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Btp e spread: termometro dell’Italia e non solo. Le scadenze lunghe fanno gola a tanti

Nell’ultimo mese segnali di forza per i Btp e lo spread si è avvicinato molto alla soglia dei 100 punti base. Abbiamo fatto il punto sui titoli di Stato italiani con Monica Zerbinati, financial analyst di Fida Nell’ultimo meeting dell’anno, lo scorso 12 dicembre, la Bce ha accompagnato il taglio dei tassi di interesse al 3% con la segnalazione di un cambio di rotta rispetto alla politica monetaria restrittiva che aveva caratterizzato gli anni precedenti. “Questa decisione rappresenta una risposta calibrata a un contesto economico europeo in rallentamento, con la crescita del PIL nell’Unione Europea prevista all’1% e quella dell’Eurozona allo 0,8% per il 2024”, spiega Monica Zerbinati, financial analyst di Fida. In Italia, le prospettive sono di un incremento dello 0,7% per il 2024 e dell’1% nel 2025.

Tra i titoli di Stato, la reazione al nuovo taglio dei tassi della Bce è stata fredda, con vendite sui bond dell’Eurozona, compresi quelli tricolori. A deludere gli investitori obbligazionari è stato il mancato cambio di passo a livello di comunicazione. Nello statement è stata sì rimossa la notazione che i tassi devono stare su livelli restrittivi, ma allo stesso tempo l’Eurotower ha confermato che anche in futuro farà dipendere le sue decisioni dai dati economici in arrivo di volta
in volta. Quindi niente svolta e niente ritorno di una forward guidance classica.

Giù i rendimenti, soprattutto nelle scadenze brevi
La correzione post-Bce non ha alterato il movimento di fondo dei rendimenti dei Btp lungo la curva delle scadenze che “rivela un’evoluzione significativa nel sentiment degli investitori, guidata da una combinazione di fattori macroeconomici globali e domestici – argomenta Monica Zerbinati – . L’analisi dei dati evidenzia un calo diffuso dei rendimenti nell’ultimo mese, più accentuato nelle scadenze a breve e medio termine, accompagnato da un ridimensionamento più contenuto nella parte lunga della curva. Tale dinamica riflette cambiamenti strutturali nelle aspettative di mercato”.

Partendo dalle scadenze brevi, l’esperta di Fida rimarca come il rendimento a 1 anno è passato dal 2,667% di due mesi fa al 2,352%, evidenziando una compressione progressiva, riflettendo l’impatto dei tagli dei tassi della Bce, insieme a dichiarazioni accomodanti dei membri del Consiglio Direttivo e dati macroeconomici che indicano un rallentamento dell’attività economica nell’Eurozona. Il settore manifatturiero, in particolare, continua a registrare contrazioni, e le ultime letture sull’inflazione hanno mostrato un calo delle pressioni sui prezzi, aumentando la probabilità di un atteggiamento più stabile da parte della Bce nei prossimi mesi. Sul medio termine, i rendimenti a 2, 3 e 5 anni mostrano una flessione altrettanto marcata, con il decennale che si è ridotto di 17 punti base nell’ultimo mese. Tale andamento evidenzia un
repricing delle aspettative di crescita economica, con i mercati che sembrano anticipare un contesto di stagnazione o addirittura recessione tecnica nei prossimi trimestri. “La tenuta del mercato del lavoro è stata finora un’ancora per la domanda aggregata, ma segnali di indebolimento iniziano a emergere anche in questo ambito. Questo repricing risulta coerente con l’attuale fase di stabilizzazione monetaria della BCE, che sembra intenzionata a mantenere tassi
invariati nel medio termine”.

Btp lunghi seguono l’allentamento delle tensioni sui mercati obbligazionari globali
La parte lunga della curva, rappresentata dai rendimenti a 20 e 30 anni, pur mostrando un calo meno pronunciato, rimane comunque influenzata dall’allentamento delle tensioni sui mercati obbligazionari globali. Qui la discesa è stata più graduale, con un ridimensionamento di circa 20-30 punti base negli ultimi due mesi. La minore volatilità sul lungo termine si spiega con il fatto che i rendimenti di queste scadenze incorporano principalmente premi per il rischio a lungo termine e
aspettative di inflazione di equilibrio, che sono rimaste relativamente stabili. Tuttavia, i livelli di
rendimento superiori al 3,7% continuano a garantire un’attrattiva significativa per gli investitori
orientati al reddito, particolarmente in un contesto di inflazione moderata.

“Il contesto internazionale aggiunge ulteriori sfumature a questa dinamica – aggiunge Zerbinati – . La recente distensione delle tensioni geopolitiche e l’andamento più stabile dei Treasury statunitensi hanno contribuito a ridurre le pressioni sui BTP, storicamente più vulnerabili ai movimenti globali dei tassi di interesse. Inoltre, nel mese di novembre, lo spread BTP-Bund ha registrato un calo fino ad un minimo di 105 punti base. Tuttavia, nell’ultima settimana lo spread ha ripreso a salire, superando i 115 punti base a metà mese. Nonostante il governo sia percepito come relativamente stabile, l’Italia rimane un’incognita per molti investitori, che valutano con cautela i segnali di stabilità fiscale e politica. Lo spread non è solo un termometro della fiducia del mercato nella capacità di Roma di gestire il proprio bilancio, ma anche un indicatore delle tensioni più ampie che attraversano l’Europa”.

Il calo generalizzato dei rendimenti dei Btp, in definitiva, riflette un contesto in evoluzione dove le aspettative di politica monetaria, i timori di rallentamento economico e un clima di maggiore stabilità finanziaria si combinano per ridisegnare la curva dei rendimenti.

“Il mercato sembra segnalare una fase di transizione: da un periodo di stretta monetaria aggressiva a un’epoca di stabilizzazione, con le prospettive di crescita economica che restano però il principale rischio al ribasso per l’intero panorama obbligazionario europeo”, è la chiosa di Monica Zerbinati.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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