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Denatalità, senza politiche perdiamo il 9% del Pil. Bonetti: «Agire subito»

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«La situazione è a dir poco drammatica: l’indice di fertilità è dell’1,2, tra più i bassi d’Europa e tra i più bassi a livello mondiale. Siamo scesi sotto i 400mila nati a fronte di più di 500mila nel 2013. Avanti così e il rapporto tra la popolazione in età lavorativa e quella in età non lavorativa, che oggi è di 3 a 2, sarà di 1 a 1 nel 2050. E, come ha sottolineato Bankitalia con Andrea Brandolini, se i tassi di partecipazione al lavoro restassero quelli attuali il Pil calerebbe di 9 punti percentuali in 25 anni».

La presidente di Azione Elena Bonetti, eletta a febbraio scorso con voto unanime presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli “effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto”, rilancia l’allarme contro il declino demografico dopo che si è chiuso, con Bankitalia, il primo importante ciclo di audizioni che ha visto tra i protagonisti anche il Cnel e l’Istat. «Il quadro che emerge richiede urgentemente l’intervento di politiche pubbliche nel breve, nel medio e nel lungo periodo – dice -: queste prime audizioni hanno messo in evidenza che il nostro Paese si trova in una condizione di non sostenibilità economica e sociale per una duplicità di presenza di effetti: da un lato il calo delle nascite, dall’altro lato una longevità della popolazione che in sé è un fatto positivo ma che provoca potenzialmente un aumento della spesa pubblica per l’assistenza sociosanitaria e le pensioni. Il compito della commissione da me presieduta è intanto dare una sistematicità a questi dati. Va poi introdotta anche una prospettiva di valutazione delle politiche pubbliche».

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La proposta

Bonetti insiste molto sulla necessità di introdurre principi di valutazione di impatto ex ante, in fieri ed ex post delle politiche pubbliche contro il declino demografico già nella legge di revisione della contabilità dello Stato. Le politiche su questo fronte, infatti, hanno giocoforza effetto nel lungo periodo: anche se aumentasse improvvisamente la fertilità, come ha sottolineato Bankitalia in audizione, bisognerebbe attendere circa 25 anni per vedere i primi impatti sul mercato del lavoro. «Da qui la necessità di investire sulla formazione continua dei lavoratori per aumentare la produttività e di attivare politiche migratorie più legate alle esigenze delle imprese. Tutti gli auditi hanno sottolineato che l’immigrazione, qualificata e formata, è indispensabile per la sostenibilità del sistema. Ma il nodo principale resta quello delle donne», ricorda Bonetti.

«Servono politiche di incentivi che portino ad un aumento della capacità salariale delle donne»

Anche Bankitalia ha sottolineato che almeno dagli anni Ottanta sono proprio le lavoratrici a fare più figli: aumentare un tasso di partecipazione femminile che ora è poco sopra il 50% resta la priorità, soprattutto al Sud. Ma non basta fermarsi alla partecipazione, avverte Bonetti. «Oggi avere un figlio ha di fatto un effetto di penalizzazione salariale e troppo spesso anche di abbandono del lavoro – dice -. Per questo bisogna insistere su politiche di incentivi che portino ad un aumento della capacità salariale delle donne, della loro promozione di carriera. Ma occorre anche promuovere servizi territoriali che rendano del tutto compatibile la scelta di maternità accanto a quella lavorativa. A partire dagli asili nido, che rischiano di essere un obiettivo mancato del Pnrr. Bankitalia ha anche ricordato che noi dobbiamo crescere nella gestione paritaria a livello familiare: dare solo alle donne congedi per rimanere a casa ha un effetto negativo sulle donne e, mi permetto di dire, anche sui costi delle imprese».

Insomma, agire presto è la parola d’ordine, di fronte alla prospettiva di recessione delineata da Bankitalia. «Non ce lo possiamo permettere», conclude Bonetti.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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