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Nella Tari spunta un mini balzello. È la tassa sui rifiuti trovati in mare


Ce Melàne tenève u màre, aviss a ièsse na piccòla Bbàre, recita un proverbio pugliese. Beh, basta guardare le specifiche della Tari – arrivata nelle caselle postali dei milanesi – per scoprire che il detto si è avverato. Già, perché grazie alla delibera 386/2023/R/rif approvata l’anno scorso dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) e in vigore dal 1° gennaio 2024, ogni milanese – e ogni italiano – pagherà 1,60 in più a utenza oltre alla tassa (in media da 331 euro) più evasa dagli italiani. Per finanziare con 10 centesimi «la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e dei rifiuti volontariamente raccolti» dopo essere stati abbandonati in luoghi pubblici, con 1,50 euro «i costi per la gestione dei rifiuti in caso di eventi eccezionali e calamitosi», quindi il recupero di materiali e detriti dopo alluvioni, disastri naturali, terremoti o accumuli eccezionali di rifiuti. Un pescatore cattura in mare nelle sue reti una bottiglia di plastica? Se la porta all’inceneritore va ricompensato, a pagare saranno i milanesi anche se il mare non ce l’hanno… Lo dice la legge 60 del 2022: ciò che si trova per sbaglio in mari, laghi, fiumi e lagune è un rifiuto urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera b-ter) del decreto legislativo 152/06 non imputabile ai costi tradizionali della Tari, idem dicasi per i tronchi trascinati via dalla piena.

Di quanti soldi parliamo? Di 125 milioni di euro a naso (se moltiplichiamo 1,60 euro per i 78,6 milioni di immobili italiani accatastati). Se l’obiettivo è nobile, aiutare a ripulire l’ambiente, la modalità di pagamento lascia qualche punto interrogativo. Primo, perché come succede sempre, queste due componenti nel corso degli anni potranno essere aggiornate al rialzo (hai mai visto una tassa abbassarsi?), anche perché gli episodi alluvionali, le calamità naturali, le esondazioni dei fiumi e le inondazioni che sommergono interi pezzi di aree urbane sono destinate ad aumentare, vista la scarsissima cura del territorio anche da parte delle regioni rosse come l’Emilia-Romagna (ma questa è tutta un’altra storia…).

La cifra di 1,60 euro, dicono gli esperti, è stata determinata in modo perequativo, quindi uguale per tutti. Ma le utenze Tari sono diverse da Regione a Regione e da città a città, siano per le famiglie o per le società. Poi ci sono le pertinenze, le utenze che cambiano per lo stesso soggetto (domestica e no). Quindi? Qualcuno solleva il dubbio che non sia proporzionata, altri sostengono che si potrebbero anche non pagare, creando i soliti problemi di cassa, competenza e dubbia esigibilità ai Comuni già incasinati dai tributi locali, che per legge dovranno comunque versare in anticipo le somme alla Csea, la Cassa per i servizi energetici e ambientali che secondo Arera avrà il compito di gestire queste risorse.

Senza contare che si tratta di entrate aggiuntive riscosse attraverso un tributo. Un altro rebus per i commercialisti. In caso di mancata riscossione come ci si dovrà comportare? Con un bel… rifiuto? Da buttarsi a mare.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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