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Elly Schlein si racconta ne “L’imprevista”, il nuovo libro della segretaria del Pd

“La questione in fondo era sempre quella: cercavamo casa. […] Capivamo che il Partito democratico era quel luogo che avremmo dovuto sentire come casa, ma per tante ragioni non lo sentivamo ancora così. Renderlo pienamente casa: è sempre stato questo il punto”. Così la segretaria del Pd Elly Schlein, nel suo libro L’imprevista. Un’altra visione del futuro,  parla della sua esperienza politica alla giornalista Susanna Turco. Un racconto che va dagli anni dell’università, fino agli incarichi regionali con la sinistra di Pippo Civati, per poi arrivare all’approdo al Partito Democratico.  

La “molla”? Vent’anni di berlusconismo

Nata e cresciuta nell’alveo della generazione millennial, Schlein “aveva quattro anni quando cadde il Muro di Berlino, cinque quando il Pci cambiò nome, sette quando scoppiò Tangentopoli”, scrive Turco. “Soprattutto è cresciuta nel regno di Silvio Berlusconi: non aveva nemmeno dieci anni nel 1994, l’anno della discesa in campo”. Sono proprio gli anni del berlusconismo a segnare la sua adolescenza e a solleticare il suo sesto senso politico: da giovane studentessa era già consapevole che l’antagonismo con una sinistra alla ricerca di riferimenti identitari fosse il terreno su cui, al tempo, si giocava la politica italiana. “L’impegno non è dipeso da un episodio particolare. Per la mia generazione occuparsi di politica è stata da principio una ribellione contro il berlusconismo. Quello che in fondo noi sentivamo — era un po’ la narrazione prevalente, e un po’ era anche vero — era una sinistra che non riusciva a contrastarlo efficacemente. Ecco la molla”.

“Non mi pensavo come una front runner

Non l’ha guidata un’ambizione personale, dice Schlein, ma la necessità di costruire una sinistra che rispecchiasse le istanze ambientaliste, femministe e di giustizia sociale della sua generazione. “Mai avrei detto: ‘Io da grande vorrei fare la politica’. È strano, perché so che in politica ci sono tanti che invece partono già con l’idea di arrivare da qualche parte, che hanno un obiettivo predefinito”, spiega nel libro. “Per me non è mai stato così. Non mi pensavo come una front runner. Ho sempre fatto quello che in quel momento ritenevo giusto e utile fare rispetto a una comunità con la quale mi sono sempre mossa, e che poi via via si è allargata”.

La militanza nella sinistra universitaria

La prima volta che si è sentita tradita da una sinistra disunita risale al maggio 2010, quando, racconta, ‘Giurisprudenza democratica’ ha vinto le elezioni contro Comunione e Liberazione. “Eravamo riusciti a farcela grazie a un gruppo di persone veramente brave: avevamo in testa che uno di questi ragazzi di grande talento, un leader naturale, diventasse il nuovo segretario di Sinistra Universitaria”, dice nel libro. “Scoprimmo però che la dirigenza dell’associazione universitaria non lo voleva, perché non era considerato abbastanza allineato. (…) Cominciammo a fare delle riunioni carbonare in casa mia”. Agitarsi e organizzarsi, però, non era bastato. E quando il direttivo della sua associazione ha deciso che il rappresentante sarebbe stato eletto internamente, “non ci arrendemmo – dice – occupammo il direttivo. Fu inutile. Dopo che avevamo invaso la stanza, uno di quei ragazzi del direttivo mi guardò, mi alzò il dito contro e mi disse: ‘Tu, qui, non puoi votare. E non puoi neanche parlare’”.

Un Pd “all’altezza”

Schlein ha poi portato il suo impegno politico in altre sedi, come l’Europarlamento, la vicepresidenza dell’Emilia Romagna. “Già nel 2013, nel Pd, facevamo la campagna per il salario minimo, per il reddito minimo, contro il consumo di suolo e la legge Bossi-Fini”. Lasciato il Pd a maggio 2015 in polemica con la postura “di centro-destra” della segreteria Renzi, opta per un certo tempo per il partito Possibile di Civati. “Ritenevamo che il Pd dovesse cambiare per essere all’altezza delle aspettative della sua gente, che voleva un partito di sinistra che facesse le battaglie per la sanità il lavoro, i diritti, l’ambiente”. È tornata sui suoi passi solo con la promessa di poter trasformare tutto: “La nostra visione: una proposta politica che mancava in Italia, che fonde la questione sociale con la questione ambientale — perché sono inscindibili — e che ne trae un nuovo modello di sviluppo, per promuovere lavoro dignitoso e innovazione delle imprese”.

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