L’ultima indiscrezione vede sedute allo stesso tavolo Generali con la francese Natixis Investment Manager. La suggestione, rilanciata dal Financial Times, è che i due gruppi potrebbero varare un’alleanza strategica nella gestione patrimoniale, facendo nascere un colosso paneuropeo visto che si riunirebbero sotto un unico tetto gli 1,3 mila miliardi di dollari di asset francesi e gli 845 miliardi del Leone di Trieste. Al momento, non sono noti i termini sui quali si sta ragionando né se si giungerà mai a un accordo, ma sta di fatto che nessuno dei due istituti commenta né smentisce i colloqui.
Del resto, nel mondo della finanza italiana ed europea è in atto un effetto domino storico, che parte proprio dal risiko bancario e si estende in tutte le ramificazioni. La mossa di ieri di Unicredit su Banco Bpm, infatti, è solo l’ultima di una serie molto lunga di operazioni che ha scandito questi anni. Per tornare alla genesi, però, l’orologio deve tornare indietro fino al 17 febbraio 2020, quando l’Intesa Sanpaolo di Carlo Messina ha rotto gli indugi con l’offerta pubblica di acquisto e scambio andata in porto su Ubi Banca, guidata da Viktor Massiah. La prima banca italiana per attivi si è così rafforzata, uscendo però di scena per rilevare la (allora) malandata Monte dei Paschi di Siena. Da lì inizia un valzer, mandato solo momentaneamente in ghiacciaia dall’arrivo della pandemia. Nel frattempo, nel 2021 ai vertici di Unicredit arriva Andrea Orcel, l’uomo delle acquisizioni, chiamato a risollevare un istituto ripiegato su se stesso dopo l’era Jean Pierre Mustier. Mentre la Banca centrale europea preparava l’epoca dei maxi rialzi dei tassi d’interesse che avrebbero gonfiato i bilanci di tutte le banche facendone esplodere la quotazione nell’ottobre del 2021 Orcel rompe le trattative con il ministero dell’Economia per rilevare Mps: allora al governo c’era , ma lo schiaffo non è mai stato completamente digerito dalle parti del Tesoro.
Ma se Unicredit (almeno a quel tempo) arroccava, la Unipol guidata da Carlo Cimbri si muoveva su più fronti: nel 2019 era entrata nel capitale di Bper, raggiungendo la soglia del 20% nel 2020 (oggi è potenzialmente del 24,6%) e spingendo l’istituto ad affondare il colpo sulla pericolante Carige nel corso del 2022. Prima ancora, nel maggio 2021, Unipol aveva fatto capolino nella Popolare di Sondrio con una partecipazione arrotondata nel tempo e, nel settembre 2023, salita fino al 19,7% del capitale sociale.
In pieno boom da profitti, nel febbraio 2022 indiscrezioni di stampa avevano spento sul nascere una prima manifestazione di interesse di Unicredit su Banco Bpm. Operazione che tuttavia non si è mai concretizzata, ma di fatto erano i primi segnali di risveglio di un Orcel che nel frattempo stava diventando sempre più forte e ambizioso. Il 2023, anche a causa di quotazioni borsistiche delle banche molto alte, è stato un lungo periodo di transizione dove si è iniziato a parlare di terzo polo bancario, con il governo a imbastire il progetto di un’unione tra Mps (con il Tesoro che doveva uscire dal capitale entro il 2024) e una tra Banco Bpm e Bper (meglio ancora se tutte e due). Il tutto con l’ombra immanente di Orcel, il quale aveva confessato ad alcune persone vicine di avere l’intenzione di muovere su Bpm qualora facesse un passo su Mps. Questa spada di damocle e il contesto di mercato hanno congelato le operazioni fino alla mossa di Unicredit su Commerzbank, con la banca italiana che acquista la quota del 4,5% dismessa dal governo di Berlino e nel frattempo rastrella a fari spenti un altro 4,5%. Il 23 settembre 2024, poi, Orcel aumenta la quota potenziale – tramite strumenti derivati – al 21% e chiede l’autorizzazione alla Banca centrale europea per arrivare fino a ridosso alla soglia dell’Opa del 30 per cento.
Un Unicredit apparentemente distratta ha spinto il Banco Bpm di Giuseppe Castagna a rompere gli indugi: a inizio novembre l’istituto lombardo ha lanciato l’Opa sul capitale di Anima, allo scopo di toglierla dalla Borsa.
E poi, con un guizzo concertato tra il Tesoro e gli alleati Caltagirone e Delfin, ha rilevato una quota del 5% di Mps (9% con la quota di Anima) creando un cordone sanitario antiscalata a Rocca Salimbeni, ma soprattutto aprendo il cantiere di un polo da 20 miliardi di capitalizzazione tra Bpm, Mps e Anima.
Una mossa che, forse, non è piaciuta a Orcel che ha deciso di reagire con l’Ops di ieri.