Crescere, ad ogni costo. Le crescenti ambizioni di Andrea Orcel hanno portato Unicredit a riorientare bruscamente il radar dalla Germania all’Italia. Ieri il gruppo di Piazza Gae Aulenti, alla luce dei molteplici ostacoli all’avanzata in Commerbank, ha deciso di aprire in tutta fretta il dossier Banco Bpm annunciando un’Offerta pubblica di scambio (Ops) sulla totalità delle azioni dell’istituto di Piazza Meda. Un’offerta carta contro carta che prevede un impegno complessivo di 10,1 miliardi di euro. Il prezzo implicito di offerta è pari a 6,657 euro per azione, ossia un premio pari allo 0,5% rispetto ai prezzi di chiusura di venerdì e un premio di circa il 15% rispetto al prezzo del 6 novembre (prima dell’annuncio dell’Opa di Banco Bpm su Anima).
La mossa di Orcel ha colto di sorpresa molti, soprattutto nei tempi, e fa pensare che sia dettata dalla volontà di non essere tagliato fuori dal riassetto in atto nel settore in Italia. Il banchiere romano ha smussato tale stupore.«Come tutte le operazioni complicate, quando si tocca il sistema bancario ci vuole cautela» e la volontà di valutare «è la risposta corretta che ci aspettavamo», ha aggiunto in serata Orcel con toni distensivi verso il governo; ha anche ricordato come Banco Bpm sia un «obiettivo storico», mentre Commerz va visto come «un investimento, che ci metterà tempo per maturare».
Orcel ha precisato che Unicredit attenderà l’esito delle elezioni politiche tedesche prima di ogni ulteriore mossa su Commerz e comunque si procederà verso l’acquisizione della seconda maggiore banca tedesca «solo a certe condizioni, che richiedono un cambio delle posizioni di certe controparti». Parole che hanno provocato una reazione violenta a Francoforte, con il titolo della seconda maggiore banca tedesca sceso del 5% sullo smorzarsi delle attese di un’aggregazione. A pagare a caro prezzo l’azzardo di un impegno su due fronti di M&A è stata la stessa Unicredit, caduta del 4,8% in Piazza Affari. In corsa invece Banco Bpm (+5,5%). Gli investitori temono delle ricadute in termini di remunerazione dei soci anche se Unicredit si è premurata ad assicurare che l’Ops non andrà a intaccare la politica di distribuzione dei dividendi 2024 e quelli futuri. Tra gli analisti più di uno ha storto il naso sul prezzo offerto, non adeguato alle sinergie dell’operazione e al flusso dei dividendi secondo Intermonte. C’è chi già ipotizza la necessità di una nuova offerta più elevata per convincere gli azionisti di Banco Bpm. Il cda dell’istituto di Piazza Meda si riunirà oggi e ci sarà una prima valutazione informale dell’offerta, anche se è facile prevedere che sarà una sonora bocciatura.
Unicredit pensa di completare l’Ops entro giugno e quantifica in circa 2 miliardi le spese di integrazione nel corso del primo anno. A regime le sinergie dell’unione con Banco Bpm sono stimate in 1,2 miliardi (900 milioni a livello di costo e circa 300 milioni a livello di ricavi). Unicredit prevede, inoltre, un accrescimento dell’utile per azione (Eps) per una percentuale «a singola cifra elevata» entro due anni dalla conclusione dell’Ops.
Nel caso l’operazione vada in porto, dall’unione di Unicredit e Banco Bpm nascerebbe un gruppo bancario tra i primi tre in Europa. Piazza Gae Aulenti rafforzerebbe non poco la propria posizione di secondo maggiore gruppo bancario in Italia, con una presenza forte nelle regioni ricche del Nord. In particolare, in Lombardia la quota di mercato si attesterebbe al 19% (13% di Bpm più il 6% di Unicredit); in Piemonte salirebbe addirittura al 23%; in Veneto e in Emilia-Romagna al 21%. Nel complesso, la base clienti salirebbe di circa 4 milioni e si andrebbe ad avere un gruppo con una quota del 15% nel mercato dei prestiti dietro a Intesa Sanpaolo (che è al 20%). La mossa di Unicredit sul Banco comporta anche l’accensione del faro dei sindacati sull’occupazione.
«Non si vedono ragioni, anche in forza dei livelli di efficienza raggiunti, per ridurre il numero delle persone complessivamente occupate nei due gruppi bancari, che erano oltre 52mila in Italia alla fine dello scorso anno», ha avvertito il segretario generale del sindacato First Cisl Riccardo Colombani.