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Sull’Ilva anche la mazzata delle cause

Alla vigilia dell’incontro clou per l’ex Ilva di Taranto, emerge per il polo siderurgico – qualsiasi sia il suo destino – un quadro finanziario complicato da numeri non lusinghieri, ma soprattutto gravato da una valanga di cause legali pendenti. Secondo la seconda relazione semestrale al 31 dicembre 2024, visionata dal Giornale, e depositata dai commissari il 30 giugno, su Acciaierie d’Italia spa (ex Ilva) pendono cause in corso per circa 400 milioni. Nel complesso, una quarantina di cause hanno un valore stimato, ma altre 27 non sono determinate o stimabili. Facilmente, dunque, il conto potrebbe salire a mezzo miliardo di euro. Buona parte, circa 340 milioni, per conto dell’ex azionista esautorato Arcelor Mittal. In sostanza, dunque, il commissariamento dell’azienda che ha spinto fuori dalla gestione aziendale i soci privati, non si è esaurito lì spingendo, come prevedibile, la multinazionale a rivendicare una serie di presunti diritti con un massiccio ricorso agli avvocati e un numero vario di cause per conto delle sue diverse controllate.

Oltre all’ex socio, tra i nomi noti troviamo Cimolai che chiede almeno 520mila euro, Conai-Consorzio Nazionale Imballaggi con mille euro, Intesa Sanpaolo con almeno 520mila euro, Bper Factor con 94 milioni, Elmec (indeterminato), Snam Rete Gas con almeno 520mila euro. Guardando ai numeri al 31 dicembre 2024, il quadro non è buono, ma sicuramente migliore di quello attuale. Da inizio anno, infatti, si è perso per strada un altoforno e la produzione si è ridotta al lumicino.

Nel dettaglio, nel periodo che va dal 1 settembre al 31 dicembre 2024 (definito arbitrariamente semestrale), l’azienda ha registrato ricavi per 687mila euro, un ebitda in rosso per 218mila euro, ebit negativo per 607mila euro e una perdita netta di 634 mila euro. Il tutto, accompagnato da 2,9 milioni di debiti, di cui 1,5 concorsuali (la voce comprende il totale dei crediti ammessi all’udienza di verifica delle domande tempestive del 19.06.2024). Impietose le disponibilità liquide: 127mila euro.

Rilevante anche il numero e il valore delle consulenze che, per 4 mesi arrivano a 2,92 milioni: 927mila euro sono andati a Boston Consulting, 488mila euro a McKinsey & Company, 724mila euro a Bdo Italia Spa, 497mila euro allo studio BeLex, 37mila euro a Gran Thornton Consultants, 36mila euro a Comin &Partners, 63mila euro agli avvocati Marco Annoni e Luisa Torchia, 114mila euro al prof. Corrado Gatti, 36mila euro alla società di revisione Audirevi.

Intanto ieri è andato in scena l’incontro definito interlocutorio con i sindacati. Un appuntamento preparatorio al vertice di oggi durante il quale il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha ribadito che «la prima scelta spetta a Taranto», ma tutto dipenderà dalla risposta che arriverà: «Domani mi farò partecipe delle istanze del mondo del lavoro e della produzione per garantire la continuità produttiva degli stabilimenti di Taranto e, quindi, anche occupazionale. Occorre coniugare al meglio salute e lavoro, come fatto in piena condivisione con gli enti locali nelle crisi degli altri due poli siderurgici italiani: Terni e Piombino», ha detto. Alla luce della possibilità che gli stabilimenti del Nord, e parte della produzione, abbiano un nuovo quartier generale a Genova, i sindacati si sono detti contrari a «spezzatini o scorpori».

«Ci aspettiamo che sia il governo, che le amministrazioni locali di Taranto in modo particolare, si assumano la loro responsabilità» evitando «azioni liberatorie», ha detto il leader Uilm, Rocco Palombella. »È ora di smetterla col gioco del cerino. Maggioranza e opposizione, devono essere coinvolte per trovare una soluzione», ha aggiunto il segretario generale della Fiom, Michele De Palma.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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