A quindici anni dall’inizio del deterioramento del rating sovrano italiano, “i fondamentali della nostra economia sono nettamente migliorati”. Lo afferma il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta nelle sue Considerazioni finali, presentate oggi. “La posizione patrimoniale verso l’estero, allora negativa per 20 punti percentuali di Pil, oggi è positiva per 15. Il sistema bancario si è molto rafforzato”, elementi, sottolinea, che incidono “in misura rilevante” sulle valutazioni delle agenzie di rating.
I progressi sul fronte dei conti pubblici sono evidenti: “Nel 2024 il disavanzo è sceso al 3,4 per cento del Pil e, per la prima volta dal 2019, è stato registrato un avanzo primario”. Ma Panetta avverte che “il percorso di risanamento dei conti pubblici è però solo all’inizio. Il debito resta elevato” e le prospettive future sono sfidanti, tra “l’invecchiamento della popolazione, le transizioni verde e digitale, il rafforzamento della capacità di difesa”.
Sul piano macroeconomico, Panetta evidenzia che “la crescita ha superato quella dell’area dell’euro. Il Pil è aumentato di circa il 6 per cento”, trainato “da un incremento di quasi il 10 nel settore privato”. I servizi, sia tradizionali sia avanzati, e l’occupazione – cresciuta di un milione di unità – hanno contribuito alla ripresa. Ma il quadro non è privo di ombre: “La produttività del lavoro è diminuita” e “le esportazioni di beni hanno subìto un calo”.
In particolare, Panetta mette l’accento su una delle storiche fragilità italiane: “Il problema centrale rimane la produttività – nella manifattura come nel resto dell’economia. Gli incrementi finora conseguiti sono incoraggianti, ma non bastano a sostenere lo sviluppo del Paese”.
I salari reali, aggiunge, “riflettono questa debolezza”: fino alla pandemia erano cresciuti appena del 6% e lo shock inflazionistico li ha riportati “al di sotto di quelli del 2000”. Per invertire la rotta, serve rilanciare la produttività “attraverso investimenti infrastrutturali e la creazione di un contesto favorevole all’attività di impresa”.
Quanto al Pnrr, l’Italia ha ricevuto 122 miliardi di euro e ne ha spesi più della metà, ma “i dati attualmente disponibili suggeriscono l’esistenza di ritardi” nell’attuazione. Il Piano, secondo Panetta, può contribuire alla crescita “per lo 0,5 per cento del Pil nel biennio 2025-26”, a patto di una “determinazione” nell’attuazione.
Infine, il governatore affronta il nodo demografico: “L’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità sono destinati a incidere profondamente sul potenziale di crescita”. L’Istat prevede una riduzione di 5 milioni di persone in età lavorativa entro il 2040. La soluzione? Più partecipazione femminile, contrasto alla fuga dei cervelli e immigrazione regolare: “La loro inclusione potrà fornire un apporto rilevante”, soprattutto nei settori con carenza di manodopera.
Il messaggio
conclusivo è chiaro e responsabilizzante: “Non sono risultati compiuti, ma rappresentano un avanzamento reale. È una base concreta su cui costruire, impegnandosi nelle riforme. Abbiamo la responsabilità e la possibilità di farlo”.