fatte tempo fa e, soprattutto, a mo’ di tormentone nei confronti della Commissione Ue. Il quotidiano francese Le Figaro pubblica, infatti un’intervista congiunta al presidente e Ceo ad interim di Stellantis, John Elkann, e al numero uno di Groupe Renault, l’italiano ed ex Fiat, Luca De Meo. L’allarme che entrambi lanciano è rivolto alla Commissione Ue, rea di aver adottato regole per le quali «le auto sono diventate sempre più pesanti, sempre più costose, sempre più complesse e che la gente, per la maggior parte, semplicemente non se le può permettere», sottolinea di De Meo. Peccato che le Case automobilistiche, tranne qualche rara eccezione, nel momento in cui hanno subito l’ideologia green del «tutto elettrico», a partire dal 2035, si siano colpevolmente dimenticate del mercato, cioè dei consumatori, gli stessi che ora De Meo pone tardivamente in primo piano.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, da parte sua tarda a fare chiarezza sul Piano d’azione, ovvero sulla revisione delle linee guida del Green Deal automotive che dovrebbe virare, come si auspica, nel riconoscimento della neutralità tecnologica. Dovrebbe, però, visto che dagli uffici della presidente affermano che Ursula non ha intenzione di fare passi indietro sulle regole approvate nella scorsa legislatura, muovendosi così nella direzione opposta rispetto a quanto reclamano i vertici dello stesso Ppe di cui fa parte, cioè Manfred Weber e il nostro Antonio Tajani. La confusione in atto non fa altro che rendere lo scenario sempre più complesso a danno di lavoratori del settore e componentisti.
«Quello di cui abbiamo bisogno è un obiettivo: rapidità decisionale e certezze. Non chiediamo aiuti, solo che ci lascino lavorare, innovare e portare alla gente veicoli più puliti, ma anche accessibili, che desiderano e di cui hanno bisogno», aggiunge Elkann nell’intervista a Le Figaro.
E De Meo: «Il mercato automobilistico europeo è in calo ormai da cinque anni, e l’unico dei grandi mercati mondiali che non ha ritrovato il suo livello pre-Covid. Al ritmo attuale, potrebbe più che dimezzarsi nell’arco di un decennio». Quindi, rincara la dose, considerando «un disastro il livello delle vendite: c’è in gioco una questione strategica, anche per gli Stati per i quali il settore rappresenta 400 miliardi di euro di entrate fiscali l’anno in Europa».
Ecco, allora, profilarsi un asse franco-italiano tra Stellantis e Renault (porterà a qualcosa di più concreto? A un matrimonio come più volte ipotizzato, ma puntualmente smentito?). L’intervista a due organizzata da Le Figaro mirerebbe, secondo fonti parigine, ad aumentare la pressione nei confronti della Commissione. «Stellantis e Groupe Renault, che insieme pesano il 30% del mercato, vogliono produrre e vendere auto popolari in Europa e per l’Europa», rimarca De Meo. Altra precisazione comunque tardiva dopo che nel Vecchio continente il segmento della compatte è stato accantonato, in quanto meno remunerativo per i costruttori, accendendo così il semaforo verde ai rivali cinesi.
«In proposito, Francia, Italia e Spagna sono i Paesi più interessati: le loro popolazioni sono gli acquirenti di queste auto i cui prezzi sono aumentati, e ne sono anche i produttori. E insieme pesano più della Germania in termini di produzione. È importante che questi Paesi facciano della promozione della loro industria la loro priorità», spiega Elkann. Peccato, però, che la produzione in Italia sia tornata ai livelli del 1957 e che ci siano marchi gloriosi, come Maserati e Lancia, in stato comatoso.
Ancora il presidente di Stellantis: «L’Ue si è concentrata, nella sua legittima ambizione ambientale, sul solo tema delle auto nuove e sul solo obiettivo dei veicoli a zero emissioni. Ma ciò che è importante per il nostro ambiente è sostituire i 250 milioni di auto in circolazione che sono inquinanti e la cui età media non smette di aumentare: è di 12 anni in Europa (dato che viene ribadito da tempo e che continua a restare invariato, ndr) e arriva fino a 17 anni in Grecia. La decarbonizzazione può davvero accelerare rinnovando il parco auto con tecnologie varie, innovative e competitive, rivitalizzando così la domanda. Non crediate che siamo nostalgici del XX secolo. Siamo industriali del XXI secolo, capaci di offrire al maggior numero di persone una gamma di prodotti completa: dal tutto elettrico, all’ibrido, e al termico di nuova generazione».
Ma perché lo stesso Elkann, ai primi segnali di rigetto da parte del mercato del progressivo rafforzamento della visione elettrica, non ha chiamato a rapporto Tavares per dirgli che la strategia in atto cominciava a rivelarsi perdente?
De Meo, da parte sua, come presidente della stessa Acea, ha sempre cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, criticando le linee guida Ue ma senza l’incisività necessaria, per poi esaltare gli investimenti del comparto sul «tutto elettrico».
Le conclusioni del capo di Groupe Renault: «Occorre essere chiari, il mercato non compra quello che l’Europa vuole che noi vendiamo. Sostituire la totalità dei volumi attuali con l’elettrico, in queste condizioni, non ci riusciremo». Complimenti per avere aperto gli occhi davanti alla realtà dei fatti.
Visto il disastro in cui il sistema automotive europeo si trova, perché allora i grandi capi delle case automobilistiche hanno accettato di farsi fotografare, con tanto di sorrisi a 32 denti, con la presidente von der Leyen una volta concluso il dibattito strategico che ha portato all’attuale deludente Piano d’azione? È vero che si è arrivati allo slittamento delle folli sanzioni anti CO2 di tre anni, ma non basta.
Altro che foto ricordo, avrebbero dovuto inscenare una protesta pubblica direttamente nella sede della Commissione.
PS. Chissà se Elkann ha approfittato dell’occasione per parlare con De Meo, in privato, della carica ancora vacante di Ceo per Stellantis?