La presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha lanciato un appello accorato al 34° European Banking Congress, denunciando la frammentazione dei mercati dei capitali in Europa come un ostacolo cruciale alla crescita e all’innovazione. Una critica neanche troppo velata all’ostruzionismo tedesco (ma anche di altri stati) verso tutte le riforme che comportano una cessione di sovranità a Bruxelles. Nel suo discorso intitolato Out of the Comfort Zone: Europe and the New World Order, Lagarde ha sottolineato l’urgenza di costruire un’Unione dei Mercati dei Capitali per rendere l’economia europea più dinamica e resiliente, ma ha messo in evidenza come, ancora una volta, la Germania giochi un ruolo decisivo nel bloccare questo progresso.
Il divario tecnologico e la frammentazione
Lagarde ha evidenziato come il declino tecnologico dell’Europa rispetto agli Stati Uniti sia ormai “inequivocabile”. “Il divario tecnologico tra Stati Uniti ed Europa è ormai innegabile”, ha dichiarato, aggiungendo che “l’ambiente geopolitico è diventato meno favorevole, con crescenti minacce al libero scambio da ogni angolo del mondo. Essendo l’economia più aperta tra le principali, l’Ue è più esposta a queste tendenze rispetto ad altre”. Tuttavia, ha lamentato che i risparmi europei, pur essendo elevati – circa il 13% del reddito nel 2023 contro l’8% degli Stati Uniti – rimangono intrappolati in strumenti a basso rendimento come contanti e depositi, invece di fluire verso investimenti produttivi. Lagarde ha accusato la frammentazione legislativa europea di essere la principale responsabile di questa stagnazione. “Il progetto dell’Unione dei Mercati dei Capitali non sta avanzando perché non è definito in modo sufficientemente preciso e segue un approccio legislativo frammentato”, ha affermato. Dal 2015 sono state introdotte oltre 55 proposte normative, molte delle quali, ha sottolineato, sono state osteggiate da interessi consolidati, portando al loro fallimento.
La Germania è un freno alle riforme
Dietro le difficoltà dell’Europa a costruire un mercato dei capitali unificato, Lagarde ha velatamente puntato il dito contro il ruolo predominante della Germania, che da anni blocca molte delle iniziative di armonizzazione normativa in ambito finanziario. Le resistenze tedesche a cedere parte del controllo regolamentare a un’autorità centrale, come una “SEC europea”, ostacolano il progresso verso una maggiore integrazione. “In Europa non riusciremo a fare progressi promuovendo il sistema giuridico di un Paese a scapito di un altro”, ha dichiarato, auspicando un approccio più armonizzato e, se necessario, l’introduzione di un “28° regime” che bypassi le resistenze nazionali. La proposta di Lagarde per un “28° regime” prevede l’istituzione di un quadro giuridico parallelo che permetterebbe alle imprese di aderire a un sistema unico, senza interferenze da parte delle normative nazionali. Ma, ha ammonito, la mancanza di volontà politica continua a rallentare ogni iniziativa. “La mancanza di progressi si deve, in gran parte, alla definizione vaga dell’Unione dei Mercati dei Capitali e all’approccio legislativo frammentato che questa comporta. Ciò consente al progetto di subire una ‘morte per mille tagli’, poiché interessi consolidati si oppongono o indeboliscono ogni singolo provvedimento legislativo”, ha spiegato. Un esempio chiaro – su cui Lagarde ha sorvolato per evitare polemiche – è la ferrea opposizione di Berlino all’integrazione tra Unicredit e Commerzbank.
Il costo della stagnazione: l’innovazione soffocata
La frammentazione dei mercati finanziari non solo blocca i capitali, ma soffoca l’innovazione e il potenziale di crescita delle giovani imprese europee. “Nelle economie altamente innovative, c’è in genere un ecosistema di investitori che canalizza i fondi verso startup ad alta crescita. Questo ecosistema è molto meno sviluppato in Europa che negli Stati Uniti”, ha osservato Lagarde, aggiungendo che “gli investimenti di venture capital sono solo circa un terzo dei livelli statunitensi”.
Questo deficit ha conseguenze gravi: le startup europee ricevono mediamente la metà dei finanziamenti delle loro controparti americane, e più del 50% dei capitali di venture capital per le aziende tecnologiche europee proviene da investitori non europei. “Dipendiamo in gran parte dai venture capital stranieri per finanziare l’innovazione europea”, ha avvertito, richiamando la necessità di ridurre gli ostacoli burocratici per attirare maggiori investimenti.
Proposte per un’Europa più forte
Lagarde ha concluso il suo intervento con alcune proposte concrete, come l’aumento del ruolo delle banche di sviluppo pubblico, il potenziamento del venture capital europeo e incentivi per far fluire i risparmi delle famiglie verso strumenti a lungo termine. “Uno European Savings Standard potrebbe risolvere questo problema offrendo prodotti di investimento accessibili, trasparenti e a costi contenuti”, ha suggerito.
Tuttavia, senza una svolta politica e un maggiore impegno da parte di tutti i Paesi membri – Germania inclusa – il progetto dell’Unione dei Mercati dei Capitali rischia di rimanere un sogno irrealizzato. “Oggi i leader europei sono consapevoli dei problemi causati dalla frammentazione dei mercati dei capitali e sono disposti ad agire. Tuttavia, finora non abbiamo né applicato né realizzato le misure necessarie”, ha ammonito.
In un’Europa sempre più divisa, la
mancanza di una visione comune rischia di condannare l’innovazione e il progresso economico a un declino irreversibile. E il costo di questa inerzia ricadrà, ancora una volta, sulle spalle dei cittadini.