Buone notizie in arrivo: nel 2025 alcune pensioni potrebbero aumentare. Il governo sta valutando un nuovo intervento sull’Irpef, che prevede la riduzione della seconda aliquota fiscale dal 35% al 33%. La misura, se confermata, rientrerà nella riforma fiscale già avviata nel 2023 e interesserà i pensionati con redditi lordi compresi tra 28 e 60mila euro all’anno. Questo intervento comporterebbe un incremento dell’importo netto mensile in busta paga. Nessuna variazione, invece, è prevista per chi percepisce meno di 28mila euro, già tassato con l’aliquota più bassa del 23%.
L’incremento previsto
Secondo le prime stime, come riportato da Il Messaggero, l’aumento sarà proporzionato al reddito. Per una pensione lorda di 60mila euro si ipotizza un incremento annuo di circa 640 euro. Chi percepisce 50mila euro potrebbe ottenere un aumento di circa 440 euro, mentre per i redditi intorno ai 40mila euro l’incremento stimato si aggira sui 240 euro. Il beneficio fiscale, se approvato, sarà applicato in modo automatico e visibile direttamente sul cedolino mensile, senza necessità di ulteriori adempimenti da parte dei pensionati.
Il taglio dell’aliquota
Il taglio dell’aliquota è parte di un piano più ampio che punta a semplificare il sistema fiscale e a ridurre gradualmente il numero degli scaglioni Irpef. La riforma, avviata con la legge delega del 2023, prevede una struttura più lineare della tassazione sui redditi, con l’obiettivo di alleggerire la pressione fiscale e rendere più chiaro il sistema per contribuenti e pensionati.
Il nodo dell’inflazione
Tuttavia, il contesto economico attuale continua a influenzare il potere d’acquisto. Nonostante gli interventi fiscali e gli adeguamenti legati alla perequazione, l’inflazione registrata negli ultimi anni ha inciso in modo significativo sul valore reale delle pensioni, soprattutto nelle fasce medio-basse. Secondo le principali associazioni dei consumatori, tra il 2021 e il 2024 l’aumento del costo della vita ha eroso parte della capacità di spesa dei pensionati, rendendo più difficile affrontare le spese quotidiane.
L’innalzamento dell’età e le disuguaglianze
Parallelamente, si osserva un progressivo innalzamento dell’età effettiva per il pensionamento. Nel 2024, l’età media di uscita dal lavoro è salita a 64 anni e 5 mesi, con un incremento di tre mesi rispetto all’anno precedente. Analizzando l’andamento degli ultimi trent’anni, si registra un ritardo complessivo di circa sette anni nel momento del pensionamento.
Anche tra i lavoratori in attività, i dati mostrano che tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni nette sono aumentate del 12,5%, mentre l’inflazione ha superato il 17%. Questo scarto ha impedito un pieno recupero del potere d’acquisto, lasciando un divario tra redditi e costo della vita. Sul fronte delle disuguaglianze, persistono differenze marcate tra uomini e donne.